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(1 Agosto 2012) Enzo Apicella

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12 Dicembre. Oltre la memoria.

La nostra strategia della tensione.

(10 Dicembre 2010)

La memoria, se non fornisce al movimento rivoluzionario gli insegnamenti derivanti dall’esperienza, se non diviene lo strumento della riflessione per l’azione, rimane fine a se stessa.
Spesso diviene puro esercizio scadenzista, liturgico, retorico; si trasforma in testimonianza, in mitologia, in icona.
In una parola, viene svuotata di ogni significato, viene resa inoffensiva.
Ecco perche’ bisogna andare oltre la memoria, utilizzandola per compiti non piu’ rinviabili, aggiornando l’analisi ai tempi dell’oggi, riprendendo quel filo rosso dell’organizzazione di classe da troppo tempo spezzato.
Lo stato, alternando le passate strategie della tensione con le odierne strategie della pacificazione cambia le proprie forme di espressione, ma non la propria sostanza di oppressione, controllo, repressione.
Mentre pero’ negli anni ’70 alla strategia padronale si opponeva la strategia della tensione di parte operaia, oggi, di fronte al passaggio della centralizzazione continentale dello stato, di fronte alla sfoliazione di diritti e liberta’, non esiste nemmeno una strategia di difesa, di ritirata ordinata di classe, ne’ in campo economico, ne’, tantomeno, in quello politico.
Intorno a questo ragionamento va regolato l’esercizio della memoria, per farla divenire sprone per il domani, per calibrare gli impegni dell’oggi con la lotta per la futura umanita’.

12 DICEMBRE
la nostra strategia della tensione
lotta di classe, organizzazione, rivoluzione.


Dietro l’idea di una “strategia della tensione” statuale, spesso, si e’ nascosta l’ideologia dello “stato eversore e deviato” dalla stesse regole democratiche alla base di tutta l’architettura costituzionale.
Se e’ vero, come e’ vero, che lo stato borghese ha sempre utilizzato tutti i mezzi necessari per arginare, corrompere, reprimere il movimento di classe, e’ vero anche che questo e’ avvenuto all’interno, e non fuori, degli strumenti, delle norme e dei codici della democrazia, lasciando magari ai suoi servi fascisti il lavoro sporco di fuoriuscirne.
Vogliamo dire che quella dello stato e’ una “strategia della reazione” flessibile ed adeguata alle fasi storico-politiche.
Vogliamo dire che la vera strategia della tensione, della rivoluzione, della rottura col sistema democratico e’ stata sempre perseguita dal movimento rivoluzionario, quando la situazione oggettiva si incrociava con favorevoli rapporti di forza tra le classi.

Ieri, di fronte ad una pericolosa insorgenza proletaria, lo stato tentava di arginare il lungo ciclo di lotte del decennio ’70-’80 con le bombe certo, ma anche con la ristrutturazione complessiva di sistema, ma anche con la cooptazione dell’intero sistema dei partiti e dei sindacati, ma anche con la corruzione materiale di una minoranza di aristocrazia operaia.
Oggi, a fronte dalla costruzione del blocco imperialista europeo, e del proprio contraddittorio tentativo di centralizzazione statuale, assistiamo da una parte all’imposizione di politiche unitarie di parificazione di bilancio e di riduzione del debito, dall’altro allo svilupparsi dei processi di “cessione di sovranita’” da parte degli stati nazionali al nascente stato europeo.
Questo processo di blocco continentale, utile ai padroni europei per superare la crisi ed adeguarsi ai nuovi ritmi della competizione pluripolare, viene fatta pagare al proletariato, incapace di risposte adeguate alla pesantezza dell’attacco subito.
Questo processo abbisogna di uno snellimento complessivo di sistema che riguarda l’intero comparto burocratico dello stato, cosi’ come quello della formazione, cosi’ come quello del diritto del lavoro.
Questo processo sta andando in porto avvalendosi della “strategia della pacificazione”, dove si vorrebbero abolire, con la fattiva collaborazione sindacale e per decreto classi e lotta di classe, snellendo, funzionalizzando, fuoriuscendo da qualsiasi regola normativo-contrattuale del “vecchio” mercato del lavoro, modificando nei fatti la costituzione materiale del paese.
E’ per questo preciso motivo che una moderna strategia della tensione di parte operaia non puo’ attardarsi a “difendere” una costituzione da sempre truffaldina e virtuale, con l’aggravante che, nel tempo, questa costituzione si e’ trasformata in un simulacro di carta, riscritta sostanzialmente da Mastricht a Lisbona.
Ieri con la tensione, oggi con la pacificazione, lo stato borghese difende ed assolve se stesso, allora ampliando a dismisura il proprio apparato burocratico parassitario, oggi riducendolo, sotto la spinta delle imposizioni e dei vincoli europei.
Ieri come oggi, lo stato borghese, fa pagare al proletariato il prezzo delle sue crisi e delle sue trasformazioni, alternando la forza alla partecipazione, comunque abbellite nel “ migliore involucro”democratico.
“Non dimenticare” e’ giusto, ma non basta piu’.
Occorre aggiornare l’analisi all’oggi, ed ai suoi tempi cambiati.
Non per l’ennesimo seminario di studi, ma per riprendere l’azione,
per reimpostare la nostra strategia della tensione,
il cui terreno non e’ quello del diritto ma quello della lotta di classe.

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