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(19 Marzo 2013) Enzo Apicella

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(Dove và la CGIL?)

Vuoi tu FIOM CGIL sposare la schiavitu' salariata? SI!

Addio sindacato! cuori infranti per la fatua FIOMmella.

(7 Maggio 2011)

Tanti i cuori in pezzi per la FIOMmella spenta.
Tra illusi e convertiti sulla via di Cremaschi, in tanti che volevano “generalizzare, utilizzare, prolungare” lo sciopericchio preelettorale si ritrovano s-concertati di fronte all’ennesimo scambio sulla pelle dei lavoratori: la cgil concede lo sciopericchio generale alla fiom, la fiom torna sui suoi passi e firma l’accordo bidone alla Bertone.
Naturalmente, come al solito, tenendo il piede in piu’ staffe.
Da un lato affida il lavoro sporco ai delegati di fabbrica della Bertone che hanno votato si al referendum sul contratto di primo livello già approvato a Mirafiori e Pomigliano, dall’altro discetta sulla titolarità di poteri delle r.s.u., dall’altro ancora continua a prendere per il culo “contestando” il ricatto referendario.
Nel generale tripudio padronal-politico che accompagna il plebiscito comunque pilotato dalla fiom, il prezzo, oltre che dagli operai, sarà pagato dalla stessa fiom, in grave crisi di identità e dilaniata dalle solite eterne diatribe interne.
Il rientro nei ranghi della fiom è propedeutica al riavvicinamento della cgil a cisl e uil, unitariamente pronti a firmare la prossima legge sull’apprendistato.
La verità è che risultati referendari ed accordi sindacali allineano le condizioni degli operai dell’auto italiana ai livelli bassi americani, diversi e peggiori da quelli conquistati in Germania.
A fronte del costante aumento della produttività si registra la stagnazione dei salari unità ad una generale revisione-restrittiva delle condizioni normativo-contrattuali.
L’internazionalizzazione Fiat si confronta a suo modo con la competizione globale, facendo pagarne per intero il prezzo alla classe operaia, sola e disorganizzata, costretta a “difendere” la propria schiavitu’ sempre meno salariata.

Per noi questa, come il cosiddetto “voltafaccia” fiom non è una novità.
Da tempo sappiamo che l’ex sindacato concertativo è diventato integrato, vero e proprio impianto dello stato tra i lavoratori, azzerando ogni possibile “unità” con le sue strutture.
Oggi, invece, di fronte all’inconsistenza, alla inadeguatezza, al settarismo ed alla compartimentazione di ogni sia pur minoritaria “alternativa di base”, in molti, scelgono di accodarsi allo sciopericchio tardivo ed inutile, dando fiato ad una cgil in crisi storica.
Ma c’è qualcosa, secondo noi, di ancora piu’ importante: il vero nodo da sciogliere, la vera lezione da assimilare.
E’ possibile, oggi, nella società dell’interdipendenza mondiale di mercato, dentro le presenti, e blindate, compatibilità capitaliste, difendere il diritto del lavoro come si era espresso nel passato secolo?
E’ possibile, oggi, di fronte alle determinazioni europee di welfare-salari e produttività, di fronte ad una competizione divenuta planetaria, organizzare una ritirata strategica di classe ESCLUSIVAMENTE sul terreno sindacale, vertenziale, contrattuale?
Pensiamo di no, in tutti e due i casi.
Quello che oggi, in questo tempo delle cose, si può ottenere è quello che si ottiene: “scegliere” tra morire di fame o morire di fatica, disoccupati o schiavi!
Occorre andare oltre il consentito, ponendo insieme alla necessaria e naturale lotta economica, la prospettiva del superamento di questa società basata sullo sfruttamento.
A questo scopo non servono scioperetti o accodamenti, ma il costante e profondo lavoro per la ricostruzione dell’organizzazione autonoma di classe.

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