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Una vita a punti

(29 Luglio 2011)

Il permesso di soggiorno a punti “formato Lega” per gli stranieri residenti in Italia è uno dei provvedimenti più odiosi mai approvati da questo governo. Il fatto che sia stato approvato, ci viene graziosamente comunicato dal ministro dell’Interno Maroni e dal ministro del Welfare Sacconi tramite comunicato. Ma non ne fa cenno il sito di palazzo Chigi, che dovrebbe elencare tutti i provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri. Viene da chiedersi quanti punti dovremmo togliere a questi ciarlatani.

Ma a parte gli ovvi paralleli che vengono alla mente, è il caso di sottolineare l’incredibile salto di qualità rappresentato da questo provvedimento, che copia praticamente alla lettera – tranne alcuni cambiamenti “tecnici” raccolti lungo la via – una proposta di legge della Lega del 2008. Tanto per rendersi conto una volta di più di chi detti legge in Italia circa le politiche sull’immigrazione. Gli altri, hanno altro a cui pensare – come tutti sanno benissimo. Eppure il permesso di soggiorno a punti introduce un concetto finora estraneo al nostro ordinamento. E non estraneo per difetto, ma per incompatibilità. La nostra Costituzione e le leggi che ne sono derivate nell’età repubblicana, fino a ieri, non concepivano la possibilità che la vita di una persona fosse misurata a pezzi – o a punti – e che quindi potesse essere messa in ipoteca – quando quei pezzi cominciano a scarseggiare – oppure avere un valore maggiore – e tale sarà la vita di chi avrà accumulato abbastanza punti da potersi permettere qualche “scappatella”. Questo è uno dei paradossi del provvedimento approvato – e introdotto dal pacchetto sicurezza del 2009 – poiché i 30 punti che daranno la possibilità allo straniero di ottenere il suo permesso di soggiorno sono suddivisi in base a vari “adempimenti”. Peccato, però, che questi adempimenti sanciscano un clamoroso e abominevole salto indietro nel passato, togliendo di dosso la maschera alla Lega: altro che movimento “radicale”, “costola della sinistra”. La Lega è un partito conservatore e reazionario. Un partito secondo cui è giusto che una persona che abbia un dottorato di ricerca accumuli molti punti per soggiornare in Italia (fino a 64) contro una persona che ha la licenza media (solo 4). Dunque chi avrà un titolo di studio più elevato potrà giocarsi in modo più libero i proprio punti nella “pagella”, che prevede decurtazioni per una quantità infinita di questioni: non conoscenza della lingua o delle istituzioni dello stato; ma anche “condanne penali non idefnitive”, e addirittura reati amministrativi (esempio: parcheggio in sosta vietata) o tributari (nel paese dell’evasione fiscale per eccellenza).

Tutto questo non solo non ha senso – come è evidente – ma è soprattutto odioso essendo un progetto pensato, accarezzato, coltivato e cresciuto da una forza politica che detiene il 10% dei voti in questo paese e perdipiù al Nord. Ma, lo sappiamo bene, non è solo la Lega il problema. Se l’unica reazione all’approvazione di tale obbrobrio arriva da Livia Turco (Pd). E non con un comunicato, che forse non ha sentito l’esigenza di dettare – o almeno non ve n’è traccia nelle agenzie di stampa – ma con un commento riportato da “La Repubblica”. Commento, oltretutto, piuttosto stitico: “Bisogna prima garantire tempi certi per i rinnovi dei permessi e corsi di lingua e cultura forniti dalla scuola pubblica”. Come dire, abbiamo colto il punto principale del problema.

Ovviamente di cose da dire ce ne sono parecchie. A cominciare dal fatto che il ministro Maroni assicura che la formazione sarà a carico dello Stato, ma poi a quanto pare i corsi previsti per imparare la lingua italiana e gli elementi basilari delle istituzioni del nostro paese saranno di 5/10 ore. Una presa per i fondelli. C’è da augurarsi che le associazioni democratiche di questo paese istituiscano corsi gratuiti. Sì,gratuiti. Perché non è possibile che un immigrato oltre a pagare il suo permesso di soggiorno – costa rinnovarlo alla Posta, per chi non lo sapesse- senza aver finora ottenuto alcun beneficio (i permessi di soggiorno continuano ad essere rinnovati con estrema lentezza), ora debba sopportare anche il balzello dei corsi di formazione – e va da sé che nasceranno nuovi “Cepu per stranieri” succhia soldi e dalla gestione poco trasparente.

E, in effetti, la totale assenza – certo non per dimenticanza – di un onesto meccanismo premiale, che offra qualche beneficio al cittadino straniero che stipulerà (o meglio che sarà costretto a stipulare, poiché non v’è scelta) tale accordo con lo Stato italiano, è l’altra macroscopica ingiustizia contenuta nel “permesso di soggiorno a punti”. Difatti, rispettando le regole si accumuleranno soltanto molti punti. Per farci cosa? Si vince un’elegante pirofila? Oppure il messaggio sotteso è che quando diventi un rispettabile cittadino che parla bene l’italiano puoi anche evadere le tasse, tanto se perdi un po’ di punti che male fa? Sarebbe appena stato il caso di prevedere – in questo meccansimo che rimarrebbe comunque infernale – che l’immigrato con un’ottima pagella abbia diritto a un permesso di soggiorno di durata più lunga dei due anni, e a qualche controllo in meno. Dopo aver scontato la pena, c’è la libertà. Ma non in casa Lega, cioè – ormai – a “casa nostra”.

Cinzia Gubbini - babelblog (Il Manifesto)

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