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Dal mondo alla Puglia: i guasti del liberismo e la domanda di riscatto

(4 Febbraio 2004)

All’inizio di gennaio una prestigiosa personalità del Direttorio della Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa, ha parlato di “democrazia da ricostruire” ed ha definito l’anno appena trascorso come “orribile” per i colpi inferti dai Paesi occidentali più potenti alla pace, alla collaborazione internazionale e alle attese di giustizia sociale. Gli ha fatto eco Eugenio Scalfari, una delle penne più autorevoli del liberismo temperato, che ha denunciato i guasti provocati dalle disastrose politiche economiche e militari di questi ultimi tempi ed ha affermato, con parole prese in prestito dalla cultura cristiana, che “l’insieme di queste politiche farà i poveri sempre più poveri, i deboli sempre più deboli, gli esclusi sempre più esclusi”. E non si tratta di voci isolate perché all’interno del mondo liberale e liberista, nelle aree più attente e responsabili, si moltiplicano oramai gli scetticismi nei confronti “delle magnifiche sorti e progressive” del sistema imperante e crescono le incertezze e le angosce per gli scenari futuri.

Ciò che manca è però il coraggio di guardare oltre i sintomi ed i fattori scatenanti di queste manifestazioni “morbose” per ricercarne le cause ultime, per fare cioè una precisa diagnosi della grave malattia che affligge il mondo e rischia di farlo perire. Si, è vero, la politica dominante ha espresso negli ultimi anni in America ed in Europa le sue più rozze interpretazioni ma Bush nel mondo e Berlusconi in Italia sono il prodotto naturale di un potere che più perde e più si dimena scompostamente per vincere, che più s’accorge dei suoi fallimenti e più si incattivisce, che più sente sul collo il fiato della protesta sociale e più diventa pericoloso e aggressivo. Ne è desolante conferma il delirio politico, provocatorio e violento, con il quale il Presidente del Consiglio, in occasione dei festeggiamenti per il decennale di Forza Italia, è partito all’assalto dei magistrati e dell’opposizione per alzare una cortina fumogena sulle regressioni ed i danni provocati dalla sua politica e per aprire all’insegna dello scontro più duro la campagna per l’appuntamento elettorale di primavera. Il fatto è che la causa delle cause di questa amara stagione va ricercata nel liberismo globalizzato affermatosi nell’ultimo decennio col ridimensionamento di quel potere pubblico che era stato capace di svolgere una funzione di riequilibrio tra i diversi interessi all’interno del conflitto sociale. Situazione questa che ha comportato la devastazione dei legami di solidarietà, l’abbattimento dei presidi a tutela dei più deboli ed il dilagare di deregolarizzazioni, privatizzazioni ed aziendalizzazioni che hanno esaltato il profitto facendo arretrare lo Stato sociale.

Una attenta analista del fenomeno della globalizzazione neoliberista, Giuliana Martirani, in un suo libro ha richiamato la nostra attenzione su come sarebbe oggi il mondo se tutta la sua popolazione fosse rapportata a quella di un villaggio di 100 persone: una persona starebbe per nascere ed una per morire, 57 sarebbero donne, 70 non bianchi, 70 non cristiani, 80 vivrebbero in case al di sotto dello standard, 70 non saprebbero leggere, 50 soffrirebbero la malnutrizione, solo una persona andrebbe all’università e solo una avrebbe un computer mentre 6 persone controllerebbero l’intera ricchezza mondiale e sarebbero americane. C’è veramente da riflettere sull’enormità degli squilibri e delle ingiustizie. C’è da riflettere e lavorare per un radicale cambiamento nella convinzione che “un mondo diverso è possibile” secondo il messaggio di speranza che il Social Forum mondiale ha in questi giorni rilanciato da Bombay rinnovando l’invito alla lotta per la pace e la cooperazione internazionale, per la giustizia sociale, il diritto alle risorse naturali, i diritti umani e di cittadinanza, la democrazia partecipativa, i diritti dei lavoratori, i diritti delle donne ed il diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Ma tornando ai guasti provocati in questi ultimi tempi dal liberismo dobbiamo dire che brilla di malinconica luce questo nostro Paese governato da logiche che privilegiano gli interessi di pochi facendo scempio dei diritti di molti. E per guardare poi a realtà ancor più vicine non possiamo non riservare una preoccupata attenzione alla nostra Regione, quella “Puglia dei veleni” così definita da tante voci e da tanti servizi televisivi (ora dimenticati) verso la fine del 2000, all’indomani dell’apertura a Brindisi di un’inchiesta giudiziaria sui “morti del Petrolchimico”, i cui sviluppi sono seguiti con trepidazione dalle tante famiglie interessate e da una opinione pubblica da troppo tempo in attesa di giustizia. Una Regione, quella nostra, che subisce da anni gravi offese alla salubrità del territorio, al lavoro e alle tutele sociali specialmente sul versante della sanità, settore scelto dal Presidente Fitto per costruire le sue fortune di carriera berlusconiana con buona pace delle popolazioni pugliesi. Una situazione insostenibile che impone la mobilitazione di tutte le coscienze e di tutte le energie democratiche per dar voce alla crescente domanda di giustizia e di riscatto sociale, un movimento che ha bisogno di quel “supplemento d’anima”, riveniente dalla sensibilità cristiana che, nelle sue espressioni più avvertite ed avanzate, mette in primo piano la centralità della persona, la dignità dell’uomo e la difesa dei deboli.

Brindisi, 25 gennaio 2004

Michele DI SCHIENA

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