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Ventiquattro ore senza di noi

Ventiquattro ore senza di noi

(1 Marzo 2010) Enzo Apicella
Sciopero generale dei lavoratori migranti

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(L'unico straniero è il capitalismo)

In fabbrica non si lavora, è boom di colf e badanti

(16 Luglio 2013)

Cresce la disoccupazione anche tra i lavoratori immigrati, in particolare nell’industria e nell’edilizia, mentre si conferma l’aumento della richiesta di colf, badanti e lavoratori domestici nel «terziario povero». Chi tra loro ha un lavoro raramente supera una media di 900 euro di stipendio mensile. È la fotografia scattata dal terzo rapporto sulla condizione occupazionale degli immigrati che è stato presentato ieri dal ministro del Lavoro e del Welfare Enrico Giovannini al Cnel a Roma. Nel 2012 il tasso di disoccupazione complessivo era pari al 14,1%, quattro punti superiore rispetto a quello degli italiani nello stesso periodo, pari a 385 mila stranieri disoccupati, di cui 120 mila comunitari e 265 mila extra-comunitari. L’incremento più alto è stato registrato dal 2011 (+2%), ma la tendenza si è ormai consolidata dal 2008. primo anno della recessione, e ha colpito l’industria (-2,8%) e l’edilizia (-3,1%), settori dove lavorano circa 770 mila stranieri su un totale di oltre 2 milioni e 300 mila di stranieri. La popolazione residente complessiva sarebbe di 3,6 milioni di persone.

Considerando il triennio della crisi 2010-2012, il numero degli stranieri disoccupati è aumentato di 107 mila unità, 35 mila comunitari e 72 mila extra-comunitari. Questo andamento dev’essere contestualizzato rispetto alla media dei paesi europei del 17,6%, +5,6% dal 2008. La percentuale degli stranieri occupati in Italia è relativamente bassa, siamo poco sopra il 13%, mentre è nettamente superiore ad esempio in Germania (il 20,3% dove l’occupazione è aumentata del 2,3%). Il record della disoccupazione è in Spagna: + 50% dall’inizio della crisi. Nel 2012 i disoccupati ufficiali tra gli stranieri erano il 36,1%. La perdita di questi posti di lavoro non è un fenomeno transitorio e costituisce un ostacolo in più all’integrazione. In Italia lo si vede dai dati sulla retribuzione media che penalizzano gli stranieri più degli italiani. Nel 2012 percepivano 968 euro, contro 1304 euro degli italiani (-336 euro). Nel 2008 la differenza tra le retribuzioni nette mensili era di 266 euro. L’allarme lanciato dal ministero riguarda la disoccupazione maschile, 123 mila in più, un elemento che rischierebbe di provocare «una forte destabilizzazione sociale per tutte le comunità straniere». Una valutazione antropologica tutta ancora da spiegare, dovuta probabilmente all’idea che gli occupati residenti disoccupati vivano in famiglie patriarcali. La disoccupazione del maschio capofamiglia, quello che porta il pane a casa («breadwinner» lo chiamano gli inglesi), provocherebbe una crisi di identità del nucleo familiare. Cosa che non avverebbenel settore dei servizi alla cura della persona ad alto tasso di lavoro femminile che ha conosciuto un boom occupazionale. Secondo il ministero questa sarebbe la prova di una trasformazione in atto nella domanda di lavoro immigrato: dall’industria e dall’edilizia si starebbe spostando verso il terziario «povero», il lavoro autonomo e quello nei servizi

Nel 2012, colf badanti e lavoratori a domicilio sono aumentati di 83 mila unità. Su un totale di 982.975 occupati, quasi la metà (467.565) è extra-comunitario e si concentra nel Nord-ovest (36,1%). Gli ucraini sono il gruppo nazionale più numeroso (22,9%). Cresce anche il lavoro precario e stagionale nell’agricoltura con 11 mila occupati in più, di cui 8 mila comunitari, mentre sempre più stranieri aprono un’attività nel commercio e nell’artigianato. Gli autonomi extra-comunitari che lavorano con un’impresa individuale sono oltre 302 mila. Nella maggioranza si occupano di commercio (43,7%) e di edilizia (24,7%), turismo, ristorazione o servizi alle imprese. Secondo i dati Inps, il gruppo più numeroso tra gli autonomi è quello degli artigiani (119 mila) e si concentrano in Lombardia, Emilia e Toscana. Seguono 159 mila commercianti. Il 18% di loro lavora in Lombardia

Roberto Ciccarelli – il manifesto

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