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Addio, porcellum

Addio, porcellum

(1 Ottobre 2011) Enzo Apicella
Oltre 1.200.000 firme per il referendum abrogativo della legge elettorale Calderoli del 2005, il cosidetto "porcellum"

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    OMOGENEITA' CULTURALE E IMPOSSIBILITA' DEL BIPOLARISMO

    (28 Giugno 2013)

    OMOGENEITA’ CULTURALE E IMPOSSIBILITA’ DEL BIPOLARISMO
    Quanto durerà il governo Letta? Considerate le forti fibrillazioni alle quali è sottoposto, per diversi motivi, l’intero sistema politico italiano, la domanda appare più che legittima e i pronostici quanto mai difficili.
    Eppure non si tratta della domanda giusta che, invece, dovrebbe essere riformulata in questo modo: quali prospettive ha il “modello” di cultura politica cui si ispira il governo Letta, in una visione di cambiamento del sistema?
    In questo caso la risposta può risultare sufficientemente precisa: altissime probabilità di affermazione, almeno nel medio periodo.
    Anche perché si tratta di un modello che si è ormai insediato nella mentalità di gran parte degli operatori politici ed ha già avuto una sua prima sperimentazione (sia pure di diversa intensità e qualità) con il governo Monti: il modello che Ilvo Diamanti ha definito “democrazia degli ottimati”.
    Qualcuno obietterà tirando in ballo la presunta debolezza di questo tipo di governo: ebbene sarà facile rispondere che proprio questa debolezza (e la tattica del rinvio assunta come metodo) rappresentano un vero e proprio punto di forza, con una sua ragione fondamentale: l’impossibilità di un’espressione bipolare del sistema italiano a livello centrale (come invece è possibile a livello locale). L’affermazione, nel medio periodo irreversibile, di una nuova forma di “pluralismo polarizzato” (derivante anche dall’adozione di un certo tipo di sistema elettorale, che non potrà essere modificato nel senso del ritorno – appunto – a una possibilità di offerta politica “bipolare”) rappresenta una sorta di “camicia di Nesso” che imprigiona gli attori politici presenti nella nostra arena, costringendoli in una qualche misura ad assumere gli atteggiamenti cui stiamo assistendo proprio sul terreno di quelle che sono state definite “larghe intese”.
    Esistono però motivazioni molto più profonde, poste proprio nel campo di un’espressione di cultura politica, che rendono e renderanno stabile questo incontro “al centro” tra i due “storici” competitor della fase apparentemente bipolare sviluppatasi nel primo decennio del 2000 .
    Motivazioni che risiedono nell’evidente emergere di un vero e proprio dato di omogeneità culturale, almeno tra il “grosso” del notabilitato già di centrosinistra e del suo omologo già di centrodestra (tanto per usare una datata toponomastica politica e rendere, così, più intellegibile il discorso all’esterno).
    Sul piano della dinamica di periodo saranno due i punti sui quali si verificherà questa espressione di omogeneità nel tentativo, considerata presumibilmente l’eventualità dell’uscita di scena del “protagonista storico” del periodo che è trascorso dal 1994 a oggi, di chiudere l’infinita “transizione italiana”:
    1) Il mutamento della forma di governo e l’adozione del presidenzialismo (in quale formato si vedrà: al momento sembra favorito il modello francese, al riguardo del quale però dovranno essere svolte ancora accurate riflessioni). Il presidenzialismo sembra proprio essere ritenuto quel punto di cultura politica che può suggellare quel dato di omogeneità cui si faceva già ampio cenno e la forma di governo più adatta alla fase storica, sulla base della quale costruire un nuovo regime (nell’accezione piena, non semplicemente dispregiativa) del termine. Ciò per almeno tre motivi: il primo quello della previsione dell’insorgere di una fase d’intense turbolenze sociali (prive del resto, pressoché completamente, di referenti politici: anche per scelta delle stesse più importanti espressioni di movimento che appaiono essere in grado di provocare le più forti insorgenze ) che dovranno essere affrontate con una dose ulteriore di autoritarismo al di là dei meccanismi repressivi già in atto. Autoritarismo che può trovare una sua fonte di legittimazione soltanto dall’espressione di un potere di tipo monocratico; il secondo motivo è quello della suffragazione definitiva della personalizzazione e dell’individualismo competitivo (che il PD, partito di pieno regime correntizio, ha ritenuto istituzionalizzare attraverso il ricorso alle “primarie” in una misura pressoché generalizzata, sia per le cariche elettive, sia per quelle di partito). Personalizzazione e “individualismo competitivo” rappresentano il fondamento di questa comune cultura di governo, tra le espressioni di quelli che dovrebbero essere diversi schieramenti; il terzo motivo è quello di un’altrettanta comune visione della democrazia fondata sull’intreccio tra una “democrazia governante” all’interno della quale si agisce sulla base di una completa separatezza tra governanti e governati (hanno impressionato, proprio in questi giorni, le “distaccate” analisi sviluppate dal prof. D’Alimonte al riguardo del vistosissimo calo nella partecipazione al voto nelle elezioni amministrative) e la cosiddetta “democrazia del pubblico” laddove cittadine e cittadini, magari via web, sono “consultati” su specifiche questioni (mai collegate tra loro in una visione di progetto generale) e chiamati, così, ad assistere a una sorta di “evento della politica”. Si realizzerebbe, in questo modo, una sorta di cocktail micidiale tra le teorie di Licio Gelli e quelle di Gian Roberto Casaleggio. Uno scenario inquietante, non c’è che dire, almeno per i sinceri democratici;
    2) Il secondo punto sul quale si verificherà la consistenza di questa omogeneità di nuovo conio tra ex-centrodestra ed ex-centrosinistra sarà quello della questione europea: e bene lo vedremo all’opera nella campagna elettorale per il Parlamento Europeo, prevista per la primavera del 2014. Entrambi gli schieramenti si troveranno nella condizione di sviluppare la competizione elettorale attorno ad un punto in comune (poi gli accenti propagandistici saranno diversi, figuriamoci): quello dell’appoggio indiscriminato a questa Europa, a “queste” istituzioni europee, a “questa BCE”, a “questo” monetarismo, a “questa” volontà capitalistica, che proprio a livello europeo sta esprimendosi al meglio, di soffocamento economico e di repressione politica delle grandi masse popolari. Si tratterà di un punto in comune di formidabili proporzioni sul piano politico, il vero e proprio momento di suggello dell’apertura di una nuova fase.
    Dal nostro punto di vista la necessità di costruzione di una “voce fuori dal coro” appare urgente e ineludibile: una espressione di opposizione e di alternativa, posta proprio sul piano europeo in una dimensione assieme internazionalista e sovranazionale.
    L’espressione concreta, per dirla con uno slogan riassuntivo magari un po’ usato ma sempre valido : un’altra Europa.
    Per riuscire nel concreto a muoversi in questa direzione è obbligatorio metterci al lavoro per costruire una adeguata cultura politica: basata, però, su di una “visione del mondo”, non sui dettagli di pur sacrosante specificità rivendicative o territoriali.
    Una sinistra d’alternativa e d’opposizione che sappia “volare alto” sia rispetto all’espressione di una teoria del cambiamento, sia nella quotidianità della lotta di difesa nella società e nella politica.

    Franco Astengo

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