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Pellicano Malinconico

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(11 Gennaio 2012) Enzo Apicella
Il sottosegretario con delega all'editoria Malinconico si dimette dopo la scoperta delle vacanze all'hotel Pellicano pagate dalla cricca del G8

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Un bis che viene da lontano

(1 Ottobre 2012)

Non c'era bisogno della sfera di cristallo per prevedere che dopo Monti ci sarebbe toccato un altro Monti. Come la lettera scomparsa di Edgar Allan Poe, era l'evoluzione solare davanti agli occhi di tutti, ma in tanti hanno preferito evitare lo sguardo della Gorgona per non restare impietriti.

Ora, però, la Gorgona ha lanciato il suo ruggito lancinante e l'irrigidimento sui volti della impolitica politicante è persino troppo evidente.

Monti si è detto “disponibile” se alcune “circostanze eccezionali” dovessero richiamarlo alla guida del paese. Immediatamente ha preso corpo lo schieramento che vuole realizzare esattamente questa condizione “eccezionale”. Casini, Fini, Montezemolo, Marchionne, i veltroniani del Pd, i pisanu-iani del Pdl, il “partito di Repubblica” e quello del “Corriere della sera”. Classe dirigente consumata che si ripropone stavolta come “mediazione politica” per la borghesia multinazionale europea, la sua “agenda”, le sue “riforme strutturali”.

Lo sconquasso dei “partiti” usciti tritati e reimpastati da Tangentopoli non potrebbe essere maggiore e non avrebbe alcun interesse politico se non lasciasse trapelare in controluce anche la neoformazione che - oggi come allora - sta prendendo corpo al loro posto. Neoformazione che non è un nuovo e sconcertante “contenitore” ma, intanto, è diventato già un'altra Costituzione. Cui seguirà, nel tempo necessario a costruirlo, un nuovo sistema politico corrispondente.

Parliamo di “nuova Costituzione” perché sono i princìpi fondamentali a venire mutati radicalmente. Dal primato del lavoro al primato dell'impresa, da un sistema della rappresentanza politica di blocchi sociali nazionali a un sistema di subordinazione “regionalizzato” rispetto a uno stato sovranazionale peraltro ancora in strutturazione (e questa resta la sua principale debolezza strategica).

L'occasione è stata voluta e cercata come una riedizione di Tangentopoli. Lo spettacolo osceno della regione Lazio in mano alla destra non rivela nulla di sostanzialmente nuovo, né quantifica “sprechi” superiori a quelli dei decenni scorsi. Ma è arrivato nel momento migliore per rendere lo smantellamento dei partiti un obiettivo in qualche modo “popolare”. Un successo talmente travolgente che persino il fantoccio costruito per “rottamarli” - Matteo Renzi – può essere ora accantonato senza nostalgie. Ci torneremo sopra, perché questa auto-rottamazione segnala la fine di un'epoca e di un modo di concepire “la politica” che ha segnato un ventennio.


I partiti non contano più nulla. Conta solo la condivisione o no dell'”agenda Monti”. Ma questo apre il problema della democrazia e della partecipazione, fin dalle ormai imminenti elezioni. Impossibile infatti presentare in campagna elettorale un programma così sanguinoso come quello che deriva dal Fiscal Compact. Ma come si legittima un “consenso” tanto presunto da non poter essere testato con il voto? I sondaggi vanno bene per scrivere un articolo di giornale, non certo per “validare” una nomina a premier.

La soluzione costituzionalmente “innovativa” consiste nel celebrare elezioni il cui risultato “deve” essere auto-bloccante. Ovvero senza alcuna maggioranza stabile possibile. Per “evitare l'ingovernabilità”, che scatenerebbe la violenta reazione dei mercati e il decollo verticale dello spread, ecc. L'investitura “democratica” sarebbe così ancora una volta di secondo grado: il Parlamento eletto dal popolo nomina un non eletto – anzi: uno che rifiuta programmaticamente di sottoporsi all'approvazione o meno del popolo – come garante verso poteri estranei, inafferrabili, incondizionabili.


Questo significa che le elezioni politiche di aprile a tutto serviranno meno che a decidere chi governa e con quale programma. Entrambe le cose sono state già decise e “il popolo” non deve metterci bocca.







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Non c'era bisogno della sfera di cristallo per prevedere che dopo Monti ci sarebbe toccato un altro Monti. Come la lettera scomparsa di Edgar Allan Poe, era l'evoluzione solare davanti agli occhi di tutti, ma in tanti hanno preferito evitare lo sguardo della Gorgona per non restare impietriti.

Ora, però, la Gorgona ha lanciato il suo ruggito lancinante e l'irrigidimento sui volti della impolitica politicante è persino troppo evidente.

Monti si è detto “disponibile” se alcune “circostanze eccezionali” dovessero richiamarlo alla guida del paese. Immediatamente ha preso corpo lo schieramento che vuole realizzare esattamente questa condizione “eccezionale”. Casini, Fini, Montezemolo, Marchionne, i veltroniani del Pd, i pisanu-iani del Pdl, il “partito di Repubblica” e quello del “Corriere della sera”. Classe dirigente consumata che si ripropone stavolta come “mediazione politica” per la borghesia multinazionale europea, la sua “agenda”, le sue “riforme strutturali”.

Lo sconquasso dei “partiti” usciti tritati e reimpastati da Tangentopoli non potrebbe essere maggiore e non avrebbe alcun interesse politico se non lasciasse trapelare in controluce anche la neoformazione che - oggi come allora - sta prendendo corpo al loro posto. Neoformazione che non è un nuovo e sconcertante “contenitore” ma, intanto, è diventato già un'altra Costituzione. Cui seguirà, nel tempo necessario a costruirlo, un nuovo sistema politico corrispondente.

Parliamo di “nuova Costituzione” perché sono i princìpi fondamentali a venire mutati radicalmente. Dal primato del lavoro al primato dell'impresa, da un sistema della rappresentanza politica di blocchi sociali nazionali a un sistema di subordinazione “regionalizzato” rispetto a uno stato sovranazionale peraltro ancora in strutturazione (e questa resta la sua principale debolezza strategica).

L'occasione è stata voluta e cercata come una riedizione di Tangentopoli. Lo spettacolo osceno della regione Lazio in mano alla destra non rivela nulla di sostanzialmente nuovo, né quantifica “sprechi” superiori a quelli dei decenni scorsi. Ma è arrivato nel momento migliore per rendere lo smantellamento dei partiti un obiettivo in qualche modo “popolare”. Un successo talmente travolgente che persino il fantoccio costruito per “rottamarli” - Matteo Renzi – può essere ora accantonato senza nostalgie. Ci torneremo sopra, perché questa auto-rottamazione segnala la fine di un'epoca e di un modo di concepire “la politica” che ha segnato un ventennio.


I partiti non contano più nulla. Conta solo la condivisione o no dell'”agenda Monti”. Ma questo apre il problema della democrazia e della partecipazione, fin dalle ormai imminenti elezioni. Impossibile infatti presentare in campagna elettorale un programma così sanguinoso come quello che deriva dal Fiscal Compact. Ma come si legittima un “consenso” tanto presunto da non poter essere testato con il voto? I sondaggi vanno bene per scrivere un articolo di giornale, non certo per “validare” una nomina a premier.

La soluzione costituzionalmente “innovativa” consiste nel celebrare elezioni il cui risultato “deve” essere auto-bloccante. Ovvero senza alcuna maggioranza stabile possibile. Per “evitare l'ingovernabilità”, che scatenerebbe la violenta reazione dei mercati e il decollo verticale dello spread, ecc. L'investitura “democratica” sarebbe così ancora una volta di secondo grado: il Parlamento eletto dal popolo nomina un non eletto – anzi: uno che rifiuta programmaticamente di sottoporsi all'approvazione o meno del popolo – come garante verso poteri estranei, inafferrabili, incondizionabili.


Questo significa che le elezioni politiche di aprile a tutto serviranno meno che a decidere chi governa e con quale programma. Entrambe le cose sono state già decise e “il popolo” non deve metterci bocca.

Questa è già un'altra Costituzione. Una Carta nata dalla non-Resistenza popolare. Almeno fino ad oggi.

Dante Barontini - Contropiano

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