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Violenza sulle donne

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(30 Luglio 2013) Enzo Apicella

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"Meat Market: carne femminile sul banco del capitalismo", di Laurie Penny

(2 Aprile 2014)

Testo che in quattro capitoli svela il ruolo ed i messagi che il capitalismo iinvia alle donne e, soprattutto ai loro corpi, bombardati quotidianamente di messaggi che invitano al consumo compulsivo di prodotti che rendono i corpi più giovani e seducenti. L'invito è rivolto ad ogni età, ma nel libro di Laurie Penny è anche contenuta una critica al femminismo che non parla dei diritti delle prostitute e elle transessuali. Penny si pone all'interno del pensiero radicale e materialista di Firestone e Greer, due delle maggiori esponenti del femminismo materialista americano degli Anni Settanta.

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Laurie Penny

Laurie Penny
Meat Market: carne femminile sul banco del capitalismo
trad. di Francesca Frulla
pp. 96, euro 13,00
Ed. Settenove

“Perché abbiamo tanta paura del corpo femminile?” : è questa la domanda centrale, la questione di cui tratta “Meat Market”, l’interessante e breve saggio dell’opinionista e blogger inglese Laurie Penny. La sua analisi è molto suggestiva e parte dalla considerazione che i corpi femminili sono bombardati quotidianamente da una serie ininterrotta di messaggi e spot pubblicitari che spingono noi donne a consumare sempre più in modo compulsivo una serie di prodotti : dai cosmetici, agli abiti “taglia zero”, ai prodotti anti invecchiamento del viso e del corpo. I nostri corpi, ci viene detto, devono essere da noi stesse disprezzati e limitati. Il primo livello di contenzione è rappresentato proprio dalla costruzione di un immaginario femminile inesistente e lontano dalla realtà fisica e psicologica delle donne. L’obiettivo non conosce limiti di età : infatti anche le bambine sono spinte a riconoscersi precocemente in un modello sempre più “adulto” e spinto verso la sessualizzazione marcata dei loro volti e corpi ancora acerbi. In tutte le pubblicità domina ancora il rosa come colore che indica trucchi e rossetti, ed è sempre dello stesso colore la copertina delle riviste che si rivolgo alle bambine ed adolescenti. Anche il settore che si occupa di “fashion” rivolto alle bambine e ragazzine, si muove nella stessa direzione : non sono poche le iniziative di parrucchieri e centri commerciali italiani che prevedono spazi “ludici” dove insegnare alle pre adolescenti come truccarsi e vestirsi. Mamme entusiaste e bimbe felici : è questo il nostro futuro prossimo?
La critica radicale espressa da Laure Penny nei confronti dei media e della visione oppressiva del corpo femminile si focalizza soprattutto sulle diete dimagranti a cui si sottopongono le donne che sono affascinate dall’immagine della star sofferente ma magra e felice. Sono così indotte ad inseguire un modello negativo che le spinge ad avere un corpo sempre più magro e scheletrico, che occupa sempre meno spazio. Ma l’anoressia (a cui si è sottoposta la stessa Penny) non è affatto una condizione piacevole; l’aver sempre fame viene descritto dall’Autrice come una condizione psicofisica di sofferenza in cui il rito principale è quello di evitare di mangiare, (pur desiderandolo). Questo è il modo più doloroso e crudele di contenere i corpi (e gli spazi politici e vitali) delle donne, corpi ed agire che vengono controllati e limitati in nome del mercato capitalistico attuale.
“Meat Market” è suddiviso in quattro capitoli che analizzano l’anatomia della frigidità moderna, l’occupazione (sempre più ridotta) dello spazio, il capitale di genere ed il lavoro sporco, cioè il lavoro casalingo svolto dalle donne in famiglia. Una particolare importanza è data ai disordini alimentari (dieta, bulimia, anoressia – soprattutto in riferimento alla esperienza personale di Laurue Penny -).
“Meat Market” stabilisce alcuni parametri del commercio della carne femminile come “capitale sessuale e sociale” : in poche parole ogni aspetti della nostra vita dalla pubblicità alla politica è sessualizzato. Non a caso il primo capitolo del libro si apre con la frase “Il sesso vende, diciamo sempre così. L’industria del sesso a trasformato tutta l’industria” (op. cit, p.15) e dimostra come le donne vengono alienate dai loro corpi sessuati per poi essere obbligate a riacquistare gli elementi principali della loro identità di genere. O meglio se le ragazzine e le donne aderiscono in modo troppo convinto al modello anoressico del corpo “taglia zero”, allora vengono fatte oggetto di campagne e spot pubblicitari che mostrano la dannosità delle diete e parlano di allarme sociale per le ragazzine troppo magre. Alcuni temi affrontati soprattutto l’alienazione del corpo femminile ed i mezzi di riproduzione, sono ripresi da due femministe americane Shulamith Firestone che partendo dai testi di Marx ed Engels elabora una teoria materialistica della storia e Germaine Greer che in “L’eunuco femmina” parla della castrazione delle donne a partire dal modello dualistico maschile/femminile. Attraverso questa visione materialistica Laurie Penny analizza rigorosamente anche gli ostacoli reali all’interno del pensiero femminista contemporaneo che impediscono di vedere e sostenere i diritti delle sex worker e allo status delle transessuali che militano all’interno del movimento femminista inglese e statunitense. Le tesi esposte in “Meat Market” sono dunque strettamente collegate alla politica radicale dell’attuale movimento femminista inglese ed americano espresso da alcune sue protagoniste, come Naomi Wolf che per prima ha parlato del modello della “Vergine di ferro” modello contrapposto a quello delle puttane/sgualdrine/conigliette. La Penny sottolinea nel primo capitolo “Anatomia della frigidità moderna” la differenza fra il concetto di erotismo (politica erotica) e sessualità femminile. Sarebbe più giusto distinguere la sessualità propriamente detta dall’erotismo vero e proprio, dove il corpo erotizzato diventa la funzione sociale di scambio predominante : l'erotico non è mai nei desideri, ma nei sogni che evoca il corpo nudo. Ecco perché moltissime pubblicità utilizzano “pezzi” di corpi appiccicati al prodotto da vendere (labbra rosse, occhi seducenti, ciglia lunghe e nere); “parti frammentate” che Baudrillard descrive come concetto principale della pubblicità che utilizza pezzi di corpi (e non solo femminili – per par condicio – forse?) che diventano un feticcio di una sessualità irraggiungibile.
Una condizione che rende possibile parlare di oppressione femminile collegata all’oggettivazione ed alla prestazione sessuale intesa come lavoro; il suo corollario è quindi il concetto di prostituzione femminile (ed anche maschile). E’ dunque importante aggiungere che la sessualizzazione dei corpi, rientra quindi nella preconizzazione dell’offerta sessuale dei corpi sempre più giovani e disponibili.. “Meat Market” affronta dunque argomenti quanto mai attuali, che sono stati dibattuti anche qui da noi. E lo si è fatto, quasi improvvisamente, come se tutte noi avessimo fatto finta di non sapere, di vivere in un mondo dove le bambine ed i bambini siano rispettati. Poi, improvvisamente l’uscita del documentario e del successivo libro di Lorella Zanardo “Il corpo delle donne” ha svelato quanto tutti e tutte noi già conoscevamo : in Italia esiste un uso frustrante e dannoso dell’immagine delle donne – corpi vuoti ed asessuati, sempre giovani e disponibili – usati come mezzo per vendere qualsiasi cosa : dalle macchine alle caramelle,dai gelati ai profumi.. Dopo molte discussioni tutto è finito con qualche campagna per le pari opportunità fra maschietti e femminucce, dibattito rafforzato da qualche “opinionista” della domenica pomeriggio che ha criticato ‘uso improprio delle immagini femminili.
Dalla critica di Laurie Penny emerge dunque l’esigenza di criticare la visione del femminismo tradizionale (e quindi borghese) e di denunciare che le donne in questa fase capitalistica sono ad un tempo consumatrici e consumate.La speranza ed il messaggio finale a cui ci inchioda l’Autrice di “Meat Marker è di avviarci rapidamente a superare il femminismo così come lo abbiamo praticato finora e raggiungere una completezza teorica e politica di genere rivolta anche agli aspetti finora trascurati dell’oppressione femminile, dei diritti delle prostitute e delle transessuali, ma anche delle lavoratrici sottopagate e precarie.. “Fare rivolte e non diete”, dunque la conclusione a cui giunge Laurie Penny e noi non possiamo che apprezzare il suo saggio consiglio.

Loredana Baglio

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