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Rottamazioni d'oro

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    Roma, quartiere Trionfale: nasce la Camera del lavoro metropolitano

    (5 Ottobre 2013)

    Quando si entra nella Casa del Popolo – in piazzale degli Eroi, nel bel complesso costruito dall’Istituto Case Popolari negli anni 1919-22 – ci si aspetta di trovare l’iconografia tradizionale del movimento operaio. E’ il nome del luogo, legato a modalità storiche del radicamento territoriale della sinistra italiana, che lo fa pensare. Ora, alcuni segni che rimandano alle proprie, ben salde radici ci sono. Ma coesistono con la volontà delle molte soggettività che animano il posto, di reinventarsi. Di definire, in particolare, gli strumenti necessari per favorire l’aggregazione proletaria oggi. Lo testimonia l’oggetto di questa conversazione con Luca Franchi: l’apertura, l’8 ottobre, della Camera del lavoro metropolitano.

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    Intanto ci potresti spiegare cosa vi ha portato a questo passaggio?
    Sì. Direi di partire da una constatazione. Attualmente, nella fascia nord-ovest della capitale l’attività politica “a sinistra” è scarsa. Ma per vivacizzare la situazione è necessario, secondo noi, ripartire dal sociale. Perciò ci siamo ispirati all’esperienza dei vari sportelli di consulenza sul lavoro che si trovano in diversi spazi occupati, come l’Alexis, sulla via Ostiense.
    Perché il cardine di tutto, sarà proprio la presenza di un avvocato esperto in diritto del lavoro.

    Quale sarà il vostro raggio d’azione?
    Premetto che noi vogliamo rivolgerci alla gran parte del quadrante nord-ovest della città. Che presenta, come è noto, una varietà sociale che ha pochi riscontri nel resto di Roma. Questo quartiere, il Trionfale, negli ultimi decenni ha subito notevoli cambiamenti sul piano sociale, in quanto le case popolari sono state in larga parte vendute. Diciamo che oggi è una zona prevalentemente popolata dal ceto medio. Poi vi è Monte Mario, che presenta sia parti molto borghesi che aree più popolari. Nonché Primavalle, che mantiene ancora oggi la sua connotazione fortemente proletaria. Diciamo che lo specifico di questa vasta porzione della città è proprio il continuo passaggio da situazioni di pesante disagio sociale ad aree contraddistinte da un estremo benessere.
    Noi stiamo facendo una mappatura di tutti i luoghi dove intervenire: si va dai centri commerciali – dove i nostri soggetti sociali di riferimento comprano e vivono una qualche forma di “socialità” – ai luoghi di lavoro, come quei cantieri edili che abbondano nelle zone più periferiche, tra cui le borgate Ottavia e Palmarola (in uno di questi cantieri, il mese scorso vi è stato un incidente grave, seppur non mortale, che ha avuto risalto sulla stampa locale).

    Sappiamo che da voi c’è un ambito politicamente composito. Quali sono i soggetti che animeranno concretamente la Camera del Lavoro?
    Oggi, alla Casa del Popolo sono attive persone appartenenti a diverse realtà: il Collettivo Tanas (che è un’esperienza giovanile), il Coordinamento dei Lavoratori Autoconvocati, i Comunisti Uniti e non solo. Tra di noi c’è un forte scambio, ma naturalmente i diversi percorsi non sono perfettamente sovrapponibili. Proprio perché qui si trova un contesto politicamente variegato, che non ricerca forzate omogeneità ma si propone di costruirle nella quotidianità, ci è stato facile convenire sulla definizione di qualcosa che può favorire la creazione d’una rete sociale territoriale, che diventi parte di una più ampia rete cittadina, già in costruzione.

    A quale ambito cittadino ti riferisci?
    A quello che si riconosce nella Piattaforma per il reddito di base e i diritti. E’ un’esperienza composta da diverse realtà (Officine Zero Casalbertone, Esc, Astra, L.O.A. Acrobax ecc.), che si incontrano periodicamente nel già citato Alexis occupato. Noi ci siamo riconosciuti in questo percorso perché non corrisponde al tradizionale inter-gruppi, rinviando invece alla definizione di una carta d’intenti tra tutti coloro che, mantenendo le proprie specificità, intendano muoversi contro la crisi.

    Questa piattaforma, tuttavia, è molto caratterizzata. Il suo punto centrale, l’idea di un reddito di base incondizionato (da non confondersi con il tradizionale sussidio di disoccupazione) suscita da anni discussioni nel movimento…
    Va però precisato che la Piattaforma include anche altro, ossia tutto ciò che è riferibile ai bisogni storici dei soggetti proletari: casa, reddito, sicurezza sul lavoro, riduzione dell’orario di lavoro. Il fatto che i punti siano molti non rinvia alla volontà di delineare la consueta “lista per la spesa”. Il fatto è che dopo un ventennio di scomposizione di classe - con una diversificazione delle tipologie contrattuali e delle condizioni di lavoro senza precedenti e con una fascia sempre più ampia che è ormai perennemente esclusa dal lavoro – il proletariato metropolitano si presenta come una realtà composita come non mai. Per abbracciare tutti gli strati che lo compongono, c’è bisogno di fare riferimento ad una grande vastità di temi e problemi. E l’idea di un reddito di base incondizionato può fare breccia più di parole d’ordine tradizionali, oltre al fatto che se si riuscisse ad ottenere una copertura economica a prescindere dalla prestazione lavorativa, si potrebbe muovere da una posizione meno debole, quando al lavoro vero e proprio si approda.
    Ad ogni modo, punti della piattaforma a parte, a noi quello che interessa maggiormente in questo percorso è la spinta a costruire comitati territoriali di lavoratori e disoccupati contro le politiche di austerity.

    Come si passa, secondo voi, dal fornire una assistenza legale all’organizzare un comitato siffatto?
    E’ chiaro che ci saranno persone che si limiteranno a fruire di una consulenza perché hanno problemi col datore di lavoro o perché non ricevono il sussidio di disoccupazione. Ma già quando viene, poniamo, uno che rappresenta più persone che lavorano, in condizioni di estrema precarietà, in un call center, si può fare un salto di qualità e cercare di costruire una vertenza. In questo caso, all’avvocato si affiancano i militanti, che mettono a disposizione la propria esperienza al riguardo. Poi, con queste stesse persone – o con alcune di loro, rivelatesi più sensibili – si può cominciare a sviluppare un discorso a 360 gradi, che comprenda tutte le questioni (casa, trasporti ecc.) attorno a cui si gioca la qualità della vita nella metropoli. E’ da questo confronto che possono nascere i comitati cui ci riferiamo.
    Ad ogni modo, coloro che si limitano a beneficiare dell’assistenza legale, comunque ci offrono uno spaccato del territorio, delle figure sociali che lo attraversano e delle loro domande. Ossia, i dati di cui abbiamo bisogno per definire meglio le nostre forme d’intervento.

    Avete previsto delle iniziative specifiche per il lancio della Camera Metropolitana del Lavoro?
    In verità la Camera già parte l’8 ottobre, mantenendo l’appuntamento fisso ogni martedì dalle 17 alle 20. Ma a breve giro faremo una iniziativa di finanziamento, così da raccogliere fondi per lo sportello, nonché un confronto con esponenti di tre importanti espressioni del sindacalismo di base (Cobas, Cub, Usb). In quella sede vogliamo mettere a fuoco i termini del conflitto capitale/lavoro in Italia e anche valorizzare lo spirito unitario che si è delineato attorno allo sciopero del 18 ottobre.

    Il 18 ottobre, appunto…sarete in piazza a Roma?
    Sì, come realtà che si vedono alla Casa del Popolo abbiamo già fatto diverse uscite – con volantinaggi e attacchinaggi – e non solo rispetto al 18, ma anche in relazione al 19 ottobre. Noi condividiamo quanto espresso da un compagno dell’USB in una recente assemblea romana. Le due date sono intimamente legate perché, da angolazioni diverse, si pongono lo stesso obiettivo di rendere meno precarie le nostre esistenze. Nella prima si muoverà dalla difesa del salario diretto, nella seconda da quella del salario indiretto (casa, servizi ecc.). E le stesse questioni ambientali, connesse alla giornata del 19, pongono in modo chiaro la denuncia di precisi interessi imprenditoriali, gli stessi da cui dipende lo smantellamento dei diritti conquistati in decenni di lotte dai lavoratori.
    Per quanto riguarda le modalità della presenza di piazza, è ovvio che il 18 e il 19 non scenderemo in quanto “Camera del lavoro”, che è uno strumento di lotta, non una espressione organizzativa. Ad esempio, il 18 ottobre, soprattutto quei compagni che fanno parte del Coordinamento dei Lavoratori Autoconvocati si collocheranno assieme ai lavoratori della Telecom, preoccupati per le conseguenze occupazionali che potranno derivare dalla clamorosa svendita di questa azienda.

    A cura de Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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