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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Il Tricolore strappato. Roccagorga, 6 gennaio 1913

(3 Aprile 2011)

…“Dici che civilizzare tu li vòi
Pagherei per sapere come farai :
fammi ‘ i piacere e dimmi come fai
agli altri regalà ciò che non hai.
Prima di tutto civilizza i tuoi,
perché se una statistica tu fai
troverai tra gli italici abitanti
il settanta per cento d’ignoranti”…

Contrasto tra la plebea e l’aristocratica sulla guerra di Tripoli, ottave improvvisate, Casentino , 1911-12.

..“Il problema coloniale per gli Stati moderni è oramai il più alto, il più essenziale dei problemi. Auguriamoci di non avere mai che guerre coloniali –interruzioni dall’estrema sinistra- Mi auguro che nel mondo non vi siano che guerre coloniali, perché la guerra coloniale significa la civilizzazione di popolazioni che in altro modo continuerebbero nella barbarie”. G.Giolitti, intervento alla Camera per la conversione in Legge del decreto di annessione della Libia, 22 febbraio 1912.

Dal Messaggero , 7 gennaio 1913 : “Piperno, 6- A Roccagorga questa mattina avvennero gravissimi fatti in seguito a una rivolta popolare contro il municipio che, secondo i rivoltosi, sarebbe colpevole di aver principalmente trascurato il servizio sanitario. Il paese di Roccagorga, che dista 7 chilometri da Piperno e 35 da Frosinone, si trova nel centro dei monti Lepini, a 298 metri s.l.m. E’ un ex feudo dei Doria – Pamphij. Gli abitanti sono circa tremila..”

Repubblica Italiana, aprile 2011: siamo al centro della piazza principale di Roccagorga, Piazza sei gennaio, stretta tra due modeste elevazioni, tra la Chiesa Parrocchiale e il Palazzo baronale, unici monumenti dell’abitato. E’ questo il luogo –all’epoca dei fatti Piazza Vittorio Emanuele- che , la mattina del 6 gennaio 1913, fu teatro dell’evento che portò il piccolo centro del basso Lazio alla ribalta nazionale, in un Paese che si apprestava a celebrare la vittoriosa Impresa Libica.
Dal Messaggero, 13 gennaio 1913 : “La Piazza Vittorio Emanuele è così fatta: è pressoché un quadrato a valle che ha due vie- di qua e di là- che, salendo, portano alla sede comunale, mentre in mezzo ,vi è un sorta di anfiteatro, con una fontana centrale (…). Sulla destra, in fondo, e davanti al Comune v’erano carabinieri e truppa, un complesso di almeno 65 uomini, 50 soldati e 15 carabinieri”.
“Quel Giorno”, “Il Sei Gennaio”, segnarono a lungo il lessico e la memoria collettiva di generazioni di “Rocchigiani”. La truppa era stata inviata dal Prefetto di Frosinone a difesa del Sindaco e del Medico Condotto, contro la cui mala amministrazione era stata annunciata una dimostrazione molto partecipata. Il clima politico dell’Italia dell’epoca, caratterizzato dallo sforzo bellico sul suolo di Tripoli, risentiva di fortissime tensioni sociali in seguito alla serie di “Eccidi Proletari”, che segnarono i primi giorni del 1913, da Boganzola (Parma) a Comiso (Ragusa). In quell’anno, tra l’altro, vi fu la concessione del Suffragio universale maschile.
La folla di “quel giorno” era in gran parte composta di donne del paese, stante l’accusa di abusi sessuali reiterati a carico del Medico. E furono le “Rocchigiane” a prelevare e a tentare di portare in piazza il Tricolore dalla sede della Società Agricola Savoia, sotto la cui egida la dimostrazione era stata indetta.
Dal Messaggero, 8 gennaio 1913 : “La Società Agricola Savoia , causa delle agitazioni e dei conseguenti disordini, venne costituita il 2 giugno dello scorso anno ad iniziativa specialmente di alcuni contadini tornati dall’America.Essendo stata incoraggiata dalle autorità locali, le fu dato uno Statuto, secondo il quale doveva mantenersi alla associazione carattere apolitico con intenti di mutuo soccorso”…
“…il titolo del Sodalizio indica che covo di sovversivi esso sia!...”, Avanti!,8 gennaio 1913.
Dopo il comizio del Presidente della Savoia, Signor Dante Mucci, “Un gruppo numeroso di intervenuti comprese parecchie donne volle recarsi sotto il Municipio e ripetere l’espressione della volontà popolare affermata nel comizio stesso e salì nei locali della Società a prendere la bandiera tricolore che era stata esposta a un balcone e porsi in marcia verso il Comune”.Avanti!,8 gennaio.
L’apparizione del Vessillo scatena l’ira dei Reali Carabinieri, “..e sul balcone si impegnò una violenta colluttazione per impedire che fosse asportata la bandiera, mentre gli altri assalivano senza ragione e percuotevano bell’e niente la folla rimasta in piazza”… (ancora l’Avanti! ).
“..La bandiera invece non venne ritirata e i carabinieri allora si slanciarono verso colei che portava il vessillo per toglierglielo dalle mani. Ma le donne raggruppatesi attorno alla vessillifera difesero accanitamente la bandiera, che nella colluttazione venne ridotta a brandelli, mentre l’asta finiva in pezzi”..Il Messaggero, 8 gennaio.
E’ questo il momento, concordano le fonti, che vide i primi lanci di sassi..
“Fu allora che il Tenente Gregori, che a quanto pare aveva anch’egli perso la testa, visto sanguinare il viso di un soldato, ordinava il fuoco, e fu un fuoco di plotone , secco e compatto!”…, Avanti!,
8 gennaio.
Cadono cinque “Rocchigiani”, eccone l’elenco, pubblicato nel medesimo articolo dell’Organo socialista:
Erasmo Restini, fu Luigi , contadino, di anni 34, con moglie e figli.
Salvatore Ferrarese, fu Agostino, di anni 33, con moglie e cinque figli.
Vincenza Balbo, di anni 34, maritata a Giuseppe Bevilacqua; aveva quattro figli.
Ciotti Fortunata, di anni 25, che lascia il marito Erasmo Pacifici e quattro figlietti.
Carlo Falcioni, di anni 5, di ignoti; questo bambino si trovava tra le braccia del custode, Giacinto Spaziani.
Ad onor del vero, Mario Restini, di 27 anni, e Vincenzo Maggini, 47, inizialmente conteggiati tra i feriti gravi, moriranno nelle ore successive, portando a sette il numero delle vittime; ..“Vi sono poi altri 23 feriti, oltre ai contusi ed ai feriti che si saranno medicati da sé”..
In totale, furono sparati 170 colpi di moschetto, in 20 secondi.
La vasta eco dell’Eccidio recherà al piccolo centro laziale una notorietà inedita, quanto poco desiderata, che, su tutti gli organi di informazione del Regno d’Italia, porterà la notizia della tragedia a contendere la prima pagina alle celebrazioni dell’annessione della Colonia di Libia, avvenute in forma solenne all’Altare della Patria, in data 20 gennaio.
“…Pertanto, siccome domenica si premieranno le bandiere tornate dalla Libia ,il proletariato romano vada all’Altare della Patria a fare la sua controdimostrazione, a dire che se in Libia fu permesso di uccidere impunemente, ciò non può, non deve essere permesso in Italia..”, dall’intervento dell’esponente del Partito Repubblicano Vanni alla Casa del Popolo di Roma, 12 gennaio.
“…E ci avevano insegnato che Arabi e Turchi erano i Barbari..”, da una testimonianza di un sopravvissuto all’Eccidio raccolta dall’Avanti!
In un celebre editoriale datato 7 gennaio e recante il titolo Assassinii di Stato, il Direttore dell’Avanti! indicò negli “Eccidi proletari” del gennaio 1913 la molla che, finalmente, avrebbe spinto il movimento operaio italiano verso lo sciopero generale rivoluzionario. Il nome di quel Direttore era Benito Mussolini: denunciato per istigazione alla sovversione presso il Tribunale di Milano, sarà assolto con tutta la redazione del giornale. Nel corso dell’anno successivo, allo scoppio della Grande guerra, passerà, come è noto, dalla “neutralità attiva ed operante” all’interventismo, iniziando così una “nuova e luminosa carriera”.
“..Se il fatto che diede origine agli avvenimenti si ebbe ad Ancona, bisogna ricordare che l’origine risale all’Eccidio di Roccagorga, tipicamente meridionale, e che si trattava di opporsi alla tradizionale politica di Giolitti, ma anche di tutti gli altri partiti, di passare immediatamente per le armi i contadini meridionali che elevassero una protesta pacifica, contro il malgoverno e le cattive amministrazioni di tutti i governi..” Così, a lunghi anni di distanza, commenterà Antonio Gramsci, indicando il massacro dei “Rocchigiani” come evento anticipatore dei moti della “Settimana Rossa” del 1914, estremo e finale tentativo insurrezionale, prima dell’entrata dell’Italia nella I guerra mondiale. Fondatore del P.C.d’I., arrestato e condotto nelle carceri del Regime guidato dall’ex Direttore dell’Avanti! di cui sopra, morirà di tubercolosi nel sanatorio di Formia, non lontano da Roccagorga.
Roccagorga, o La Rocca, come dicono i locali, travolta come ogni città, borgo o contrada d’Italia dalla tempesta del 1915-18, vedrà morire molti dei suoi figli nelle trincee. Altri se ne porteranno via le guerre del Duce, fino all’ultima, con il fronte di Cassino terribilmente vicino. Dopo ogni guerra, l’emigrazione, soprattutto verso il Canada. Nel 1951, il paese intero si mobiliterà negli “Sciopero alla riversa”, o a rovescio, lotte per i servizi essenziali, luce ed acqua potabile: saranno i “Rocchigiani” stessi , a costruire la strada che sale a la Rocca dalla Pianura Pontina, sfidando la Celere di Scelba accorsa ad eseguire arresti in massa ( e non mancherà chi , tra i vecchi, paventerà un nuovo Sei Gennaio..). In seguito a quella lotta vittoriosa, il piccolo Comune avrà mezzo secolo di “Giunte rosse”.
Repubblica Italiana, aprile 2011: sulla fronte del Municipio di Roccagorga, sventola un Tricolore.
Dai vicoli alle spalle della Piazza sei gennaio, echi di Telegiornali: sui cieli di Libia si muovono aerei da combattimento italiani, ma avrebbero “ la sola funzione di accecare i radar nemici”.

Il Pane e le rose – Collettivo redazionale di Roma

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