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(Dove và la CGIL?)

Quell'inguardabile sciopero liquido di Cgil Cisl e Uil

(22 Ottobre 2013)

scioperoliquido

“Io non ci volevo venire”, sembra dire quel furbone di Raffaele Bonanni mentre va la conferenza stampa di Cgil Cisl e Uil in cui annunciano un arrabbiatissimo sciopero di 4 ore “a livello regionale”. Troppo facile, quindi, con un quadretto del genere ironizzare su una “scelta unitaria” del tutto inadeguata e inconsistente, che si tiene su con le pecette e che ha fatto dire ad Enrico Letta, “bisogna capirli, fanno il loro lavoro”. Certo, cari ragazzi e ragazze del sindacato alla fine papà vi vuole bene e vi lascia giocare in garage, ma il primo che graffia l’auto sono cavoli amari.
E così dal cappello esce uno sciopero generale che poi proprio così generale non è, visto che saranno i territori a decidere la cosiddetta “articolazione”. L’articolazione è una parola magica nel gergo sindacale. Magica perché ha segnato nella storia delle lotte dei lavoratori una forma di iniziativa dura e determinata. Oggi è rimasta solo la parola, però. Oggi, con le telecamere pronte a metter l’occhio sull’evento ecco uno sciopero liquido, che scivola senza via senza colpo ferire. Non se ne accorgerà nessuno, al di fuori di qualche redazione amica pronta a fare una improbabile "diretta" in questa o quella piazza dove saranno schierati fior fiore di apparati sindacali e di pensionati stanchi in mezzo a nugoli di bandiere rosse e tricolori.
Eppure l’occasione c’era, vien voglia di dire. La possibilità di far la “voce grossa” era servita su un piatto d’argento. Porre un obiettivo preciso, uno solo per carità, sull’importo del cosiddetto sgravio fiscale nelle buste paghe non sarebbe stato poi così peregrino. Riformista quanto si vuole, ma pur sempre un obiettivo preciso. E oggi i lavoratori hanno un gran bisogno di obiettivi consistenti. Ma tant’è. Nella piattaforma non c’è nemmeno questo. E nessuno ne parla. Si accenna sì al tema, ma vattelappesca poi riuscire a sapere quale deve essere l’importo giusto per le magre tasche dei lavoratori dipendenti. Si aspettano le compatibilità del governo, che intanto è volato a Bruxelles a farsi detta gli importi giusti.
Ma la stranezza non è finita qui perché il comunicato Cisl dice che si va alla mobilitazione anche per sostenere gli sgravi per le aziende, sbottando che è ora di farla finita col carosello della spesa pubblica che, se non viene ridotta, non permetterà mai di liberare risorse per altro. Stavolta ha ragione Bonanni però! Questa non è una stranezza. La piattaforma con la quale Cgil, Cisl e Uil sperano di andare al confronto con il Governo è quella messa su a Genova nel corso di un incontro con Confindustria. Le “larghe intese” sindacali ricevettero il plauso dello stesso Letta che sembrava si stesse preparando a un nuovo “patto sociale”. E invece anche stavolta è andato giù liscio. Dettagli, potrebbe dire qualcuno. Sì certo. L’importante è che si sciopera. Poi però non si può non riflettere sul fatto che il sindacato, primariamente la Cgil, ha puntato sulla strategia della sponda politica tutta la sua azione. E cosa rimane di tutta questa grande pensata?
Il sospetto è che lo sciopero serva a far sbollire, da una parte, il settore del pubblico impiego, che è al limite della sopportazione e, dall’altra, a confermare in un ruolo i sindacati confederali. E poi non dimentichiamo che ‘sta Cgil per quanto acciaccata e deludente comunque sta andando a congresso e quindi qualche cordata interna avrà l’occasione per mettersi in vetrina. E i precari? Ah, già i precari. I precari sono una storia vecchia, ormai. Un faldone da archiviare, una pratica da burocrazia di terza fila. E’ amaro doverlo constatare. Due anni fa la Cgil sollevò un gran polverone - fece addirittura una manifestazione - sulla condizione di quello che ormai sta diventando un esercito di disperati. E tutto si è risolto in un nulla di fatto. Quello che sta accadendo è che ora la loro condizione è entrata in concorrenza con quella dei lavoratori del pubblico impiego. Non avendo unificato la rivendicazione ora dovremo assistere a una amara guerra tra poveri.
Una magra consolazione c'è. Ed è così magra che sembra quasi impronunciabile. Con tutto il caos del quadro politico sia nei partiti che nel Parlamento, magari qualche briciola uscirà. E così saranno tutti contenti, meno che i lavoratori. Così, forse lo sciopero liquido era meglio non farlo.

fabio sebastiani - controlacrisi

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