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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
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L'intervento di Alessandro Giardiello al Cpn del Prc (9-10 marzo 2013)

(13 Marzo 2013)

Lunedì 11 Marzo 2013 16:49

Compagni,

discutiamo di una sconfitta elettorale terribile, ma esiste un pericolo ancora più grave: mandare un messaggio che rischia di disorientare i nostri militanti, rimandare il congresso a dicembre nonostante le dimissioni del gruppo dirigente.

Per giustificare questa scelta il segretario ha proposto una lunga lista di questioni che devono essere analizzate, sono 20 anni che se ne parla senza che si siano mai affrontate seriamente, ma lo si farà ora.

Nel frattempo la segreteria nazionale ha proposto di trasformare Rivoluzione Civile in un progetto politico, a prescindere dal disastro elettorale. Su queste basi non possiamo considerare le dimissioni una cosa seria.

Dagli interventi che ho ascoltato questa mattina molti compagni si sono mostrati sorpresi per il risultato elettorale, pensavano che il quorum fosse praticamente certo.

Di fatto il raggiungimento del quorum è l’unico argomento che è stato dato per respingere la proposta che avevamo avanzato, di una lista rossa, anticapitalista, dove Rifondazione Comunista fosse in campo, in una campagna aperta e di massa.

Nel Cpn si è detto che Rivoluzione Civile aveva un ottimo programma. Qualcuno se ne è accorto? In nessun momento Ingroia ha centrato la campagna elettorale sulle risposte alla crisi e i temi del lavoro.

Se una sinistra di alternativa non è in grado di dare risposte sui temi sociali, quando una crisi come questa stritola le classi popolari, è una sinistra che non ha senso di esistere.

In questa campagna elettorale il signor Ingroia ci ha parlato un altro linguaggio, quello degli onesti, dei giusti, il partito delle manette… senza che emergesse il programma sociale della lista.

Secondo il segretario abbiamo perso le elezioni nel corso della campagna elettorale e non prima anche se subito dopo ha fatto riferimento alla disgraziata esperienza del governo Prodi. Da questo punto di vista il bilancio del gruppo dirigente da Chianciano ad oggi è stato fallimentare.

A Chianciano si era detto di ripartire da Rifondazione Comunista, la realtà è che dal 2006 il partito non presenta il proprio simbolo in una competizione elettorale. A piccoli passi è stata portata avanti la stessa linea liquidatoria che difendevano i bertinottiani.

È impensabile che un gruppo dirigente che crede nel rilancio di un progetto comunista, all’interno della crisi più grave del capitalismo in 70 anni, non abbia avuto la forza, il coraggio, la decisione per presentarsi ai lavoratori con la propria identità e il proprio simbolo.

Le alleanze sul piano elettorale, sociale e politico sono necessarie ma bisogna finirla con i contenitori per passare ai contenuti.

Si è creduto che le nostre differenze con Diliberto e l’Italia dei Valori fossero risolte dal Pd che non era disponibile ad accordarsi con queste forze. Il risultato si è visto drammaticamente in campagna elettorale: abbiamo consegnato le chiavi del partito a Ingroia che oltre a un notevole analfabetismo politico ha mantenuto una linea di totale subalternità al centrosinistra.

Quanti elettori ci hanno chiesto in che lista era Rifondazione comunista? E quale è stata la reazione di molti di loro quando scoprivano che stavamo con Ingroia?

La lista non si è caratterizzata né per essere una lista chiaramente di sinistra, né per essere una lista anti-sistema. E in mancanza di un’alternativa di classe, l’istinto popolare e di massa è stato quello di votare Grillo, visto nel contesto dato come il modo più immediato per colpire il sistema.

Ritengo che presentare il grillismo come una nuova forma di fascismo sia un errore. Grillo ha occupato uno spazio lasciato libero a sinistra

Siamo in una crisi di sistema, economica e politica in cui le classi dominanti rischiano di perdere il controllo, come dimostra anche l’insuccesso della lista Monti.

Le responsabilità della nostra sconfitta non sono oggettive ma soggettive. In tutta Europa la crisi sta producendo una crescita delle sinistre d’alternativa.

Ci sono compagni che spiegano i nostri insuccessi con il sistema elettorale maggioritario o il ruolo delle burocrazie sindacali, problemi che certamente esistono, ma i sistemi maggioritari agiscono anche in altri paesi e le burocrazie sindacali non sono poi così diverse nel resto d’Europa.

È necessario invece partire da noi.

Il segretario disse in un Cpn che preferiva stare in ginocchio e continuare a vivere piuttosto che morire in piedi come gli proponevamo noi. I risultati però sono sotto gli occhi di tutti.

Se fossimo andati alle elezioni con la nostra identità e il nostro simbolo, forse non avremmo raggiunto lo stesso il quorum ma saremmo oggi in una condizione molto migliore per costruire il nostro progetto anticapitalista.

Pensiamo sia un dovere di questo gruppo dirigente, di rispetto verso i militanti, convocare al più presto il congresso. Più che chiederlo francamente lo esigiamo.

FalceMartello

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