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Il dito indica la Luna, la norma è incostituzionale, ma tutti guardano Grillo

(26 Maggio 2012)

La notizia è di quelle toste e dai giornali si è presto diffusa su tutti i blog: Finanziamento ai partiti, spunta un emendamento anti-Grillo.

Con l’introduzione di una norma semplice semplice, infatti, che impone l’obbligo di uno Statuto per i partiti che intendono accedere ai rimborsi elettorali, l’M5S verrebbe di fatto escluso da questi finanziamenti, trattandosi, appunto, di un Movimento senza Statuto.
Siamo di fronte, ovviamente, ad una non notizia, e per ben due motivi.

Il primo, molto semplicemente, è che ai diretti “colpiti” non importa un bel nulla di rimanere esclusi da un finanziamento che non hanno mai voluto e che, anzi, combattono tutti i giorni.
Secondo motivo, e su questo i commentatori politici dovrebbero essere un minimo più preparati, non è stato un emendamento dell’ultima ora ad introdurre l’obbligatorietà di un Atto Costitutivo e di uno Statuto regolarmente depositati come condizione per l’accesso ai rimborsi elettorali, in quanto ciò era già previsto e contenuto nell’art. 3 del testo unificato giunto all’esame dell’aula il 14 maggio.
L’emendamento approvato dalla Camera il 23 maggio anticipa soltanto (si fa per dire, visto che è questo l’aspetto grave che pare essere sfuggito) la più volte preannunciata riforma attuativa dell’art. 49 della Costituzione, inserendo nell’ordinamento, già da subito, una norma in grado di “mettere il naso” nella vita interna dei partiti.
Con l’emendamento Mantini, infatti, si precisano alcune caratteristiche che gli Statuti dei partiti dovranno soddisfare per poter accedere ai finanziamenti: "Lo statuto deve essere conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze, ai diritti degli iscritti."

La notizia vera, quindi, non sono i soldi che Grillo non vuole, bensì l’ennesima forzatura costituzionale.
L’art. 49 della Costituzione è di facile interpretazione e non prevede alcun obbligo da adempiere, tranne l’ovvio rispetto delle leggi, per quanto riguarda i modi associativi di ogni singolo partito: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”

Sul come vada interpretato quel “concorrere con metodo democratico”, se cioè riferito o no anche alla vita interna dei partiti, c’è un’ampia letteratura, ma ci sono, soprattutto, i resoconti dei lavori dell’Assemblea Costituente che ben spiegano il come ed il perché alla fine prevalse l’orientamento di non “mettere il naso” nella vita interna dei partiti.
Si ritiene che quelle motivazioni non siano più attuali o valide?
Benissimo, non c’è che da percorrere l’unica strada possibile: si modifichi l’art. 49 della Costituzione, con le procedure aggravate che la revisione costituzionale impone.
Con una preghiera, però: vista la scarsa stima di cui gode l’attuale Parlamento, è sicuramente meglio e più dignitoso rinviare tutte le modifiche costituzionali alla prossima legislatura.


PS.: Mi è stata sollevata l'obiezione che la norma non è incostituzionale, in quanto se la legge dà dei diritti, la stessa può porre degli oneri. Rimarrebbe quindi possibile fare un partito senza uno statuto e, quindi, l'art. 49 rimarrebbe salvo in ogni caso, in quanto il vincolo vale solo per i partiti che vogliono il rimborso.
Tale obiezione, però, non tiene conto dell'insieme dei diritti e delle tutele su cui il vincolo (di fatto una clausola di esclusione) andrebbe ad intervenire.
L'art. 49, che dà libertà a tutti i cittadini di associarsi liberamente, va infatti integrato con quanto l'art. 3 "impone" alla Repubblica:
- … È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Franco Ragusa

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