">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

"Incidenti"

(6 Novembre 2010) Enzo Apicella
Esplode la Eureco di Paderno Dugnano: sette operai feriti, quattro rischiano la vita. In Puglia tre morti sul lavoro nell'ultima settimana

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

Capitale e lavoro:: Altre notizie

VIVA L’8 MARZO, GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLE DONNE SFRUTTATE E OPPRESSE!

(8 Marzo 2014)

Qual è oggi la condizione della donna nel mondo?
Nell'attuale popolazione mondiale, che supera i 7 miliardi di esseri umani, le donne sono quasi la metà (circa il 49%). Nella schiacciante maggioranza sono lavoratrici sfruttate e oppresse. Le donne rappresentano oggi circa il 40% della forza-lavoro mondiale, ma la quantità di lavoro effettivamente svolto dalle donne è assai maggiore, considerano il lavoro domestico in cui le donne sono occupate (in media 30 ore settimanali). La partecipazione delle donne al processo produttivo è cresciuta a livello mondiale negli ultimi decenni, anche se il divario occupazionale con gli uomini rimane notevole. Nei paesi a capitalismo avanzato la femminilizzazione della forza-lavoro è stata guidata dal settori dei servizi (servizi pubblici, pulizia, alimentazione, etc.) e dalla manifattura (tessile, microelettronica, etc.), che utilizzano ampiamente il lavoro a part-time, la flessibilità, la precarietà, etc., secondo gli interessi di sfruttamento delle aziende e dei monopoli capitalistici.
Notevole è l'aumento di forza-lavoro femminile causato dalla migrazione di donne dalle aree rurali alle città e dai paesi dipendenti verso i paesi imperialisti. Si ritiene che il 49 % dei migranti siano donne, che vanno a svolgere lavori precari e a basso reddito.
Tuttavia, nei periodi di crisi economica le donne sono licenziate dal lavoro in percentuali ancora maggiori. In anni recenti in Europa il 51,8 % dei licenziamenti ha colpito donne lavoratrici. Parallelamente a questo processo di violenta perdita di posti di lavoro, aumenta l'inclusione di bambini e adolescenti nella forza-lavoro che opera in vere e proprie condizioni di schiavitù.
Le donne costituiscono il 70% dei poveri del mondo. Molti indicatori mostrano l'arretratezza e la povertà delle donne, la loro difficoltà a fruire dei servizi basilari. Dei 774 milioni di adulti analfabeti esistenti al mondo 515 milioni sono donne; 72 milioni di bambini non vanno a scuola, e di essi 54 milioni sono bambine. Il 70 % delle donne capofamiglia non hanno accesso all'acqua potabile, alle fognature, ai servizi sanitari. Anche per quanto riguarda il diritto alla salute le donne, specie quelle partorienti, sono esposte a gravi rischi, specie nei paesi dipendenti più arretrati.
Le conseguenze della crisi capitalistica esplosa nel 2008 e la brutale offensiva diretta dall’oligarchia finanziaria hanno causato un arretramento della condizione delle donne, che subiscono un attacco di grande ampiezza alle conquiste e ai diritti ottenuti in precedenza.
Le donne proletarie e degli strati popolari sono e vittime delle politiche di austerità, che le privano dei servizi pubblici (consultori, case di accoglienza, asili per l’infanzia, etc.), della sicurezza sociale, dei diritti legati alla maternità.
La stessa parità giuridica con l’uomo sta diventando sempre più aleatoria. Quando viene applicata è verso il basso, come nel caso delle direttive UE sull’orario di lavoro notturno e sull’allungamento dell’età pensionabile che colpiscono pesantemente le donne lavoratrici e creano ulteriori discriminazioni.
Uno degli aspetti più odiosi dei meccanismi dello sfruttamento capitalistico è la violenza contro le donne, che si manifesta nell’ambito familiare, nella vita sociale, nei posti di lavoro. La violenza assume diverse forme (economica, sociale, politica, sessuale, psicologica, sanitaria), colpisce un’alta percentuale di donne ed ha per fondamento la duplice oppressione che le donne sopportano.
Nel periodo dell’egemonia neoliberista la violenza contro le donne si è intensificata: femminicidi, abusi sessuali, sfruttamento della prostituzione e traffico di bambine, pornografia, uso del corpo della donna nella pubblicità, sono i sintomi di una società in decomposizione, di rapporti sociali sempre più aggressivi, sprezzanti della vita, della libertà e della dignità delle donne.
Allo stesso tempo si sono rafforzate le correnti reazionarie e religiose che hanno sempre giustificato la subalternità della donna, veicolato ideologie di rassegnazione e oggi lanciano una nuova offensiva contro i loro diritti come l’aborto, la contraccezione, il divorzio, etc.

La questione delle differenze salariali
Nonostante l’eguaglianza con l’uomo sia proclamata all’interno delle leggi, dei contratti di lavoro, etc., nei paesi capitalisti e imperialisti non viene attuata un’effettiva e reale parità nel lavoro e nella vita Esiste invece discriminazione, segregazione e oppressione, in particolar modo per le donne proletarie, che vengono continuamente alimentate dai capitalisti che ripropongono le vecchie disuguaglianze in nuove forme.
Le donne hanno nella grande maggioranza dei casi un salario nettamente inferiore a quello di un uomo a parità di lavoro, educazione e formazione. In Italia il differenziale retributivo è particolarmente rilevante nel settore privato: 16,7%, a fronte del 7,5% del settore pubblico.
La questione della diseguaglianza salariale e della segregazione occupazionale delle donne lavoratrici in settori caratterizzati da bassi salari e minori tutele, e nei livelli più bassi delle varie categorie professionali, non può essere spiegata dalle teorie borghesi secondo cui questi fenomeni dipenderebbero dalle scelte che compiono le donne o dall’utilizzo del sesso come indicatore della produttività. Queste scelte non sono casuali, né “naturali”, bensì condizionate dall’attuale mercato della forza-lavoro, così come la meccanizzazione e l’automazione del lavoro assicurano in molte branche gli stessi risultati produttivi.
Per affrontare il problema discriminazione/segregazione delle donne lavoratrici bisogna adottare un punto di vista di classe, riconoscendo che esso è dovuto ai rapporti sociali di produzione esistenti ed alla peculiare condizione sociale della donna, sottoposta ad una duplice oppressione.
Nel capitalismo, il valore della forza-lavoro è determinato dal valore dei mezzi di sussistenza necessari a mantenere e riprodurre la forza-lavoro dell’operaio e della sua famiglia. Quando i padroni, con lo sviluppo dell’industria, decidono di incorporare nella produzione la moglie e i figli dell’operaio, il prezzo che pagano (il salario) diminuisce in proporzione al totale del lavoro non pagato (pluslavoro). Dunque aumenta il campo e il grado di sfruttamento della classe operaia nel suo insieme.
Mentre le famiglie proletarie per sopravvivere sono costrette a fornire ai capitalisti la forza-lavoro di tutti i propri componenti, i bassi salari delle donne, così come quelli degli adolescenti, servono inoltre a dividere ancor più la classe operaia, ad aumentare la concorrenza fra lavoratori, a gettare sul lastrico masse enormi di proletari. Questa è la realtà che ancora oggi permane.
I problemi della discriminazione salariale e della segregazione delle donne lavoratrici in alcuni settori, lo specifico ruolo svolto dalla donna nella divisione del lavoro industriale, la posizione subordinata e la situazione sociale di soggezione e defraudazione dei diritti del sesso femminile, riflettono l’oppressione di genere esistente nella società capitalistica e sono legati alle leggi intrinseche al barbaro modo di produzione attuale.

L’emancipazione delle donne passa per l’abbattimento del capitalismo!
La proprietà privata è la causa ultima e più profonda della condizione di oppressione, di discriminazione, di subalternità delle donne e di privilegio dell’uomo.
Solo abolendo il sistema basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio borghesi, così come estirpando i residui precapitalistici, solo trasformando radicalmente la base economica, cambiando le concezioni e le pratiche culturali, si potrà abolire la duplice oppressione delle donne, le discriminazioni e le differenziazioni esistenti.
Dunque solo con il socialismo si potrà incidere radicalmente nella posizione della donna nella società, stabilendo l’effettiva eguaglianza di fronte alla legge e nella vita sociale, rendendola socialmente ed economicamente libera e indipendente, non più soggetta a forme di sfruttamento e di oppressione e trasferendo alla collettività nel suo insieme le responsabilità che oggi gravano sulla famiglia individuale, particolarmente sulle donne, come cucinare, pulire, assistere bambini e anziani, etc.
Pur essendo le donne in genere oppresse, la questione femminile presenta caratteristiche differenti per le donne della borghesia e per quelle del proletariato, che la pongono quindi in modo diverso e opposto.
Per le donne della borghesia il problema si pone essenzialmente su un piano giuridico e di accesso alla proprietà e ai profitti, agli incarichi nelle istituzioni della classe dominante. La loro emancipazione spesso assume la forma di “libera concorrenza” con gli uomini appartenenti alla loro stessa classe.
Le dirigenti riformiste, le femministe borghesi, non attaccano mai le fondamenta dell’attuale società, non mettono mai in discussione lo sfruttamento del lavoro salariato. Quando entrano nelle élites della vita economica e politica, nelle organizzazioni del potere capitalistico, si trasformano da “sostenitrici dei diritti delle donne” in fautrici entusiastiche dei privilegi della classe dominante. La loro personale “emancipazione” viene pagata dalla crescente subordinazione di milioni di altre donne. E quando parlano di liberazione delle donne spesso lo fanno per giustificare le guerre imperialiste.
Sono queste donne della borghesia ad aver svuotato di contenuti l’8 Marzo, trasformandolo in una festa ipocrita e commerciale, all'interno di una cultura che scimmiotta quella del maschilismo.
Per le donne del proletariato la questione della loro oppressione si presenta in tutt’altro modo, essendo legata alle esigenze di sfruttamento e di riproduzione del capitale. Per mettere fine a questa schiavitù è indispensabile il passaggio a una nuova e superiore organizzazione sociale.
Le donne del proletariato e delle masse popolari non possono condurre allo stesso modo e con gli stessi obiettivi delle donne borghesi la lotta per la propria emancipazione economica e sociale, aspetto fondamentale della lotta di liberazione da tutte le forme di alienazione, sfruttamento e schiavitù.
Debbono condurla necessariamente insieme agli uomini della loro stessa classe contro la classe dei capitalisti, sostenendo la realizzazione di determinate rivendicazioni economiche, politiche, sociali, culturali, etc. come strumenti per entrare nella lotta e portare avanti la battaglia in prima persona e ad armi pari, senza restare indietro. Allo stesso modo, gli operai uomini hanno un profondo interesse a sostenere le lotte del proletariato femminile e a lottare assieme alle operaie per formare un fronte unico di lotta contro la classe dei capitalisti e sconfiggerla.
Rilanciamo perciò il significato dell’8 Marzo - Giornata Internazionale della Donna - istituita dalla Conferenza internazionale delle donne socialiste, che approvò la proposta della comunista tedesca Clara Zetkin, in omaggio alle operaie tessili di New York che l'8 marzo 1857 entrarono in sciopero rivendicando la riduzione della giornata di lavoro.
Queste operaie, che ricevevano meno di un terzo del salario degli uomini, furono rinchiuse nella fabbrica Cotton, che fu poi incendiata dal padrone, assassinando in tal modo 129 di loro.
Il capitalismo non ha cambiato volto: lo scorso anno a Dacca, in Bangladesh, vi è stato uno spaventoso eccidio di centinaia di operaie tessili costrette a lavorare per pochi dollari al mese in un edificio insicuro, che è poi crollato, a causa della logica criminale del profitto.
Rivendichiamo il ruolo fondamentale e insostituibile della donna proletaria per l’abolizione di ogni sfruttamento nei rapporti umani, per un’alternativa reale ai rapporti sociali borghesi, fianco a fianco
dell'uomo proletario!
La vittoria della rivoluzione socialista, la dittatura del proletariato e l’edificazione della società socialista e comunista sono inconcepibili senza la partecipazione cosciente e risoluta delle donne operaie e lavoratrici, protagoniste del proprio futuro!

Roma, 8 marzo 2014.

COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA-LENINISTA
Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista
Piattaforma Comunista

CONUML

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie dell'autore «Piattaforma Comunista»

4616