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DISOCCUPAZIONE: NON C’ERA LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

(1 Marzo 2014)

Ascoltare i dati ISTAT aggiornati al Gennaio 2014 sulla disoccupazione in Italia, induce a sentimenti di sconcerto e di rabbia.
In dodici mesi il nostro Paese ha perso complessivamente 478.000 posti di lavoro e la disoccupazione giovanile è salita al 42%.
Evidentemente il tanto decantato calo dello spread non serve nulla (come si sapeva) e non servirà a nulla il tanto atteso job act, come non sono serviti a nulla i vari provvedimenti dalla Legge Biagi in avanti: anzi sono serviti a creare sacche immense di precarietà, dequalificazione, incertezza così come sono risultate del tutto disastrose le politiche pensionistiche e di abbattimento dello Stato sociale.
La rabbia sale quando si riavvolge il nastro delle dichiarazioni degli ultimi mesi: “La ripresa ci aspetta all’angolo”; “La crisi è superata”; e soprattutto il famosissimo “La luce in fondo al tunnel”.
Spregiudicatezza propagandistica? Pressapochismo? Chissà.. forse entrambi gli elementi.
Neppure sono da chiamare in causa direttamente fattori che hanno sicuramente contribuito a questo stato di cose: dalla globalizzazione e delocalizzazioni .
Il punto della situazione italiana è tutto politico e risale alle logiche che hanno guidato l’azione di governo negli ultimi decenni, il rapporto tra queste e l’Europa dell’austerità, l’incapacità di – almeno – fronteggiare la ferocia con la quale questo capitalismo iper-liberista sta gestendo la crisi.
Il termine “ferocia” è già stato usato tante volte accostandolo come definizione del capitalismo – iperliberista ma non ci deve stancare di denunciare con chiarezza lo stato di cose in atto, così come non ci deve stancare nel denunciare le cause vere di questo drammatico stato di cose.
Non ci si deve stancare di denunciare l’assenza totale , da molti anni, di una politica industriale: scelte passate e presenti hanno ridotto all’angolo la presenza industriale dell’Italia. Questo va detto senza alcun afflato nazionalistico ma avendo ben chiaro il quadro entro il quale si agisce, com’è stato per la Germania e la Francia che, sia pure con contraddizioni stridenti, presentano comunque un quadro ben diverso.
Non ci si deve stancare di denunciare l’assoluta assenza di una politica pubblica che riguardi le infrastrutture, il riassetto idrogeologico, la riqualificazione dei centri cittadini, lo stato sociale: mille opere che servirebbero subito e che non si fanno, annegati come ci si trova non tanto e non solo dalla burocrazia ma soprattutto dalla corruzione imperante a tutti i livelli.
In Italia c’è da affrontare prima di tutto una vera e propria gigantesca “questione morale” che coinvolge tutti i settori della politica e dell’amministrazione.
Una “questione morale” che coincide direttamente con la “questione politica”: e non è sicuramente qualunquismo affermarlo con chiarezza.
E’ qualunquismo accettare le cose come stanno, non organizzare un’alternativa, non proclamare con chiarezza che “Ribellarsi è giusto”.
Probabilmente molti penseranno a semplificazione e propaganda: ma forse proprio quello, del “Ribellarsi è giusto”, il punto da cui ripartire.

28/02/2014

Redazione Perchè La Sinistra

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