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    Bersani, lo sradicatore

    (15 Ottobre 2012)

    bersanis

    Potrebbe, potrà servire da “spottone” delle sue primarie, un amarcord che sa di gnocco fritto e gutturnio che mai tramontano e sono ottimi. Eppure il ritorno al passato, qualcuno l’ha già definito vintage (termine modaiolo e radical-chic, altro che popolare) non può restituire l’identità perduta a Pier Luigi, il segretario che cerca le radici seduto sul caterpillar. Su questo metaforico mezzo è tornato alla stazione di servizio di famiglia (ah, il bel mito delle quattro ruote). Il suo caterpillar delle liberalizzazioni ha squassato a lungo il terreno di coltura e cultura di quella sinistra, sbiaditamente riformista che voleva resistere e continuare a esistere oltre ogni caduta del Muro. Meno ideologia e meno socialismo reale, ma almeno conservando un pizzico di sociale. Invece nisba. Bersani della Bassa, che fu pure gruppettaro e operaista, e come altri extraparlamentari s’è accomodato a Montecitorio per garantirsi un futuro in quell’ultimo Pci-Pds-Ds-Pd evoluzione della Cosa che ora rischia di aggregare anche tanti Cetto-la-qualunque, è stato uno dei fedeli affossatori dell’Italia che finge di rimpiangere.

    Quella coi calli alle mani (il suo papà e il nonno di sicuro) e la brillantina e soprattutto quella delle tute blu del lavoro produttivo che lottò fino a metà anni Settanta e, a sinistra, ebbe liquidatori nobili. Quando ancora il Partito si chiamava Comunista e vantava come azzeratori della classe Amendola, Napolitano, Lama. L’assottigliamento della fabbrica - fordista, nipponica o tecnologicamente avanzata che sia – parte da lì. Dagli accordi al ribasso firmati da quel sindacalismo e dalla ristrutturazione dell’economia nazionale in asettico (e finanziariamente viziato) terziario avanzato che trasformava la “Stalingrado d’Italia” in un luccicante megastore della Lega delle Cooperative. Mentre la politica consociativa - che impastava sempre più gli sfocati contorni del partito dei lavoratori aperto all’interclassismo d’imprenditori e commercianti e finanziatori mica tanto trasparenti - portava proprio a Sesto (il killer torna sul luogo del delitto) gli amministratori buoni per ogni camaleontismo.

    Così non si può piangere sui Penati versati che il ragazzo della pompa di Bettola entrato nell’establishment pidiessino aveva accanto a sé come politico di fiducia. Sì, avete capito bene, di fiducia. I magistrati sanno di che genere, come sapevano della fiducia goduta dal compagno Greganti all’epoca di Tangentopoli, e di quella manageriale di Consorte nella lottizzazione degli Istituti di Credito. Insomma un cuore né cristallino né antico che batte nel petto della Cosa-Casa-Partito oggi Democratico. Per quanto Bersani s’affanni nel rovistare negli archivi, in quali? (al Bottegone, al Botteghino, nel costosissimo loft?) quel partito non esiste più da prima che lui vi mettesse piede. In certe foto dei tempi andati c’erano Massimo (D’Alema), Fabio (Mussi), Walter (Veltroni), la propagandista Lucia (Annunziata) accanto a nonno Giorgio (Amendola). Ma Pier Luigi no.

    Bersani e altri liberisti di mercato di radici socialiste (leggiamo craxiane per non insultare Nenni), quelli che nel tempo hanno fatto stropicciare le mani dalla gioia a uno come Tramonti, arrivarono dopo. Scatenandosi negli anni Novanta con la ridda delle privatizzazioni che hanno massacrato le strutture pubbliche, dei servizi innanzitutto, e quel poco di welfare acquisito con le lotte del secondo dopoguerra e del grande Autunno caldo. Il revisionismo di ritorno che il segretario Bersani sfoggia non può rivolgerlo neppure a qualche ignaro studente di Storia o d’Economia che ha mille occasioni per contraddirlo. Non solo in base all’orizzonte degli scempi prodotti dal liberismo galoppante, ma dall’infinità di documenti e testimonianze viventi di cos’è stata la cosiddetta Seconda Repubblica. Divisa in un bipartitismo politico malato che fingeva di combattersi e unita nel liberalismo sostenuto dal centrodestra e centrosinistra. Tutti gli altri, dai venticinque ai cent’anni, possono sorridere della favola di Pier Luigi, ma purtroppo questa commedia ha risvolti tragici.

    15 ottobre 2012

    Enrico Campofreda

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