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(26 Giugno 2010) Enzo Apicella
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L'archivio di Piazza Fontana

(27 Novembre 2010)

È un filo rosso lungo quarant'anni quello che tiene assieme Catanzaro alla strage di Piazza Fontana. Un legame forte, indissolubile che si protrae dall'ottobre del 1972 quando, «per motivi di ordine pubblico» (ovvero la campagna della sinistra contro i fascisti), il processo di Piazza Fontana venne strappato al giudice milanese dalla Corte di Cassazione e spostato nel capoluogo calabro. Fu così che l'Italia scoprì Catanzaro e la Calabria. Le immagini in bianco e nero di quei vecchi telegiornali, le istantanee della palestra del riformatorio di via Paglia - la sede del dibattimento a due passi dallo Stadio Ceravolo - servirono a portare Catanzaro al centro della vita nazionale. Con giudici attenti e preparati che seppero compiere passi importanti verso la verità spazzando una volta per tutte le menzogne con cui si era tentato di incolpare della strage Pietro Valpreda e gli anarchici.


Col passare degli anni, tuttavia, l'immenso materiale giudiziario presente nei sotterranei del Palazzo di Giustizia è stato abbandonato all'incuria. Questi atti, che contengono le istruttorie, centinaia di fotografie, gli interrogatori, le deposizioni e ogni altra carta rilevante (di cui rappresentano l'originale e l'unica copia esistente), hanno rischiato seriamente di deteriorarsi, di finire prima o poi al macero, di divenire inservibili. È stato uno storico calabrese, Fabio Cuzzola, coadiuvato dall'associazione Altra Catanzaro, a lanciare, nel 2004, l'allarme sullo stato di conservazione dei documenti. «Oltre alla difficoltà di catalogazione - afferma Cuzzola - esisteva un problema di conservazione. Molti degli atti erano sbiaditi, i reperti fotografici, come la famosa e controversa foto del riconoscimento di Valpreda con la quale si cominciò a creare il 'mostro', erano conservati dentro buste inadeguate a proteggerli dall'usura del tempo e dall'umidità. Il problema più grande era l'assoluta mancanza di indicizzazione con le relazioni dei servizi mischiate alla rinfusa agli atti delle commissioni parlamentari, alle istruttorie ed ai reperti. E di tutto questo materiale non esisteva alcuna copia». Da allora è partita una campagna di sensibilizzazione, una petizione che ha raccolto migliaia di firme, un'interrogazione parlamentare (primo firmatario Nuccio Iovine) al fine di chiedere l'archiviazione scientifica e la digitalizzazione di tutti i documenti.


Ed oggi questo lungo cammino per la memoria è arrivato al traguardo sperato. Perchè gli atti del processo per la strage di Piazza Fontana sono stati finalmente digitalizzati. E, alla presenza di Guido Salvini, il Gip del Tribunale di Milano che ha speso una vita per ricercare la verità, l'archivio è stato ufficialmente presentato ieri a Catanzaro. «Nell'Italia delle stragi impunite, come da ultima la sentenza choc su Piazza della Loggia, delle trame oscure, dei servizi deviati - dichiara Nicola Fiorita, uno dei promotori dell'iniziativa - mantenere memoria vuol dire studiare e capire. Oggi a Catanzaro noi ritroviamo le nostre radici, i documenti perduti del processo la strage alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di quarant'anni fa vengono restituiti alla collettività, digitalizzati e fruibili per sempre. Come Cassiodoro ieri, un gruppo di calabresi oggi, di Reggio, di Catanzaro, di Cosenza, hanno creduto sei anni fa che questa lotta per la conoscenza come bene comune andasse vissuta fino in fondo. Occorre però non fermarsi in modo che altri archivi si aprano e siano studiabili perché le future generazioni abbiano le ali per volare oltre le miserie del presente».

Silvio Messinetti - Il Manifesto

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