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Dignità operaia

Dignità operaia

(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale dei metalmeccanici convocato dalla Fiom e manifestazione nazionale a Roma

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    (Per un sindacato di classe)

    Per un sindacato di classe

    All'interno della Cgil non è più possibile costruire una alternativa al sindacato della concertazione

    (18 Gennaio 2010)

    Questo documento raccoglie i frutti della discussione di un gruppo di lavoratori e lavoratrici di Padova, iscritti e non iscritti alla Cgil, a partire dalla necessità della ricostruzione di un sindacato di classe in grado di difendere realmente ed esclusivamente i loro interessi salariali e normativi in questa situazione di crisi.

    Il documento è aperto alle adesioni e ai contributi, anche critici, che possono essere inviati alla email pane-rose@tiscali.it

    Il 16° congresso Cgil

    Mentre continua la crisi economica mondiale e i suoi costi vengono pagati dai lavoratori e dalle lavoratrici in termini di perdita di posti di lavoro, di riduzioni del salario e di attacco ai diritti, la Cgil va al suo 16° congresso sulla base di due documenti alternativi.

    Il primo documento è titolato "I diritti ed il lavoro oltre la crisi", ha come primo firmatario Guglielmo Epifani ed è sottoscritto da 9 segretari nazionali, dalla grande parte dei componenti della Commissione politica e dall’area programmatica Lavoro e Società.

    Il secondo è titolato "La CGIL che vogliamo" ha come primo firmatario Domenico Moccia, segretario generale della FISAC CGIL (bancari), ed è sottoscritto da una segretaria nazionale della CGIL, da alcuni membri del Comitato direttivo, dal segretario Fiom Rinaldini e dalla Rete 28 Aprile.

    Dunque a differenza del 15° congresso del 2006 che si era svolto sulla base di un solo documento, questo 16° congresso potrebbe sembrare un congresso "vero", un congresso in cui si confrontano idee alternative e diverse tra loro, in cui da una parte c'è il sindacato che concerta, dall'altra quello che rifiuta la concertazione.

    Ma è comunque legittimo chiedersi se questo congresso potrà portare un contributo all'avanzamento del movimento dei lavoratori o se come gli ultimi congressi Cgil si concluderà con una ulteriore sottomissione dei lavoratori alle esigenze del padronato.

    Dove andrà la Cgil

    La storia della Cgil è stata per un secolo la storia del movimento operaio italiano.

    Una storia che ha avuto un punto di svolta al congresso dell'Eur nel 1978 quando, alle prime avvisaglie della crisi economica, la Cgil di Luciano Lama affermò che il salario non poteva più essere considerato una variabile indipendente e decise di aderire alla politica dei sacrifici richiesta dal padronato e da tutto il quadro istituzionale.

    In questo modo la direzione della Cgil ha cominciato ad essere quella della concertazione degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici con il governo e con il padronato, riflettendo sul piano sindacale la svolta politica del riformismo italiano.

    E mentre la Cgil avanzava sulla strada della concertazione, si sgretolava la prospettiva del movimento dei lavoratori di una società che avesse al centro il lavoro e non il profitto, in cui lo scopo del lavoro e la sua organizzazione potessero essere decise dai lavoratori in quanto soggetti centrali della produzione.

    La Cgil ha imboccato una strada senza ritorno. Ha sostituito la concertazione alla lotta di classe sul piano economico e sindacale e sulla dottrina della concertazione ha costruito generazioni di dirigenti e di funzionari sindacali che hanno progressivamente e in maniera irresponsabile abbandonato le basi del sindacalismo di classe, cioè l'indagine e l'inchiesta sull'organizzazione del lavoro.

    Senza questa conoscenza diventa impossibile intervenire sulle questioni occupazionali, sulla precarizzazione, sulla devastazione del mondo del lavoro. La dimostrazione è che nella maggior parte dei luoghi di lavoro, pur avendo acquisito con le lotte il diritto a 10 ore di assemblea all'anno, queste ore non vengono utilizzate.

    Letto alla luce di queste brevi e sintetiche considerazioni il documento della maggioranza Cgil per il 16° congresso è solo il tentativo di riaffermare la necessità della concertazione con un governo e un padronato che dopo aver indebolito con la concertazione stessa il movimento dei lavoratori, pensano oggi di essere così forti da poterne fare a meno.

    Una alternativa senza prospettive

    Il documento della minoranza ha contenuti senza dubbio diversi, ma non può essere letto a prescindere dalla storia della sinistra sindacale in Cgil.

    Una storia che ha inizio all'indomani delle durissime contestazione ai vertici confederali nel '92 e degli accordi di concertazione del luglio '93, quando al 13° congresso si presentò la mozione "Alternativa sindacale", e poi al congresso successivo nel 2001, la mozione "Cambiare rotta" .

    La sinistra Cgil che presentava i documenti era sostenuta da una forte base operaia e dava voce alle rsu più combattive, ai lavoratori e alle lavoratrici che difendevano i salari e i diritti messi in discussione dalle politiche concertative, che si battevano per l'unità del movimento operaio, contro la flessibilità e la destrutturazione del contratto nazionale.

    Ma la sinistra sindacale in Cgil non ha saputo o non ha potuto costruire una prospettiva alternativa. Anzi durante l'attacco padronale alla concertazione, che aveva come obiettivo una ulteriore disgregazione del mondo del lavoro, (Pacchetto Treu, Patto per l'Italia, Legge 30, attacco allo Statuto dei lavoratori...) la sinistra sindacale in Cgil si è via via disgregata e ha salvato i propri posti nella burocrazia sindacale allineandosi alla posizione della maggioranza che rivendicava le politiche di concertazione come male minore

    In questo processo la sinistra sindacale in Cgil si è dissolta ed è arrivata al 15° congresso, nel 2006, senza neppure la forza di affermare un proprio punto di vista.

    Il bilancio di un decennio di sinistra sindacale in Cgil non può essere aggirato, riproponendo un percorso già visto e già sconfitto: se non è stato possibile cambiare la rotta della Cgil e portarla a rinnegare la concertazione quando questo cambiamento era richiesto da una parte consistente del movimento dei lavoratori, su quali basi si può pensare di cambiarla oggi?

    In un momento in cui nella crisi una gran parte dei lavoratori, abbandonati a sé stessi e privati di una prospettiva, sono costretti, per garantire la propria sopravvivenza materiale, a chiedere più sfruttamento e più padroni, il documento di minoranza a questo 16° congresso della Cgil, nei fatti non ha nessuna possibilità di trasformarsi in una prospettiva concreta, perché non ha più dietro sé una mobilitazione reale di lavoratori contro la concertazione.

    La questione centrale rispetto al documento di minoranza non è chi vincerà il congresso, ma se una posizione di minoranza in Cgil avrà la possibilità di svolgere un ruolo vero o se invece rappresenterà solo una foglia di fico per coprire la vergogna di una nuova stagione di concertazione e tenere comunque legati alla Cgil gli iscritti più combattivi.

    Purtroppo la risposta è scontata: il congresso nella migliore delle ipotesi rappresenterà la formalizzazione di una dinamica già vista in questi ultimi anni, quella di una Cgil che chiama i lavoratori alla lotta, allo sciopero, alla rottura... per poi riportare tutto al tavolo della concertazione, anzi per poi chiedere al padronato il ritorno alla concertazione.

    E la sinistra sindacale non avrà altra funzione che testimoniare suo malgrado la "democraticità formale" delle decisioni che prenderà il congresso.

    Crisi del capitale e sindacato di classe

    Occorre prendere atto che all'interno della Cgil non è più possibile costruire una alternativa al sindacato della concertazione. E' necessario trovare altre strade. E' la stessa crisi catastrofica in cui è precipitato nuovamente il capitale a imporre questa necessità.

    La crisi economica mette in discussione un capitalismo che non riesce più a dare né sviluppo, né benessere, ma solo crisi, miseria e guerra anche se apparentemente domina incontrastato su di un mondo che ormai da decenni è interamente sottomesso alle leggi del mercato e della concorrenza.

    Mette in discussione il ruolo della oligarchia capitalista che in questi ultimi trent'anni è riuscita ad impadronirsi del mondo intero mettendo al lavoro miliardi di uomini e donne e saccheggiando tutte le risorse naturali in cambio della promessa di un futuro di prosperità, che puntualmente non arriva mai.

    Mette in discussione il modo di produzione capitalista che è in crisi per le proprie contraddizioni senza che sia possibile addebitarne la responsabilità a nessuna causa esterna.

    Questa stessa crisi, nel suo sviluppo, metterà in discussione anche quelle organizzazioni sindacali che si sono rese complici di questo stato di cose, mettendo al centro della loro azione sindacale la salvaguardia del sistema di sfruttamento e delle sue compatibilità invece che l'interesse dei lavoratori.

    L'unica via di uscita dalla crisi che il padronato è in grado di concepire è quella che è già sotto gli occhi di tutti: licenziamenti, disoccupazione di massa, un attacco ancora più violento ai salari e ai diritti dei lavoratori.

    In questa prospettiva quello di cui i lavoratori e le lavoratrici hanno bisogno non sono altre mediazioni, ma un sindacato che invece difenda salari e diritti a prescindere.

    Un sindacato che sia in grado di riaffermare che non sono i lavoratori ad avere bisogno del capitale, ma che invece è vero l'esatto contrario, e che da questo sistema di miseria e di sfruttamento se ne esce solo mettendo al centro il lavoro come unica fonte di sviluppo e progresso sociale.

    Non c'è bisogno di nessun sacrificio, la crisi non è nata perché le merci sono rimaste invendute, ma al contrario perché si sono prodotte merci che non potevano essere vendute perché non rispondevano a nessun bisogno reale ma solo a quelli fittizi creati dalla guerra di concorrenza tra gruppi capitalisti, alimentata dalla globalizzazione, dal liberismo e dalle privatizzazioni.

    I capitalisti hanno creato la crisi tentando di imporsi uno sull'altro, producendo di più per impadronirsi di fette maggiori di mercato, salvo poi disinvestire e chiudere le fabbriche, per salvare i propri capitali dalla guerra di mercato che loro stessi avevano scatenato.

    Questa crisi non significa carestia, non significa "privazione", ma il suo esatto contrario e cioè "sovrabbondanza" di merci, di macchinari, di capitale, di ricchezza che non vengono più utilizzati.

    Quello di cui hanno bisogno i lavoratori e le lavoratrici oggi è di un soggetto sindacale che difenda realmente ed esclusivamente i loro interessi salariali e normativi.

    Il progresso, lo sviluppo, la conquista di una vita dignitosa per tutte sono un obiettivo troppo importante per essere rinchiuso in un congresso della Cgil.

    Occorre ripartire dal basso, dai lavoratori, dalla ricostruzione dei consigli, dal processo di formazione collettivo e di autogoverno della classe per contribuire alla costruzione di un nuovo sindacato delle lavoratrici, dei lavoratori, della classe.

    un gruppo di lavoratori e lavoratrici di Padova, iscritti e non iscritti alla Cgil

    Commenti (1)

    Indirizzo per la rinascita del sindacato di classe

    Questo lo scrivemmo nel 1992, ma naturalmente è ancora valido. La sinistra CGIL allora impedì che le energie operaie migliori costituissero un polo alternativo sindacale di classe alla CGIL e si logorassero e disperdessero - com'è avvenuto - in un'impossibile opera di raddrizzamento della CGIL. La nostra posizione - FUORI E CONTRO la CGIL per il SINDACATO DI CLASSE - non nasce però nel 1992, ma nel 1978, come si può agevolmente verificare consultando il "Nostro indirizzo sindacale". Dal 1944 al 1978 noi fummo per "riconquistare la CGIL" a una direzione classista (a "legnate" non con manovre "diplomatiche e congressuali" tipo "mozione 2"). Da allora lo riteniamo impossibile. Saluti.

    Indirizzo per la rinascita del sindacato di classe
    (da "Il Partito Comunista", n. 205, 1992)

    1. L'approfondirsi della crisi economica del capitalismo spinge il padronato a scaricarne i dolorosi effetti sui lavoratori. Finito in tutti i paesi il ciclo di enormi profitti per le classi agiate, che consentivano alcuni minimi ed effimeri miglioramenti
    salariali e normativi, per altro ottenuti con dure lotte costate decine di morti negli scontri fra scioperanti e polizia, oggi bruscamente il capitale e il suo Stato premono per precipitare i lavoratori nella miseria e nella insicurezza più totale. Questo attacco è portato dagli Stati ai lavoratori contemporaneamente in tutti i paesi, d'Europa e fuori, dell'Est come dell'Ovest, dei paesi poveri come di quelli cosiddetti "ricchi".

    2. Per impedire la spontanea reazione difensiva dei lavoratori sono schierate tutte le forze del regime borghese, dal Governo alle polizie alla televisione alla stampa, che sono e saranno sempre pronti a qualsiasi violenza, intimidazione e menzogna per difendere i privilegi dei capitalisti, fosse pure riducendo la classe operaia alla disperazione e alla fame.

    3. Strumenti indispensabili per contrastare la mobilitazione degli sfruttati sono divenuti i Sindacati riconosciuti ufficialmente dallo Stato, confederali e autonomi, le cui azioni pratiche sono venute a coincidere con quelle di una polizia speciale contro i lavoratori.
    La CGIL, che rinasceva nel dopoguerra ereditando dai sindacati fascisti la ideologia corporativa dell'interesse nazionale al quale i lavoratori tutti si dovrebbero sottomettere, negli ultimi decenni è diventata sempre più chiusa alle richieste di difesa e di lotta degli operai, che sempre più spesso dovevano rinunciarvi e subire le angherie padronali, i licenziamenti ecc., o organizzarsi e scioperare al di fuori di essa. Questo progressivo rendersi inutilizzabile della CGIL (mentre CISL e UIL lo sono dalla nascita), è divenuta oggi confermata, totale e irreversibile.
    Davanti agli occhi di tutti CGIL-CISL-UIL e regime borghese sono ormai una cosa sola.

    4. Si impone quindi oggi agli sfruttati la ricostruzione del proprio forte, fedele e combattivo SINDACATO DI CLASSE, espressione permanente dell'odio degli oppressi verso la loro condizione e delle loro lotte di resistenza alla sconfinata bramosia dei capitalisti. Una organizzazione che emani dalla classe lavoratrice e solo ad essa risponda, che non si assuma responsabilità alcuna nei confronti delle classi borghesi, della loro economia e della loro nazione essendo il suo scopo dichiarato difendere i lavoratori contro di esse.
    Di fronte all'attacco capitalista che è coordinato ed unitario i lavoratori si presentano divisi, per fabbriche, categorie, località: solo in un Sindacato di Classe esteso e spontaneamente disciplinato nelle azioni possono presentarsi uniti allo scontro.
    Per raggiungere la massima mobilitazione il Sindacato di Classe ha sempre reclutato non sulla base di una determinata ideologia, ma chiunque si trovi nella condizione oggettiva di lavoratore, indipendentemente dalle sue simpatie politiche. Alla classe occorrono le funzioni sia del Sindacato sia del suo Partito politico, che sono però diverse sebbene complementari e richiedono organizzazioni distinte. Ipotizzare la costituzione di un Sindacato formato di soli comunisti, o di un'organizzazione ibrida a metà strada fra Sindacato e Partito, sarebbe condannarlo fino dalla nascita all'impotenza ed abbandonare a se stessa, cioè al sindacalismo di regime, la maggioranza del proletariato. Per converso pretendere la "indipendenza dei partiti", nel senso di impedire l'adesione e la parola ai lavoratori militanti di partito, significherebbe consegnare il Sindacato al "partito diffuso" della ideologia borghese dominante che si infiltra per cento vie anche fra gli operai.

    5. La cosiddetta "sinistra sindacale", manovrata dall'interno delle gerarchie confederali, con enunciazioni equivoche e apparentemente combattive, cerca di convincere i lavoratori a confidare ancora nei sindacati del regime. Lo scopo reale è seminare confusione per ritardare la vera riorganizzazione e mobilitazione generale. La sinistra sindacale, con la sua richiesta tipica di "democrazia nel sindacato" inganna i lavoratori. Non è che il sindacato si è venduto ai padroni perché non risponde abbastanza alla base; al contrario, non può più ubbidire ai lavoratori perché è passato, e per sempre, dalla parte dei padroni. Indurre quindi gli operai ad impegnarsi per ottenere ascolto da questi dirigenti è solo una manovra dilatoria.

    6. SCOPO del Sindacato di Classe è la difesa delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia. Si intende questa nel suo significato più ampio di insieme di prestatori d'opera, non proprietari degli strumenti del loro lavoro, qualunque sia la forma di retribuzione : comprende quindi manuali e intellettuali, produttivi e improduttivi, dipendenti da un padrone individuale, da una cooperativa di padroni, dallo Stato. Sono esclusi i membri delle altre classi, cioè capitalisti anche piccoli e minimi (artigiani e contadini) e strati attraversanti più classi (inquilini, studenti, ecc.). Sono invece organizzati i pensionati e i disoccupati, non separatamente ma nella rispettiva categoria di provenienza.
    RIVENDICAZIONI dei lavoratori che il Sindacato di Classe fa sue tradizionalmente tendono alla difesa dei salari, con speciale considerazione per i livelli più bassi, la riduzione dell'orario di lavoro, la difesa dei pensionati e dei disoccupati per i quali si chiede un salario sufficiente alla sopravvivenza delle loro famiglie.

    7. I MEZZI che il Sindacato di Classe si prepara ad usare per imporre le sue rivendicazioni alla classe padronale e al suo Stato si riducono all'azione diretta dei lavoratori in iniziative di sciopero senza limiti di estensione, adeguato all'asprezza della resistenza borghese. È da respingere per principio l'affidare la condizione operaia al risultato di referendum cui partecipano tutte le classi così come al voto del parlamento borghese e alle sentenze dei tribunali. Il migliore dispiegarsi della forza della classe si ha nella mobilitazione generale e ad oltranza di tutte le categorie, nel rigetto delle regolamentazioni oggi imposte dalla borghesia e accettate dai sindacati di regime, dalle limitazioni nel tempo e nello spazio all'obbligo dei preavvisi, dei sevizi minimi e della sospensione degli scioperi durante le trattative.
    Al Sindacato di Classe è indispensabile una organizzazione territoriale esterna ai luoghi di lavoro (nella tradizione delle Camere del Lavoro) dove le rappresentanze di fabbrica e i singoli lavoratori dispersi in piccole e piccolissime unità produttive si possano regolarmente incontrare, rafforzarsi e coordinare le iniziative.
    Le RSU e le RSA conservano necessariamente una visione limitata all'ambito aziendale che può essere molto parziale se non in contrasto con la necessità del movimento in generale: è per questo un errore porle sullo stesso piano del Sindacato di Classe e preconizzare una rete delle varie RSU e RSA organizzata indipendentemente, in parallelo o in alternativa, al Sindacato. È attraverso l'organizzazione in Sindacato che i lavoratori superano la limitatezza della fabbrica e poi anche del settore e della categoria, per arrivare a mobilitarsi come classe in difesa di interessi comuni.

    8. Non esistono ricette organizzative che garantiscano del corretto indirizzo di classe. In questo senso la richiesta di applicazione dei principi della democrazia sindacale (assemblee deliberanti, consultazioni e referendum) non risolve il problema della ricostruzione dell'organizzazione sindacale classista. In situazione di riflusso il responso della base può essere molto controverso e fuorviante, se non addirittura contrario agli interessi della classe; d'altronde non possono essere messi sullo stesso piano lavoratori in lotta e crumiri, strati operai combattivi e aristocrazie operaie o impiegatizie che possono mirare a dividersi dal movimento per difendere interessi particolari. È inoltre da prevedere che lo Stato borghese, quando si troverà di fronte ad una risoluta tendenza alla riorganizzazione di classe, ricorrerà alle sue tipiche sperimentate provocazioni e alla repressione violenta. Tale processo di riorganizzazione potrà non svolgersi dunque in un clima pacifico o di legalità, ma in un ambiente di aperta repressione statale e di duro scontro sociale che potrà anche richiedere forme adeguate per la sua protezione.

    9. PRINCIPI del Sindacato di Classe:
    a) tendere alla solidarietà fra lavoratori di tutte le categorie per opporsi alle divisioni imposte a loro svantaggio dalla società borghese;
    b) il Sindacato di Classe non si fa carico della difesa dell'economia nazionale né delle finanze dello Stato borghese e nemmeno propone soluzioni alternative alla loro crisi nel rispetto di una "giustizia contributiva" che in questa società è inipotizzabile. Se lo Stato è costretto ad attaccare la piccola borghesia ne lasci ad esso la responsabilità: il Sindacato di Classe si attesta sulla difesa intransigente della classe operaia;
    c) lotta per la uguaglianza salariale e normativa, a parità di lavoro, per età, razze, sessi, nazionalità, religioni, lingue diverse;
    d) ha come obbiettivo la solidarietà internazionale dei lavoratori, intesa non come enunciazione sentimentale o astratta, ma come prospettiva di comuni fini, lotte e organizzazione;
    e) considera che le capacità di fatto a scioperare e ad organizzarsi proviene non da diritti assicurati di Leggi o Costituzioni, ma dai reali rapporti di forze fra le classi: è possibile tanto che venga vietato uno sciopero legale, quanto che si affermi un sindacato clandestino. Accettare le leggi sull'autoregolamentazione degli scioperi per ottenere il riconoscimento formale da parte dello Stato è un grave errore perché il padronato e lo Stato non riconosceranno mai, nei fatti, se non costretti dalla forza, un sindacato che veramente li combatta; la rappresentatività reale si può acquisire soltanto con l'adesione e la mobilitazione dei lavoratori su di una linea intransigente di classe;
    f) la organizzazione sindacale deve essere separata e opposta alle strutture padronali e aziendali e deve essere finanziata dai soli lavoratori. La riscossione a mezzo delega al padrone è da respingere decisamente in quanto implica la consegna dell'elenco degli iscritti al nemico di classe e fa transitare i mezzi finanziari del Sindacato dalle sue mani;
    g) nella sua vera tradizione la milizia sindacale è svolta da semplici lavoratori, dopo l'orario di lavoro a loro spese e sacrificio. L'uso eccessivo di funzionari stipendiati, dei distacchi, delle assemblee in orario retributivo, ma fatte sotto gli occhi del padrone e delle sue spie, solo apparentemente facilitano l'organizzazione e sono utilizzati spesso come forma di corruzione, di intimidazione e ricatto;
    h) respingendo pregiudizi ed erronee spiegazioni sulle cause della degenerazione dei sindacati del regime, il Sindacato di Classe deve addivenire ad un organismo unico nazionale, strutturato e centralizzato, al quale i proletari volontariamente aderiscono nella ricerca di una azione coordinata per comuni obbiettivi. Per il suo funzionamento gli sono indispensabili organi esecutivi permanenti che soli possono assicurare rapidità e unicità di decisioni nella azione. Il necessario controllo della fedeltà dei dirigenti all'interesse di classe e la selezione della migliore linea di politica sindacale è una capacità che la classe deve sviluppare, ma che non la porta alla conclusione suicida di privarsi dei suoi indispensabili strumenti organizzativi;
    i) il Sindacato di Classe ha presente che vero e duraturo sollievo dalle sofferenze degli sfruttati si avrà solo con l'emancipazione piena dal lavoro salariato, obbiettivo generale che esso persegue.

    Partito Comunista Internazionale

    http://www.international-communist-party.org/ItalianPublications.htm#Sindacale

    (24 Gennaio 2010)

    Partito Comunista Internazionale

    icparty@international-communist-party.org

    105057