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L'amavo troppo

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L'ergastolo non serve

(7 Febbraio 2013)

INDIA Ricomincia il processo ai 5 stupratori della studentessa. Giro di vite inutile: l'80% degli stupri avviene in famiglia. Ma in Italia c'è chi vuole copiarlo

Ieri a New Delhi, è stato arrestato un uomo che ha infilato in gola un'asta di ferro a una ragazza perché resisteva alla violenza, e una settimana fa una giovane nello Uttarakhand è stata stuprata da tre uomini che l'hanno lasciata a terra con gravi lesioni all'utero, mentre lunedì una bambina di 8 anni è stata violentata nel bagno della scuola dal suo maestro, nel Madhya Pradesh.
Due giorni fa in India è cominciato il processo a porte chiuse ai 5 uomini che il 16 dicembre hanno stuprato su un bus la studentessa di 23 anni morta dopo giorni di agonia, un femminicidio che ha scosso gli indiani e ha portato il presidente, Pranab Mukherjee, ad approvare una legge che prevede anche l'ergastolo nei casi di stupro con conseguente morte della vittima, o coma prolungato, e in caso di seconda condanna per violenza sessuale o violenza sessuale aggravata. La legge, che contiene pene severe contro voyeurismo, stalking e aggressioni, ha interpretato la rabbia di chi in piazza gridava di giustiziare gli autori del femminicidio, anche se, secondo i gruppi per la difesa dei diritti delle indiane, sarà inefficace in quanto non riconosce come reato lo stupro coniugale, che è la forma più estesa di violenza in India, né i frequenti casi di politici accusati di reati sessuali.
Nel Rajasthan è morta una neonata a cui il padre ha strappato con un morso bocca e naso dopo una lite con la moglie, e malgrado l'India sia già stato classificato come uno dei paesi più pericolosi per le donne dopo Afghanistan, Congo e Pakistan - sondaggio globale di TrustLaw (Thomson Reuters Foundation) del 2011 - gli atti di violenza sono diventati un fenomeno di attualità internazionale perché le indiane si sono stufate. Qui l'80% delle donne sono vittime del marito e solo nel 2011 sono stati registrati 24.206 casi di stupro, e questa legge che punisce con l'ergastolo, non tiene conto del rapporto dell'ex giudice J. S. Verma, a capo della commissione creata dopo il 16 dicembre, che ha dialogato per mesi con la società civile. La commissione Varma aveva sollevato questioni sulla complicità delle forze dell'ordine nel commettere violenza e proteggere gli autori, e tra le altre cose chiedeva la fine dell'immunità per le forze armate, il riconoscimento dello stupro coniugale, la formulazione neutra del reato di stupro per uomini e transgender, un nuovo protocollo di esami medici e iter giudiziario, la riforma della legge sulla tratta. Kavita Krishnan, della All India Progressive Women's, ha detto che la legge è «una presa in giro» e che «tutte le raccomandazioni che potevano effettivamente colpire al cuore l'impunità, sono state eliminate».
Sull'inutilità dell'ergastolo e l'importanza di un cambiamento culturale, con eventuali norme di tutela per le donne, è la realtà a parlare, perché più gli stereotipi sono esasperati, più la violenza è feroce e la punizione vana. In Arabia Saudita, dove la pena di morte c'è, un padre (il predicatore Fayhan al-Ghamdi) è stato assolto dietro pagamento di una multa dalla violenza sessuale, la tortura con cavi e bastone, e l'uccisione di sua figlia di 5 anni, morta dopo una lenta agonia in ospedale perché il padre dubitava della sua verginità. Un reato risolto con «il prezzo del sangue» pagato al posto della pena capitale e che, essendo la vittima una femmina, è la metà di quello previsto.
Un monito questo anche nei confronti di chi in Italia propone l'ergastolo contro il femminicidio - come Giulia Bongiorno (candidata al Senato e alla presidenza del Lazio con la Lista Monti) e Mara Carfagna (candidata Pdl) - che ci farebbero tornare indietro di secoli.

Luisa Betti, il manifesto

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