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RITORNO AL BIPOLARISMO E CONCETTO DI NEUTRALITA’

(27 Marzo 2014)

Il rapido susseguirsi degli avvenimenti sul piano internazionale (del tutto imprevedibile?) sta determinando uno stato dell’insieme delle relazioni globali che pare, per certi versi, assomigliare a quello di qualche tempo fa.
Si assiste, infatti, dopo tanto discettare sulla globalizzazione (del resto sempre presente nella storia, al livello delle dimensioni via, via di volta possibili) e di multipolarismo a una sorta di ritorno a quella “logica dei blocchi” che aveva contraddistinto l’assetto planetario almeno dagli accordi di Yalta alla caduta del muro di Berlino (1944-1989).
Intendiamoci: non si pensa qui di semplificare situazioni che, nel passato e nel presente, assumono elementi di non riducibile complessità, ma nella sostanza alcuni punti di contatto fra quella fase e quella attuale esistono, pesando molto sul complesso della situazione che s’intende analizzare.
La vera differenza risiede nel fatto che, almeno dal punto di vista nominale, la fase dell’immediato post-seconda guerra mondiale era contraddistinta da un confronto tra due visioni del mondo opposte, quella capitalistica e quella del “socialismo reale”, mentre oggi si può ben scrivere di confronto tra due opposti imperialismi (molto legati fra loro da intrecci non facilmente scioglibili d’affari di varia natura: da quelli energetici a quelli militari e degli apparati industriali e commerciali).
Lo schema fondamentale delle alleanze ricalca, però, quello del periodo precedente: l’Europa (ormai allargata a molti Paesi che facevano parte del blocco sovietico) appare schierata con l’imperialismo americano; mentre il rinnovato sogno imperiale della Russia pare appoggiarsi a Oriente, ancora nel segno di un’alleanza con la Cina, la quale a sua volta si trova a fronteggiare minacciosamente l’antico rivale giapponese.
Uno schema semplificato, quello appena preso in esame, ma non certo da utilizzare al gioco del Risiko, ma ben presente sullo scenario mondiale, assieme al ritorno alla marginalità del continente latino-americano e all’utilizzo dell’immenso territorio africano per nuove avventure coloniali.
Come si è già scritto: rispetto al tempo della globalizzazione pare tornato quello della “geopolitica”.
Così come appare diverso nelle prospettive ma non nuovo nella sua essenza il ritorno al pericolo di guerra: al di fuori dai conflitti locali cui abbiamo assistito nel corso di questi anni.
S’impone, quindi, anche il rinnovo di una battaglia pacifista che non può essere attualizzata semplicemente attraverso slogan generici, da ecumenica “Pacem in terris”.
Servono proposte politiche, misurate sia a livello sovranazionale, sia al livello di quello “Stato –Nazione” la cui cessione di sovranità verso entità “superiori” si sta certamente verificando, ma in una dimensione diversa e molto più “lenta” rispetto a previsioni un po’ precipitose sviluppate negli anni scorsi (un po’ com’è accaduto con il concetto di “lotta di classe”, dato affrettatamente per superato, e adesso tornato prepotentemente alla ribalta date le condizioni di sfruttamento concretamente create dalla gestione capitalistica della fase, contraddistinta dalla crisi finanziaria ormai in atto nell’Occidente almeno dal 2007).
Tornano così alla mente concetti che apparivano desueti quali quelli di “neutralità” o di “smilitarizzazione”, considerato anche che entrambe le parti stanno procedendo a passi da gigante a rendere sempre più sofisticato e invadente il proprio apparato militare.
Non è questa la sede per avanzare proposte immediate al riguardo di una situazione in così repentino sviluppo, ma il ritorno all’analisi di alcune concezioni teoriche appare proprio il caso di definirlo.
E’ questo il caso del concetto di “neutralità” sul quale, tra l’altro, al tempo della prima guerra fredda insistettero molto i partiti socialisti occidentali, nello specifico il PSI, che pure aveva una grande tradizione nel merito, se pensiamo al “né aderire, né sabotare” adottato in occasione della prima guerra mondiale. Posizione originale e coraggiosa rispetto agli altri grandi partiti socialisti occidentali, quello francese e l’SPD tedesca che appoggiarono, invece, nella sostanza le azioni di guerra imperialistiche dei rispettivi Paesi votando sia all’Assemblea Nazionale sia al Reichstag i necessari crediti di guerra.
Limitiamoci però all’analisi del concetto teorico di “neutralità”, limitatamente al significato che il termine assume rispetto alle controversie internazionali e in particolare alle situazioni di conflitto bellico.
In senso stretto neutralità è la situazione giuridica regolata dal diritto internazionale di estraneità e di equidistanza di uno Stato in presenza di un conflitto armato, tra gli stati.
L’istituto ha una lunga storia di convenzioni e norme.
Il concetto, invece, pone una serie di problemi, provocati dalla pluralità dei significati di neutralità e dei termini giuridici e politici da esso derivanti (neutralizzazione, neutralismo) ma soprattutto dalla relazione di neutralità con concetti come guerra, terzo, amicizia.
Un tentativo di giuridicizzare la neutralità, osservabile nelle opere dei teorici del diritto delle genti, p avvenuto in parallelo con la nascita di uno spazio politico europeo agito dagli Stati sovrani, in conseguenza al trattato di Westfalia del 1648.
Il nesso neutralità/sovranità codificato, tra gli altri, da Grozio, Wolff, Vattel è centrale nella fase classico – moderna del diritto pubblico europeo e implica il diritto, per uno Stato, di decidere la propria astensione da una guerra fra Stati, la quale per questa via dimostra di essere giuridificata e sottratta a ipoteche morali.
In tal modo la neutralità, sottraendosi alla logica polarizzante amico/nemico e implicando la terzietà provoca l’effetto di complicare la struttura bipolare.
Si noti, insomma, l’attualità di questo concetto nella situazione attuale, dopo che l’apparizione, prima della Società delle Nazioni e poi dell’ONU sembra aver affermato una progressiva rilevanza del trasformarsi della neutralità in arbitrato sovranazionale e neutrale.
Oggi, invece, rispetto alla ripresa aggressiva di un “Bipolarismo Imperiale” (oppure c’è da riprendere l’antico termine utilizzato da Arrigo Cervetto di “Imperialismo Unitario”?) il concetto “storico” di neutralità riprende vigore anche, e soprattutto, in una dimensione sovranazionale e insieme internazionalista e può far parte del bagaglio teorico di un soggetto d’alternativa al capitalismo in luogo di un pacifismo generico che si rivela sempre più inefficace rispetto alla necessità di avanzare precise proposte politiche.
Per questo lavoro è stato usato il testo di F.Portinaro “Il Terzo” Milano 1986

Franco Astengo

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