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(17 Dicembre 2009) Enzo Apicella
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    Rischio idrogeologico, associazioni e categorie dure contro Letta

    «Quanto previsto dalla legge di stabilità è assolutamente inadeguato»

    (29 Novembre 2013)

    Occorrono 500 milioni di euro all’anno per un’azione nazionale di difesa del suolo

    rischidro

    «Anche l’autunno 2013 ha drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico, a partire da quanto avvenuto in Sardegna nei giorni scorsi. Prima di quest’ultima tragedia però, anche altri fenomeni, sempre purtroppo con vittime, avevano colpito la Toscana, la Liguria, la Puglia e la Basilicata, la Calabria, la Sicilia, le Marche e l’Umbria. E allora quanto dovremo aspettare perché il dissesto idrogeologico e il rischio connesso con le frane e le alluvioni diventi nel nostro Paese una priorità, la prima vera grande opera pubblica da mettere in campo?». «Inizia così la lettera aperta inviata al presidente del Consiglio Enrico Letta dai dai presidenti di Legambiente, Coldiretti, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Consiglio nazionale dei geometri, Inu, Ance, Anbi, Wwf, Touring Club Italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo183, Arcicaccia, Alta Scuola, Fai, Italia Nostra, Cts, Società italiana dei territorialisti, Lipu, Cai, Federazione Italiana Pro natura.

    Mentre la legge di stabilità, dopo il passaggio e la fiducia in Senato, approda alla Camera, il vasto schieramento di associazioni ambientaliste, di categoria, dai Consigli nazionali degli ordini professionali del settore, Sindaci, dal mondo dei tecnici e della ricerca chiede «Un forte impegno a favore della messa in sicurezza del Paese, minacciato da precipitazioni sempre più intense e violente per i cambiamenti climatici in atto, dagli effetti di un territorio che ogni anno è reso più vulnerabile dal consumo di suolo, ma anche da una politica di mitigazione del rischio idrogeologico che continua a basarsi su pochi interventi di somma urgenza invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il territorio».

    Nella lettera aperta inviata a Letta si legge: «Purtroppo, nonostante i disastri e le tragiche conseguenze di questi fenomeni su tutto il territorio nazionale, si continuano a favorire progetti di occupazione di suoli naturali o agricoli invece che salvaguardarne la destinazione d’uso. Occorre allora scongiurare interventi normativi che prevedano la costruzione di nuovi milioni di metri cubi di cemento in aree oggi inedificabili o persino sottoposte a vincolo idrogeologico e archeologico: proposte che ancora vengono avanzate in parlamento persino nel dibattito sulla legge di stabilità. Interventi che aggraverebbero ancora di più un rischio che già riguarda l’82% dei Comuni italiani e oltre 6 milioni di cittadini che vivono o lavorano nelle aree considerate ad alto rischio idrogeologico».

    Le associazioni puntano dritte a quello che attualmente è il cuore politico del problema: «La difesa del suolo e le politiche di prevenzione del rischio sono urgenti, ed è evidente che quanto previsto dalla legge di stabilità su questo tema sia oggi assolutamente inadeguato. L’articolo 5 infatti, prevede come nuovi fondi solo 30 milioni per l’anno 2014, 50 milioni per l’anno 2015 e euro 100 milioni per l’anno 2016, mentre per l’autotrasporto sono previsti 330 milioni di euro. Per questo le scriviamo affinché a partire dalla legge di stabilità, le politiche per la prevenzione e la mitigazione del rischio idrogeologico, diventino la prima grande opera pubblica per l’Italia».

    Le associazioni avanzano due richieste puntuali: «La deroga al patto di stabilità per consentire alle amministrazioni locali di mettere in campo gli interventi previsti dai Piani di bacino e dalla pianificazione di settore per la mitigazione del rischio idrogeologico nei loro territori (perché queste spese relative alla mitigazione del rischio idrogeologico vanno considerate come veri e propri investimenti), e di aumentare la somma prevista dall’attuale legge di stabilità (180 milioni di euro per i prossimi tre anni) stanziando almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare ad un’azione nazionale di difesa del suolo che rilanci la riqualificazione fluviale, la manutenzione ordinaria e la tutela del territorio come elementi strategici delle politiche di prevenzione, abbandonando la logica del ricorso a sole opere di somma urgenza, coerentemente con gli obiettivi della direttiva comunitaria 2007/60/CE sulla gestione del rischio alluvioni. Perché dopo anni di risorse virtuali e di finanziamenti erogati sulla base di schemi emergenziali, occorre oggi una scelta politica forte».

    La lettera aperta si conclude «Con l’auspicio che il presidente Letta voglia rispondere a questa sollecitazione e consapevoli che oggi non è più possibile rimandare le azioni necessarie a fermare i disastri che ogni anno si ripetono nel nostro Paese a causa di frane e alluvioni».

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