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Cantiere Italia

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(17 Novembre 2010) Enzo Apicella
Presentato il report Inail: gli omicidi sul lavoro nel 2009 sono stati 1021

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(Di lavoro si muore)

OGGI SONO 10 ANNI!

(12 Giugno 2013)

Il 12 Giugno del 2003 morirono all'Ilva di Taranto per il crollo di una gru, assassinati
dal profitto di padron Riva, i giovani operai Paolo Franco e Pasquale D'Ettorre.

Dopo le tanti morti del periodo dell'Ilva/Italsider pubblica, Paolo e
Pasquale aprirono la tragica stagione delle morti della nuova giovane
generazione operaia che è continuata fino ai mesi scorsi con le morti di
Claudio, Francesco, Ciro.
Una nuova generazione, allora, assunta - come staffetta con i loro padri -
da Riva; una nuova generazione che era entrata piegando la testa e che
doveva lavorare dicendo sempre sì ai capi. A questi giovani operai i "padri"
non gli trasmisero una memoria di lotta e di ribellione, che pur vi era
stata nei decenni passati, ma al massimo le regole su come lavorare bene e
in sicurezza.
Ma senza ribellione e lotta non si potevano salvare le vite degli operai.
Lo capì sulla propria pelle anche il padre di Paolo Franco che aveva
"riempito la testa" del figlio sulle norme di sicurezza, ma non gli aveva
insegnato una sola cosa necessaria: la giustezza di fronte a lavori a
rischio di dire NO!
Ma allora, per l'azione dello Slai cobas per il sindacato di classe e di
alcuni, pochi, tenaci operai dell'Ilva primo tra tutti Cosimo Semeraro,
nella tragedia cominciò a spuntare un "fiore".
Per la prima volta a degli assassini operai, si rispose a Taranto e poi a
livello nazionale non solo con le lacrime e la rabbia impotente ma con
l'azione per rendere concrete le parole d'ordine "BASTA MORTI SUL LAVORO" -
"SI LAVORA PER VIVERE NON PER MORIRE!".
Per la prima volta i familiari degli operai uccisi, con alcuni operai
dell'Ilva, cominciarono a organizzarsi. Si costruì a Taranto il "Comitato 12
Giugno". Unendo in questo e attorno ad esso anche avvocati, artisti,
giuristi, ispettori del lavoro, democratici, compagni e compagne di lotta,
Per la prima volta, grazie ad "Attricecontro" di Roma, con il toccante
spettacolo, costruito insieme ad operai e familiari dell'Ilva, "Se questo è
un operaio - viaggio nell'inferno dell'Ilva", venne portata sulla scena di
teatro la verità della condizione operaia di sfruttamento, di subordinazione
ai capi, di oppressione, controllo/ricatto in una fabbrica come l'Ilva che
sta dietro la morte degli operai - uno spettacolo che ancora oggi dopo anni
gira in tante città d'Italia.
Per la prima volta l'Ilva con il suo carico di morti per infortunio,
malattia fu portata come uno "schiaffo" a livello nazionale e anche
internazionale, e ruppe il complice silenzio di governi, Stato, mass media,
sindacati confederali.
Per la prima volta con il costante lavoro dello Slai cobas e del "Comitato
12 Giugno", con altre realtà operaie e di familiari di altre città, in
particolare gli operai della ThyssenKrupp di Torino, si mise sù la Rete
nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro - diventata poi "Rete
nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori" con
l'emergere sempre più forte delle micidiali ricadute sulle popolazioni dei
territori della logica padronale di profitto contro la vita, la salute,
l'ambiente.
E la Rete ha dato vita alle uniche manifestazioni nazionali (oltre quelle,
tante, locali e specifiche che si sono fatte e si fanno), all'unità
necessaria delle realtà di fabbrica come dei territori, degli operai come
dei familiari, dei lavoratori come di esperti, di democratici, avvocati,
ecc. - e a Taranto dalla manifestazione del 9 aprile 2009 a quella recente
del 22 marzo 2013.
NOI QUESTO 12 GIUGNO VOGLIAMO RICORDARE E RENDERE VIVO.
IL 12 GIUGNO DEGLI OPERAI, E DI TUTTI COLORO CHE VOGLIONO DIRE - E FARE:
BASTA CON IL PROFITTO DEI PADRONI SULLA VITA DEGLI OPERAI E DELLE MASSE
POPOLARI.
Questa data, purtroppo, è stata poi di fatto consegnata alle istituzioni, ai
preti, arcivescovi, ai rappresentanti delle Forze dell'ordine - che per 364
giorni non fanno nulla e sono o complici col loro silenzio, o direttamente
responsabili della morti in fabbrica e dopo della mancanza di giustizia.
I padroni, come Riva, dovevano già stare in galera, se non ci fossero
governi i cui rappresentanti sono arrivati a dire che le morti sul posto di
lavoro sono da mettere in conto negli inevitabili costi della produzione, se
non ci fosse parte della magistratura (sì, questa di Taranto tanto osannata
da alcuni ambientalisti) che nei processi, come quello per Franco e
Pasquale, ma come quello per Antonino Mingolla, e tanti altri, negasse
palesemente giustizia, limitandosi al massimo a condannare i capetti per
pochissimi anni (e in questi casi non abbiamo sentito neanche il Proc.
Sebastio dire qualcosa).
Noi abbiamo molto rispetto per Cosimo Semeraro per la sua coerenza, tenacia,
determinazione a mantenere, spesso anche da solo, sempre alta la memoria del
12 Giugno. Ma questa data deve tornare prima di tutto agli operai, anche se la
situazione non è affatto facile.
Nello stesso tempo, noi non pensiamo che per i proletari le morti siano
tutte uguali, pur se avvengano in servizio. Vi sono morti più leggere di una
piuma - come quelli di chi cade nelle missioni militari all'estero al
servizio di uno Stato che va solo per difendere gli interessi imperialisti
contro le popolazioni di quei paesi - e morti più pesanti di un macigno -
come quelle degli operai che producono ricchezza e devono anche "donare" il
loro sangue per questi padroni.
NOI QUESTE MORTI OPERAIE VOGLIAMO RICORDARE E RENDERE SEMPRE PIU' VIVE PER
TRASFORMARLE IN RAGIONI DI LOTTA PER CAMBIARE/ROVESCIARE DA CIMA A FONDO
QUESTO SISTEMA CAPITALISTA DI SFRUTTAMENTO E MORTE.

Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e sui
territori - nodo di Taranto

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