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(31 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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Lo sguardo del gorilla

(9 Gennaio 2014)

Scritto per Distopia

Non possiamo che aggiungere i nostri ai complimenti che Julien Temple ha già ricevuto per lo spot Foreste Primarie, vincitore nel 2004 del premio Panda, categoria “video di campagna”, al Wild Screen Festival di Bristol, prestigioso concorso di cinema naturalistico.

Realizzata su commissione di Greenpeace, quest’opera del regista di La grande truffa del rock’n’roll (1980) e di Bullet (1996), si segnala come un insieme narrativo tanto breve - poco più di due minuti - quanto articolato e in sé compiuto.

La sua struttura può considerarsi bipartita o tripartita, a seconda che si consideri il tono o il dato linguistico. Di sicuro, la prima parte – ambientata in una casa borghese, con una famiglia che guarda un documentario sullo squalo bianco in tv – è nettamente distinta dal resto. Risolvendosi nella rappresentazione di un momento di tranquillità che viene interrotto da un violento attacco: ruspe e motoseghe distruggono l’abitazione, gettando nel panico i suoi quattro abitanti (madre, padre e due figli, una femmina e un maschio).

Il montaggio è velocissimo e non mancano i modi tipici dei film che vogliono farci rabbrividire, come il movimento di macchina “a schiaffo” sulla famiglia che s’accorge dell’aggressione in atto.

L’impressione è che Temple giochi consapevolmente con gli stereotipi. Quelli legati all’immaginario sulla middle class e quelli del cinema del terrore. Il piccolo brano, con la concitazione e lo spavento che irrompono nella più banale quotidianità, sembra quasi parodiare un intero filone del cinema contemporaneo.

Perché? Non trovandoci di fronte a un intento metacinematografico, non è facile rintracciarne la ragione. Ma non abbiamo il tempo di rifletterci perché subentra immediatamente la seconda parte del video, a sua volta articolata in due momenti, tra loro legati da quella voce off che, sviluppando un conciso ed efficace discorso sullo sfruttamento illegale del legname, imprime allo spot un segno di riflessività.

Subito intuiamo che il punto di vista del narratore coincide con quello d’un gorilla, in campo dopo le prime battute: “fa paura, vero, vedere distruggere la propria casa”. Al proseguire dell’argomentazione – “se non avessimo questa foresta la nostra specie si estinguerebbe e non solo la nostra” – corrispondono le immagini di altri primati, ripresi nel loro habitat.

In sostanza, dall’horror-movie siamo trascinati per qualche istante in un tipico documentario della BBC sul regno animale. Quel che ci appare è un paradiso naturale minacciato dalla sconsiderata attività umana. Il montaggio, peraltro, è rapido anche qui: nell’eden non dobbiamo veramente entrarci, ad esso veniamo accostati in modo da capire cosa può andare perduto per sempre.

Vediamo alberi abbattuti, ma la soluzione di continuità con il frammento conclusivo è data dai camion che attraversano la strada trasportando il legname ricavato dalla spoliazione delle foreste primarie.

Poi, in un oscuro magazzino troviamo porte e rotoli di carta igienica. Il luogo è attraversato dall’ipotetica ombra del gorilla, mentre la voce fuori campo insiste sul fatto che carta e legno possono essere “ottenuti con una gestione responsabile delle risorse”, senza devastare foreste e alberi millenari.

La simbolizzazione dell’animale – resa necessaria dall’ambiente in cui svolge la scena – segna uno scarto stilistico rispetto al precedente brano documentaristico.

Ma alla fine, poco prima che tutto si chiuda col logo di Greenpeace, torna davanti a noi il gorilla vero: un primissimo piano ne restituisce lo sguardo, che sembra a noi rivolto, con l’effetto di conferire maggior forza all’esortazione a chiedere al nostro governo di “indagare sul commercio internazionale del legno”.

Ci ricordiamo che il video era iniziato con un altro volto, anch’esso non ripreso totalmente: un volto umano, che però non ci guardava, fissando la tv.

Ora abbiamo la risposta ai nostri quesiti. La deliberata convenzionalità rappresentativa dalle prima parte risponde alla volontà di creare distacco nei confronti della casa borghese attaccata, facendoci sentire più vicino il gorilla.

Che è come dire che la sapiente miscela di generi cinematografici diversi che connota questo prodotto audiovisivo, più che un esercizio di abilità è il mezzo che Temple usa per introdurci a una precisa filosofia ecologista.




Gennaio 2014

Stefano Macera

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