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METODO E MERITO: GLI 80 EURO DEL GOVERNO RENZI

(19 Aprile 2014)

Sembrano proprio freddini, questa mattina, “IL Sole 24 Ore” e il “Corriere della Sera” nel merito del provvedimento presentato ieri in conferenza stampa da Renzi e genericamente indicato come quello degli “80 euro”.
Il vice-direttore del quotidiano confindustriale Fabrizio Forquet sottolinea piuttosto il valore “una tantum” del bonus che sarà immesso in busta paga e che per adesso è valido soltanto per il 2014, oltre a sottolineare l’esclusione dei più poveri e delle partite IVA, giudicando che la vera partita si giocherà sui tagli strutturali all’interno della prossima legge di stabilità che sarà discussa in autunno, mentre l’editorialista politico di punta dello stesso giornale, Stefano Folli, non ha remore nel giudicare l’operazione come una manovra pre elettorale.
Il “Corrierone”, dal canto suo, nell’editoriale firmato da Dario Di Vico, mette alla pari – anche nel titolo – il coraggio dimostrato dal Governo e i dubbi che accompagnano l’operazione: un pro e contro che si rileva anche nel catenaccio del titolo principale di prima pagina, laddove si pongono in equilibrio il fatto che non ci sono tagli alla sanità con la necessità imposta alle Regioni – appunto – di tagliare (dove? Se non nella loro voce più importante di spesa) e il raddoppio della tassa sulle banche in relazione all’aumento di capitale della Banca d’Italia. E’ Antonella Baccaro, però, che sottolinea con puntiglio le sei grandi fragilità presenti nella presentazione del decreto (non ancora nel suo testo: per adesso, infatti, ci sono i 10 tweet e le parole d’accompagnamento pronunziate dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell’Economia) ponendo anch’essa il tema della “strutturalità” e del necessario rinvio, nel merito, alla legge di stabilità.
Le osservazioni fin qui svolte non derivano, però, dalla volontà di presentare una sorta di rassegna stampa: le esitazioni e i dubbi dei due principali quotidiani che (si sarebbe detto un tempo) fanno capo “ai padroni” hanno origine diversa dal semplice esame del merito del provvedimento, hanno prima di tutto una scaturigine di tipo politico.
E’ il metodo attraverso il quale si è arrivati a determinare il merito che è sostanza, che vale assai più del merito stesso.
Si è infatti, nell’occasione, stabilito un inedito almeno per la più recente storia d’Italia, quella compresa nella fase della democrazia parlamentare repubblicana.
Un inedito che ha sancito la conclusione di una fase di confusa transizione: a cavallo tra il parlamentarismo e l’antiparlamentarismo, la concertazione tra le parti sociali, l’affermazione di un presidenzialismo fortemente personalizzato che aveva rappresentato l’aspirazione non realizzata dal populismo di destra incarnato per vent’anni da Silvio Berlusconi.
La “cautela fredda” di Sole 24 Ore e Corriere della Sera si giustificano, allora, proprio su questo punto: il provvedimento dei “mitici 80 euro” (così definiti dallo stesso Renzi, sempre così attento al linguaggio delle tifoserie: tifoserie che rappresentano il suo modello della partecipazione politica, proprio nello stesso modo di Berlusconi e di Grillo) è stato varato completamente al di fuori della mediazione con le cosiddette “parti sociali” di qualsivoglia estrazione.
Travolti i sindacati confederali (la cui ragione d’esistenza complessiva, a questo punto, appare in forte dubbio: niente contratti nazionali, niente concertazione, restano i patronati . Proprio il famoso “sindacato dei cittadini” propugnato dalla UIL alla fine degli anni’80) bypassati senza remore le organizzazioni degli industriali, dei commercianti, degli artigiani: saltato di fatto il neo-corporativismo di marca ulivista e il “populismo ecumenico” del centro destra, retaggio dell’antico clientelismo democristiano.
Questo appare l’esito più importante di questa tornata.
Il governo, fortemente caratterizzato dalla personalizzazione attorno alla figura del suo Presidente ( tra l’altro mai eletto da nessuna parte salvo che nei Consigli Comunali e Provinciali di Firenze) solo davanti, non tanto al Paese, ma alla sfida elettorale, con un pressoché unico contraltare rappresentato dalla opposizione “omologa” del M5S.
Da un lato il governo degli “spot” e delle “sortite” e dall’altra l’opposizione indiscriminata del “mandiamoli tutti a casa”.
Si misurerà su questo “bipartitismo ancora imperfetto” il prossimo scontro elettorale riguardante le Europee del 25 Maggio?
E’ possibile, anzi probabile, con due incognite: la prima riguarda il peso dell’Europa nell’insieme della vicenda. Fino a qualche settimana fa pareva determinante, soprattutto al riguardo della valutazione relativa ai meccanismi dell’austerity imposti da Francoforte e Bruxelles. Adesso, in ispecie se la Commissione accetterà o semplicemente non affronterà la richiesta del governo italiano di rinvio del pareggio di bilancio al 2015, il peso potrebbe apparire minore e ancora una volta le Europee si risolverebbero in un referendum di politica interna: Cristo o Barabba? Renzi o contro Renzi?. Certo sarà che il Presidente del Consiglio , in campagna elettorale, parlerà poco di Europa (forse anche perché sembra non saperne più di tanto) se non in termini retorici, richiamando gli antichi padri democristiani del progetto (De Gasperi, Schumann, Adenauer) ed esaltando la sua capacità di strappare “risultati” anche in quella direzione.
La seconda incognita riguarda il possibile risultato del terzo polo rappresentato dalle frantumate truppe di quello che fu l’orgoglioso centro – destra italiano che nel 2008 disponeva di circa diciassette milioni di voti. Anche per lo “zoccolo duro” di Berlusconi, però, i termini della sfida elettorale sono radicalmente cambiati e sarà difficile in questo mese che ci separa dal voto aggiornare il registro, mentre NCD e Fratelli d’Italia appaiono del tutto marginali e la Lega ha cercato riparo all’ombra dell’estrema destra rappresentata – comunque, nonostante qualche timido approccio di marca “finiana” – dal Front National francese.
Insomma: la vera funzione della “grande manovra” sugli 80 euro si riduce (o si allarga?) al peso che potrà avere nell’esito elettorale. Niente di meno e niente di più.
Il PD rimane spettatore, nonostante il tentativo di ripresa di protagonismo della sinistra interna, e la Lista Tsipras appare del tutto spiazzata rispetto a questo scenario.
L’esito delle elezioni europee condizionerà fortemente lo sviluppo della prossima fase della vicenda politica italiana, questo è un dato di fatto che non oscura un’esigenza immediata che, a sinistra, sembra sia sentita da pochi: quella della presenza “politica” di una opposizione anticapitalista, d’alternativa, in grado di coniugare l’indispensabile dimensione “nazionale” con l’aggressione internazionalista alle condizioni materiali imposte dall’acuirsi delle contraddizioni sociali, così come imposto dalla gestione “padronale” del ciclo.
Sotto questo aspetto è assente l’idea del “soggetto”, non quello delle “lotte”: ma si tratta di un bel buco teorico, politico organizzativo. Un “buco” che ci pone ancor una volta nell’angolo di una forte difficoltà politica.

Franco Astengo

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