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Cessione dipendenti BNL: forti dubbi sulle garanzie contenute nell’accordo di armonizzazione

(9 Giugno 2014)

di Lidia Undiemi e Ernesto Maria Cirillo

Apprendiamo con una certa incredulità l’entusiasmo manifestato dalle Organizzazioni sindacali in merito al raggiungimento dell’accordo di armonizzazione ex art. 47 l. n. 428/1990 relativo ai trasferimenti di rami di azienda che la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. intende realizzare in favore di una società che ancora nemmeno esiste! E visto che la cessione riguarda il futuro di circa 2100 lavoratori sarebbe bene che la questione venisse discussa anche in sede politica.

La normativa posta a tutela dei lavoratori coinvolti in trasferimenti di rami di azienda prevede che prima dell’attuazione dell’operazione, cedente (chi vende) e cessionario (chi acquista) avviino obbligatoriamente una procedura di informazione e (eventuale) consultazione sindacale che ha come scopo quello di fornire al sindacato tutte le informazioni per potere adeguatamente valutare tutte le conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento sui rapporti di lavoro.

Il presupposto essenziale affinchè la procedura possa considerarsi legittima ed esperibile è chiaramente l’effettiva esistenza delle parti per cui la legge pone precisi obblighi, il cedente e il cessionario, appunto. Nell’accordo in questione, si legge invece che la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A (la società cedente) agisce in nome e per conto della NewCo (la società cessionaria che non ha un nome poiché ancora non costituita) “in qualità di Capogruppo Bancaria e futura detentrice della partecipazione maggioritaria della costituenda Società”. Come possono i sindacati aver “valutato adeguatamente” le conseguenze della cessione sui rapporti di lavoro visto che chi acquista il ramo di azienda non solo non esiste ma è rappresentato proprio dalla sua controparte contrattuale, e cioè la Banca!

Verrebbe immediatamente rispedita al “mittente” una giustificazione del tipo “ma tanto la Banca sta trasferendo il ramo ad una società soggetta al suo controllo”, poiché si è fin troppo consapevoli che la Banca in tal modo non sarebbe più giuridicamente responsabile del destino dei rapporti di lavoro, dato che il ruolo di nuovo datore di lavoro “formale” spetterebbe ad un’altra società, ancorchè da essa controllata, in quanto soggetti giuridici distinti.

Per quanto riguarda invece le garanzie occupazionali, ci si chiede quale valore concreto possano assumere dal momento che la possibilità di reintegro dei lavoratori in BNL (o in un’altra società del Gruppo) a fronte di una serie di circostanze – tensioni occupazioni conseguenti a crisi aziendale, trasformazione dell’attività, rilevanti processi di organizzazione e/o di ristrutturazione, qualsivoglia operazione societaria, ivi compresa la cessione di ramo d’azienda – è rivolta ai “lavoratori ancora in esubero una volta esperite le procedure di contrattuali e di legge tempo per tempo vigenti, non altrimenti ricollocabile nell’ambito della NewCo e nei confronti del quale non siano applicabili gli strumenti di cui al D.M. 158 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni (si veda, da ultimo, il Verbale di Accordo del 20 dicembre di adeguamento del Regolamento del Fondo alle previsioni di cui alla l. n. 92/2012) e che non abbia maturato il diritto al trattamento pensionistico INPS”. L’eventuale rientro non soltanto è legato ad una serie di variabili che lo rendono altamente incerto, ma è inoltre percepito da chi lo propone come un evento da gestire con misure di gestione delle eccedenze di personale di cui al D.M. 158 del 2000 (e successive modificazioni).

Particolare attenzione merita inoltre la previsione secondo cui nei casi in cui la BNL perda il controllo della NewCo “entro un periodo di 15 anni a decorrere dalla data di efficacia giuridica del conferimento il personale di BNL conferito alla NewCo in virtù del presente accordo potrà formulare, entro 6 mesi dalla predetta operazione societaria, richiesta di rientro in BNL” (punto 3, art. 3). Quali effetti produce nei confronti dei lavoratori la cessione del controllo della società nuova datrice di lavoro? Bisogna fare molta attenzione a questo passaggio, il trasferimento delle quote di partecipazione da una società ad un’altra, non comporta una ulterire modifica formale del datore di lavoro; nel caso in esame si immagini ad esempio che la BNL trasferisca le quote di maggioranza della NewCo alla società “Pinco Pallo”, i lavoratori restano comunque dipendenti della NewCo. In tali circostanze, ad essi non spettano le tutele sancite dall’art. 2112, anche se di fatto la società che acquista le quote potrebbe far riferimento ad una realtà aziendale totalmente diversa, e non è escluso che possa trattarsi di una società del settore dei servizi. Il rientro in BNL avverrebbe “senza soluzione di continuità” per espressa previsione dell’accordo e non perchè si applica, per intero, la norma in questione. Tra l’altro, a quanto pare si tratterebbe di una mera eventualità perchè potrebbe avvenire “laddove possibile in relazione alle esigenze tecniche, produttive e organizzative, ed all’effettuazione di eventuali” e non necessariamente nello stesso ufficio ma “nell’ambito della Regione di provenienza degli interessati o comunque nella sede più vicina disponibile”.

Infine, in tutte le ipotesi di tensioni occupazionali che sfocino nel rientro in BNL (o in un’altra società del Gruppo) viene prevista la possibilità di potere (ri)assumere “anche con l’assegnazione a mansioni non strettamente equivalenti (demansionamento) … in deroga a quanto previsto dall’art. 2013 c.c.”.

Questi e tanti altri aspetti andrebbero approfonditi per potere valutare l’impatto dei trasferimenti di rami d’azienda sul destino lavorativo delle persone coinvolte.

li.undiemi@gmail.com

ernesto.cirillo@legalicirillo.it

Potete scaricare l’accordo da questo link http://www.fisac-cgil.it/accordi-bnl-bnp-paribas

a cura di InfoAut Bnl

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