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(Lotte operaie nella crisi)

Con la lotta avete strappato un accordo dignitoso.
Ma state in guardia: il conflitto con Fincantieri non è finito. Anzi!

(27 Agosto 2013)

Volantino distribuito ieri ai lavoratori Fincantieri e degli appalti

Lavoratori, lavoratrici,
a giugno quasi nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sulla possibilità di fermare, almeno in parte, l'attacco a 360 gradi del padrone di stato Fincantieri su orari (e, di conseguenza: salari), cassa integrazione, mensa, flessibilità, cottimo individuale, funzione della Rsu e quant'altro. Bono & C. si erano presentati allo scontro forti dell'acquisizione della Vard, dell'appoggio di stampa, tv e governo, sicuri di poter disporre, all'occorrenza, delle intimidazioni dei padroncini e capicantiere delle ditte e di quelle della polizia. Si sentivano forti anche degli accordi nazionali e locali (vedi Ancona) sottoscritti da Fim-Fiom-Uilm che, in sostanza, davano mano libera all'azienda su organizzazione del lavoro, ricorso alla cassa integrazione e licenziamenti, seppur con la formula dell'"accettazione" dei singoli lavoratori.
Da questa posizione di forza l'azienda vi ha presentato un vero e proprio diktat: "O ingoiate il veleno [un veleno di nome flessibilità] o spostiamo la Viking Star e avviamo la crisi, se non la chiusura, del cantiere". Un ricatto brutale, teso a generare paura, specie in tempi di disoccupazione dilagante. Questi "signori", però, non avevano messo in conto la risposta di lotta degli operai e di quella parte degli impiegati che non accetta di fare il leccapiedi del padrone a vita. Questa risposta c'è stata: spontanea, energica, compatta, ben diretta dai delegati più tosti della Rsu. Ed è stata capace anche di rivolgersi fuori dal cantiere (cosa della massima importanza). Si deve solo ed esclusivamente alle 44 ore di sciopero, ai picchetti operai dei sabati e delle domeniche, e alla solidarietà che i lavoratori Fincantieri di Marghera hanno ottenuto dagli operai degli appalti e da molteplici gruppi di lavoratori e di compagni, perfino dall'estero, se è stato strappato un accordo dignitoso, onorevole, assai lontano dalle posizioni iniziali dell'azienda.
Noi condividiamo in pieno la soddisfazione e l'orgoglio di quanti sono stati in prima fila nella lotta per aver fatto abbassare la cresta a Bono e ai suoi scagnozzi, e per avere svergognato i sindacalisti più servili verso Fincantieri. Ma ogni forma di trionfalismo, come quella mostrata – ad esempio – dalla Fiom provinciale, è fuori luogo. Bisogna, al contrario, stare bene in guardia dalle future mosse d'attacco del padrone, per le seguenti ragioni.
Primo: come in tutti gli accordi tra capitalisti e lavoratori, che hanno interessi contrapposti, anche in questo accordo ci sono elementi non del tutto chiari, che saranno oggetto di nuovi conflitti. C'è anzitutto il problema della compensazione salariale per gli 80 lavoratori coinvolti nel 6x6. Si è parlato e si parla di passaggi di qualifica: ma è indispensabile sia definito quanti saranno, quando avverranno, e cosa sarà di quei casi in cui questa forma di compensazione non avvenga. Ciò che non si può accettare è che l'azienda proceda in modo unilaterale e selettivo; o che i lavoratori interessati subiscano, in un modo o nell'altro, una decurtazione del salario. Una seconda questione da definire è la durata dell'adozione del 6x6: nell'accordo c'è la scadenza del 20 dicembre 2013. Questa dev'essere la scadenza finale, e non può essere invece – come ha in mente l'azienda – la fine del periodo di prova per poi passare all’applicazione del 6x6 a tempo indeterminato in tutto il cantiere. Un'altra questione non da poco rimasta appesa è quella del ricorso alla cassa integrazione: un primo attacco (le 34 lettere di luglio) è stato respinto, ma sarebbe da polli illudersi che Fincantieri non ci riprovi. È necessario, perciò, essere categorici su questo punto – zero cassa integrazione, ora e sempre! – e premere perché l'azienda traduca in fatti concreti la (vaga) promessa di allargare, anziché ridurre, gli organici.
Secondo: com'è noto, attraverso Fintecna e la Cassa Depositi e Prestiti, Fincantieri fa capo al governo. Non si sa se il governicchio Letta-Berlusconi resterà in piedi oppure no, ma è certo che nelle sedi internazionali Letta ha promesso di procedere alla privatizzazione di Fincantieri – obiettivo che aveva cercato invano di realizzare nel 2007-2008 con il governo Prodi. Questa promessa va presa sul serio. Infatti, come ogni altra privatizzazione, essa porterebbe a un ulteriore, grave peggioramento delle condizioni lavorative e salariali in nome delle "sacre leggi del mercato", ossia dello sfruttamento capitalistico. Essa va quindi respinta con la massima decisione.

Lavoratori, lavoratrici,
è giusto tirare un respiro di sollievo, dopo mesi di lotta, per il pericolo scampato e per la prova di forza data, ma non è assolutamente il caso di abbassare la guardia. La mobilitazione di questi mesi ha dimostrato ai lavoratori, a e oltre la Fincantieri, qual è il vostro potenziale di lotta. Questa consapevolezza è il punto da cui ripartire. È da voi che deve venire la spinta per rilanciare il coordinamento tra i cantieri come un vero coordinamento operaio di lotta che fronteggi i futuri attacchi del padrone di stato e del governo. Un tale coordinamento deve opporsi ai tentativi di contrapporre cantiere a cantiere, operai a impiegati, lavoratori diretti a lavoratori degli appalti, e deve mirare a creare delle reti di solidarietà con le lotte dei lavoratori della cantieristica a livello internazionale, opponendosi a una concorrenza al ribasso che è oggi quanto mai globalizzata.
Ma non si tratta solo della Fincantieri, della cantieristica e di questioni sindacali. Per difendere e consolidare quanto si è ottenuto è necessario continuare il percorso già iniziato in questi mesi e sforzarsi di superare le mura del cantiere, aprendosi al resto della classe lavoratrice e affrontando, anche a partire dal livello locale, l'insieme degli assalti che, giorno dopo giorno, stanno erodendo le nostre condizioni di vita e di lavoro. Solo iniziando un percorso di reale unificazione della classe lavoratrice – di occupate/i e disoccupate/i, più o meno precari, native/i e immigrate/i – sarà possibile affrontare la tempesta sociale che ci sta aspettando, al di là di tutte le chiacchiere sulla "ripresa in vista".
È questa la direzione in cui continuerà a intervenire il nostro Comitato, che mira a favorire il collegamento tra le lotte suscitate dalla crisi a livello nazionale e internazionale. L’accordo decoroso strappato a Fincantieri è un segnale non solo della necessità, ma anche della possibilità concreta che i lavoratori uniscano le proprie forze e si battano per la difesa delle proprie condizioni di lavoro e di vita, e della propria dignità. Ecco perché, anche se questa battaglia è stata ben condotta, non possiamo permetterci di abbassare la guardia!


Marghera, 26 agosto 2013

Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri

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