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Elezioni? Rivoluzione!

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(8 Maggio 2012) Enzo Apicella

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Genova. Perche' il partito comunista dei lavoratori (pcl) alle elezioni

(13 Marzo 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it

ANALISI E PROGRAMMA ELETTORALE PER IL COMUNE DI GENOVA

Il Partito Comunista dei lavoratori partecipa alle elezioni comunali di Genova con un punto di vista alternativo: quello dei lavoratori /lavoratrici, dei nativi e dei migranti, dei giovani , dei precari e dei disoccupati, rispetto alle formazioni che si contendono la difesa degli interessi della borghesia genovese. Questo tanto più di fronte alla subalternità della sinistra riformista ( SEL e FDS) al centro-sinistra, imperniato sul PD ( e spesso in Liguria allargato alla UDC).

Non ci illudiamo che il terreno elettorale possa rappresentare di per sé il terreno dell'emancipazione del mondo del lavoro dallo sfruttamento . Ma anche il terreno elettorale può dare visibilità e voce a una proposta d'azione, anticapitalista e rivoluzionaria, facendola conoscere a più ampi settori di massa, e favorendo l'organizzazione attorno ad essa degli gli strati più coscienti dei lavoratori e dei giovani. Questa è la ragione della nostra presentazione elettorale, in contrapposizione a tutti gli altri partiti.

A differenza di ogni altra forza politica, non siamo a caccia di assessorati e prebende a braccetto col PD. Non siamo alla ricerca di pacche sulle spalle di ambienti benpensanti e della loro legittimazione. Noi non abbiamo altro interesse da difendere che l'interesse dei lavoratori e la loro liberazione. Non facciamo politica per prendere voti, ma chiediamo voti a una politica : una politica intransigente di difesa del lavoro.

Non a caso siamo l'unico partito della sinistra italiana a non aver mai tradito i lavoratori. A non aver mai votato- in cambio di ministeri- missioni di guerra, sacrifici sociali, regali alle banche. A non aver mai votato, in cambio di assessori, i tagli alla sanità , le privatizzazioni dei trasporti, il rincaro tariffe, come in Liguria. Siamo stati e saremo ovunque, ad ogni livello, da una parte sola. La parte degli sfruttati contro gli sfruttatori, i loro governi, le loro giunte. Non abbiamo l'ambizione nazionale di allearci col PD o di non essere scaricati dal PD, che oggi sostiene il governo Monti e tutte le sue porcherie contro i lavoratori. Abbiamo un ambizione più grande: unire gli sfruttati contro tutti i loro avversari per realizzare una società a misura d'uomo. Una società socialista.

Questo patrimonio di coerenza è decisivo perchè la sinistra e il suo popolo possano tornare a vincere. La sinistra non ha perso affatto perchè troppo “divisa”. Ha perso perchè ha cessato di essere tale. Tutte le sinistre erano unite al governo in anni recenti a votare le leggi di precarizzazione dei giovani e le finanziarie lacrime e sangue contro i lavoratori. Altro che sinistre “divise”! Tutte le sinistre sono unite, al di là delle diversità di sigla, nelle giunte di centrosinistra a votare il taglio delle spese sociali. E se litigano spesso tra loro è solo perchè si disputano poltrone e ruoli nelle stesse giunte in cui insieme siedono. Altro che sinistre “divise”!

La verità è che c'è bisogno finalmente di una sinistra vera, di una sinistra che non tradisca.

Solo una sinistra vera può unire davvero i lavoratori, i precari, i disoccupati contro i loro avversari. Può contrastare le mistificazioni dominanti. Può aprire una pagina nuova. Il PCL è impegnato , controcorrente,con tutte le sue forze in questa prospettiva: unire in una vera sinistra tutti coloro che vogliono ribellarsi all'esistente, per costruire una società liberata dalla dittatura del profitto.

IL CAPITALISMO E' FALLITO. E' NECESSARIA UNA ALTERNATIVA DI SOCIETA'

Il capitalismo è fallito.

Venti anni fa, dopo il crollo del Muro di Berlino, ci avevano raccontato la favola di un futuro radioso dell'umanità, grazie alla vittoria del capitalismo. E' accaduto l'opposto. Il capitalismo si trova di fronte alla crisi più grave degli ultimi 80 anni, e non sa come uscirne. Nel frattempo prova a scaricare la propria crisi sulle condizioni sociali , di lavoro e di vita, della maggioranza dell'umanità.

Ovunque si distruggono i contratti nazionali di lavoro, ovunque si precarizzano le giovani generazioni, ovunque si saccheggia l'ambiente come mai in passato, ovunque tornano i venti di guerra per la spartizione del petrolio e delle materie prime, ovunque riemergono le pulsioni malate del razzismo, in una guerra disperata tra poveri. Si è tornati indietro di un secolo . Alla faccia del.. “progresso” e della “modernità”!

Il lavoro e le prestazioni sociali sono la prima vittima del capitale in crisi. Così in tutta Europa, così in Italia. Se in Europa siamo ormai a 20 milioni di disoccupati, in Italia la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 30%. Mentre Confindustria e Fiat mirano al cuore dell'articolo 18 e sbattono fuori dalle fabbriche la Fiom e i diritti dei lavoratori, come non accadeva dagli anni 30. Dopo aver precarizzato una intera generazione.

Parallelamente, istruzione pubblica, sanità e pensioni diventano carne da macello per pagare gli interessi alle banche. Tutta la campagna ossessiva a favore dei tagli e dei sacrifici in nome del “debito pubblico” vuol dire concretamente una cosa sola: spolpare definitivamente ciò che è rimasto delle vecchie conquiste sociali per pagare gli interessi ai banchieri, grandi detentori dei titoli di stato. Lo Stato italiano versa ogni anno nelle tasche delle banche 90 miliardi di Euro. Le giunte locali di ogni colore versano complessivamente ogni anno ai banchieri 70 miliardi. Ecco a cosa servono i sacrifici sempre più insopportabili imposti a lavoratori ,pensionati, cittadini: a pagare quegli stessi banchieri che con le loro speculazioni e truffe sono i primi responsabili della grande crisi! Altro che “democrazia”! La grande maggioranza della popolazione viene sacrificata alla dittatura di una piccola minoranza di industriali e banchieri. I principali partiti (di ogni colore) e i loro governi, nazionali e locali, sono solo gli esattori del capitale finanziario. Non a caso PDL, PD, UDC- i grandi sostenitori del governo Monti-sono tutti sul libro paga di industriali e banchieri, come rivelano i loro bilanci pubblici ( al netto di gigantesche ruberie e mazzette “private”).

Pensare di “riformare” questo stato di cose è pura utopia.

Chi ha diffuso a sinistra in questi anni la leggenda di un possibile governo “amico” che possa risolvere la crisi a vantaggio dei lavoratori, ha raccontato frottole, per giustificare la propria corsa a ministeri o assessorati . I governi Prodi, Zapatero, Obama, sono stati il cimitero di queste fandonie e illusioni. L'univa via -certo difficile ma reale- è quella di rovesciare questo stato di cose. Mettendo in discussione il capitalismo e le sue radici. Rifiutando il pagamento del debito pubblico ai banchieri strozzini. Nazionalizzando le banche ( con piena tutela dei piccoli risparmiatori), e unificandole in una unica banca pubblica, sotto controllo sociale. Espropriando le grandi aziende sotto il controllo dei lavoratori, a partire da quelle che licenziano e ignorano i diritti sindacali ( Fiat in testa). Ripartendo il lavoro esistente fra tutti, secondo un piano democraticamente definito dai lavoratori stessi, in modo che nessuno ne sia privato. Avviando un grande piano di opere sociali ( riassetto ambientale, fonti energetiche alternative, trasporto pubblico, edilizia scolastica e popolare, riparazione della rete idrica, bonifica del territorio a partire dall'amianto..), che dia nuovo lavoro a milioni di disoccupati ( italiani e migranti) e che sia finanziato dalla tassazione progressiva delle grandi ricchezze, dall'abbattimento dei privilegi istituzionali e clericali, dall'abbattimento delle spese militari e di guerra, dalle enormi risorse risparmiate con il ripudio del debito ai banchieri e la nazionalizzazione delle banche. A proposito della “lotta agli sprechi”..

Questo programma indica l'unica via possibile di alternativa. Ma non sarà realizzato né dai governi avversari, né dalla pura pressione dei movimenti, né dalle grida populiste di qualche comico guru, come Beppe Grillo ( che apre a Monti, difende gli evasori di Cortina, nega i diritti dei figli dei migranti,..). Può essere realizzato solo da un governo dei lavoratori e della popolazione povera: un governo che può essere imposto solo da una sollevazione popolare.

Lavorare in ogni lotta a questo sbocco è il nostro impegno quotidiano. La campagna elettorale è solo un terreno collaterale e provvisorio di questo nostro lavoro . Un nostro eletto/a, in qualsiasi sede istituzionale, sarebbe solo un tribuno di questa battaglia generale, in un rapporto indissolubile con le ragioni di tutti gli oppressi. Un eletto dei lavoratori, al loro servizio, per una alternativa di società. Non un agente dell'avversario tra i lavoratori a difesa di questa società, come troppe volte è successo.

IL CENTROSINISTRA A GENOVA: COMITATO D'AFFARI DEI POTERI FORTI E DEL PROFITTO AI DANNI DELLA POPOLAZIONE POVERA.

Negli ultimi 30 anni, sotto le amministrazioni di centrosinistra, Genova ha perso una parte cospicua del suo patrimonio produttivo: fabbriche chiuse o delocalizzate, ridimensionamento di altre(vedi Ilva e Ansaldo), possibile chiusura di Fincantieri, ridimensionamento del porto, declassamento della rete ferroviaria . La dismissione delle fabbriche e dell'indotto ha causato una perdita enorme di posti di lavoro, di capacità e di ricchezza per la città: 6000 posti di lavoro in meno tra il 2008 e il 2011, espansione geometrica del lavoro nero e irregolare, 12000 lavoratori in cassa integrazione o in mobilità nel solo 2011. Un ciclone devastante, sospinto dalle crisi capitalista, che i governi locali hanno semplicemente gestito, quali curatori fallimentari del disastro.

Parallelamente la mole di lavori pubblici in città e dintorni non solo non ha compensato la perdita di lavoro di industria e servizi, ma si è trasformata in un fattore di deturpamento del territorio ( mostro urbanistico di 'Erzelli, speculazioni della SPA parcheggi, minaccia ai parchi cittadini come all'Acquasola e a Nervi, privatizzazione di fatto dei caruggi tramite i cancelli) e in un mercato di mazzette e corruzione. Non a caso l'attuale Piano Urbanistico Comunale ha fatto propri i dettati dei costruttori, ignorando le richieste e osservazioni delle stesse associazioni ambientaliste. Mentre sono sotto gli occhi di tutti le enormi responsabilità dei governi locali ( regionale e comunale) nelle concause del disastro provocato dalla recente alluvione e nella gestione della drammatica emergenza : mancata pulitura dei fiumi, licenza di costruzione lungo gli argini, mancate opere pubbliche strutturali, quali lo scollamatore del Bisagno.. La legge del profitto e le sue compatibilità l'hanno fatta insomma da padrone, a danno della sicurezza più elementare del territorio.

Le giunte cittadine di centrosinistra, al pari delle corrispondenti giunte provinciali e regionali, non solo non hanno contrastato (se non a parole) la stretta dei trasferimenti pubblici dei governi nazionali ( inclusi quelli di centrosinistra), ma hanno gestito -disciplinate ed obbedienti- tutte le conseguenze sociali di quella stretta: aumentando il proprio indebitamento verso le banche, e dunque esponendosi alla loro pratica usuraia, a scapito delle risorse pubbliche ( pagamento di interessi onerosi e crescenti); affidando servizi pubblici a cooperative private; precarizzando i rapporti di lavoro nella stessa amministrazione pubblica; tagliando la spesa sociale in tutti i suoi aspetti, persino nella manutenzione ordinaria dell'arredo urbano ( pulizia delle strade); privatizzando servizi fondamentali ( gestione dell'acqua e del gas, mense scolastiche, trasporto pubblico, strutture cimiteriali) con il relativo taglio di personale, peggioramento del servizio, rincaro delle tariffe.

Dunque da ogni punto di vista, le giunte locali hanno operato come agenti degli industriali, dei banchieri, dei costruttori e più in generale del profitto . La subordinazione religiosa al Patto di stabilità imposte dalle finanziarie nazionali di centrodestra e centrosinistra ne è la misura. Il coinvolgimento ripetuto nel malaffare ( “mensopoli”) ne è il portato naturale.

Non può esservi alternativa reale a tutto questo se non rovesciando questa logica: sfidando apertamente, anche sul terreno locale, la dittatura del capitale, e contrapponendovi le ragioni del lavoro e della maggioranza della società. Siano i lavoratori a governare Genova, non le banche, gli industriali e la Curia. Questa è l'unica reale alternativa

NON UN PROGRAMMA “PER GENOVA”, MA PER I LAVORATORI, I PRECARI, I DISOCCUPATI GENOVESI.

SIANO I LAVORATORI A GOVERNARE GENOVA, NON I BANCHIERI, GLI INDUSTRIALI, LA CURIA

Le nostre rivendicazioni programmatiche, sul terreno comunale, sono dichiaratamente “di parte”. Rifiutano di recitare il mantra ipocrita dell'”interesse generale della Città”. Sposano dichiaratamente una parte della Città contro l'altra: la parte del lavoro, dei giovani precari, dei disoccupati, dei migranti ( la larga maggioranza della popolazione genovese) contro la parte dei salotti, della borghesia benpensante, dei poteri forti cittadini ( la piccola minoranza di banchieri ,industriali, costruttori, Curia, e dei loro ambienti ramificati). O di qua o di là: in mezzo non si può stare. E noi stiamo senza riserve da una parte sola.

Proprio per questo rifiutiamo apertamente la logica apparentemente “realista” delle cosiddette “compatibilità”. A chi ci dice che la svolta che ci vorrebbe “non è possibile”, “perchè c'è la crisi, perchè le risorse sono poche, perchè il comune ha competenze limitate, perchè non si può che obbedire alle leggi esistenti” ecc, ecc, rispondiamo che proprio la subordinazione a questa cultura , ad ogni livello, ha accompagnato negli ultimi 30 anni la sconfitta drammatica del mondo del lavoro. Noi rifiutiamo questa logica. La nostra logica non è quella di gestire l'esistente, ma di rompere con le sue leggi. Non è quella della rassegnazione e della resa, è quella della rivolta. L'unica via per ritornare a vincere.

Il nostro programma “elettorale” è molto poco.. elettorale.

Non si limita ad elencare i buoni propositi del nostro Candidato Sindaco, che Sindaco non sarà. Ma presenta innanzitutto quello che comunque facciamo e faremo a fianco dei lavoratori, precari, disoccupati genovesi, in opposizione alle giunte di centrosinistra o centrodestra. Sia se resteremo fuori del Consiglio Comunale. Sia, con forza ben superiore, se la nostra candidata a sindaco sarà eletta.

Le politiche di attacco al lavoro, di privatizzazione, di tagli sociali, continueranno purtroppo anche a Genova sia che vinca il centrosinistra, sia che vinca il centrodestra. Pensiamo solo al fatto che il candidato del Centrosinistra, Marco Doria, appena vinte le primarie, ha cominciato ad assicurare il PD e i poteri forti della città ( a partire dagli ambienti della Compagnia San Paolo di cui è consigliere): “non esclude” il taglio degli stipendi degli autisti ATM, annuncia che manterrà il caro tariffe nei servizi, loda la “svolta” del governo Monti. E' la stessa logica di Pisapia e di Vendola: prendono voti a sinistra per gestire poi le politiche di sempre. Col primo che che taglia a Milano 50 milioni di spese sociali , aumenta il prezzo del bus, gestisce il grande businness dell'Expo ( contro cui ha vinto le elezionii ). E il secondo che chiude 18 ospedali pubblici in Puglia, mentre regala centinaia di milioni alla clinica privata di Don Verzè.

Noi ci opporremo con tutte le nostre forze a queste politiche, chiunque le gestisca. Come facciamo a Milano , in Puglia, e ovunque. Sosterremo tutte le lotte che si svilupperanno contro di esse. Lavoreremo a unificarle in una grande vertenza cittadina. Chiederemo incessantemente a tutte le sinistre cittadine ( politiche, sindacali, associative, di movimento) di rompere con esse e di combatterle, in ogni sede, a partire dalle piazze e dai luoghi di lavoro. Di rompere col PD ( e la UDC) in tutta la regione, cessando di votare tagli e privatizzazioni in cambio di assessorati. Di realizzare con noi un fronte unico delle sinistre al fianco dei lavoratori, contro le forze dominanti.

Al tempo stesso non ci limiteremo all'opposizione. Non siamo solo “antagonisti”. Siamo comunisti. Non ci limitiamo a combattere l'attuale potere, vogliamo un altro potere, quello dei lavoratori, in funzione di un altra società, dove a comandare non siano le banche ma chi lavora.

In questo senso avanziamo un programma di rivendicazioni radicali: tanto radicali quanto radicale è la crisi che i lavoratori subiscono e l'attacco che viene loro portato. E' il programma di una giunta di svolta a Genova, che abbia il coraggio di rompere apertamente con le regole del gioco del capitalismo e di battersi per un governo nazionale dei lavoratori.

Una giunta di svolta dovrebbe innanzitutto:

1) Rifiutare di subordinarsi al Patto Finanziario di Stabilità che sta strangolando i Comuni a vantaggio delle banche, e ripudiare il debito pubblico contratto con le banche: le risorse così risparmiate e recuperate vanno investite nei servizi pubblici e sociali, a tutela dei lavoratori e della popolazione povera.

2) Abolire il finanziamento pubblico di scuole private, laiche o confessionali, devolvendo le risorse così risparmiate all'istruzione pubblica e agli asili. Opporsi al finanziamento regionale delle cliniche private, a vantaggio della sanità pubblica e della cancellazione dei tickets. Tutti i servizi sociali devono essere pubblici, sotto controllo sociale. Tutte le aziende e servizi privatizzati a Genova in tanti anni, vanno recuperati al controllo pubblico.

3) Rifiutare l'applicazione dell'IMU sulla prima casa popolare di abitazione ( tanto più insopportabile per chi sta pagando mutui da rapina), e applicare un prelievo progressivo sulle seconde e terze case. Requisire le case sfitte, a partire da quelle detenute dalle grandi società immobiliari, e porle a disposizione della popolazione povera e bisognosa. Requisire le grandi proprietà immobiliari del Clero ( esclusi i luoghi di culto), e usarle a fini sociali sotto controllo pubblico, a partire da strutture autogestite per i giovani e di strutture di ritrovo per anziani.

4) Promuovere un autonomo controllo popolare sul territorio, col pieno coinvolgimento di comitati di quartiere e strutture sindacali, per censire in modo capillare tutti i casi di sfruttamento odioso del lavoro nero e irregolare, e di evasione fiscale e contributiva: imponendo la regolarizzazione dei lavoratori sfruttati (o la requisizione delle aziende responsabili) e investendo le risorse così recuperate nell'assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della pubblica amministrazione.

5) Abbattere i privilegi istituzionali: sindaco, assessori, consiglieri, dirigenti del Comune e delle aziende comunali dovranno avere uno stipendio non superiore a quello di un operaio specializzato. Le risorse così liberate dovranno partecipare al finanziamento di un salario sociale ai disoccupati in cerca di lavoro.

6) Vanno annullate le spese faraoniche oggi previste per opere speculative e anti ambientali, al servizio degli interessi di costruttori e privati ( piano Erzelli, inceneritore di Scarpino, Gronda..), investendo le risorse così liberate in un grande piano di rinascita sociale della città, capace di dare lavoro utile a migliaia di disoccupati, italiani e migranti: recupero pieno al controllo pubblico della gestione dell'acqua, riassetto idrogeologico del territorio, piano generale di raccolta differenziata dei rifiuti, ampliamento dei consultori, realizzazione dello scollamatore del Bisagno, potenziamento del trasporto pubblico cittadino, risanamento dell'edilizia scolastica e residenziale.

Una simile giunta di svolta, e il suo programma- proprio per il loro carattere di rottura- incontrerebbero l'opposizione aperta dei governi nazionali ( e regionali) di ogni colore. E dunque potrebbero essere imposti e realizzati solo da una mobilitazione di massa straordinaria in aperta contrapposizione alle classi dirigenti. Anche a questo fine, l'intera macchina comunale andrebbe rivista da cima a fondo: trasferendo il potere reale nelle strutture autorganizzate dei lavoratori e del popolo, quartiere per quartiere, e su scala cittadina. Una assemblea cittadina di delegati eletti nei posti di lavoro e nei quartieri, privi di ogni privilegio sociale, permanentemente revocabili dai loro elettori, sarebbe infinitamente più forte, più efficiente, più democratica, più economica, di qualsiasi vecchia macchina burocratica dello Stato. E' la prefigurazione di un altro Stato: non più lontano e nemico dei lavoratori, ma organizzatore ed espressione della loro forza.

Una simile giunta sarebbe a tutti gli effetti un organo di potere degli sfruttati contro sfruttatori. Per questo costituirebbe di per sé un fattore di richiamo per i lavoratori di tutta Italia, e un atto di ribellione contro le classi dirigenti nazionali. Per questo sarebbe solo un passo in direzione di una alternativa generale, uno strumento di lotta per un governo dei lavoratori in tutta Italia.

E' naturale che sia così. Tutti i problemi sociali dei lavoratori, precari, disoccupati genovesi, possono essere risolti compiutamente solo su scala più grande. Lottare a Genova per questa prospettiva generale di svolta, non è “parlar d'altro”: è l'unico modo coerente di battersi per gli obiettivi e le esigenze dei lavoratori genovesi. Fuori da questa prospettiva generale, ogni forma di radicalismo municipale rischierebbe, contro una sua apparente “concretezza”, di rimuovere la reale soddisfazione delle domande degli sfruttati.

Peraltro solo una lotta radicale generale per una alternativa anticapitalista può strappare cammin facendo risultati parziali e concreti. Le classi dominanti sono disposte a concedere qualcosa solo quando hanno paura di perdere tutto. Rivendicare “tutto” è l'unico modo concreto di strappare qualcosa. E viceversa. Respingere una prospettiva di lotta radicale, è il modo sicuro di non ottenere niente, e dunque di continuare ad arretrare lungo una discesa senza fondo.

Per questo ci rivolgiamo a tutti gli sfruttati ed oppressi di questa città, a partire dalle persone più combattive, più generose, più coscienti, per dire loro la cosa più semplice: uniamo le nostre forze attorno ad un programma di vera opposizione e di vera alternativa. Anche attraverso il voto: perchè ogni voto al PCL rafforzerebbe quel programma. Ma soprattutto al di là del voto, nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle piazze: perchè lì si deciderà chi comanda e chi obbedisce nella società italiana. Noi vogliamo che al posto di comando vadano finalmente i lavoratori. Dare un partito a questo programma è l'impegno del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL).

Partito Comunista dei Lavoratori

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