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“DEL DOMAN NON V’E’ CERTEZZA” E “COGLI L’ATTIMO FUGGENTE”

L’ESITO ELETTORALE DELLA PRIMAVERA 2014 TRA EUROPEE E AMMINISTRATIVE

(10 Giugno 2014)

L’esito complessivo di questa tornata elettorale 2014, tra elezioni europee, regionali e amministrative parziali, ci consegna alcuni inediti elementi di riflessione: o, meglio, consolida alcune tendenze che già si erano osservate in passato ma che adesso possono essere analizzate in maniera più compiuta.
Si può valutare già una prima certezza: se ancora ci fossero stati dubbi deve essere dichiarato come il fenomeno dell’astensionismo “politico” si sia insediato al centro del sistema politico italiano, determinando in gran parte gli esiti elettorali.
Non si tratterà, probabilmente, di un fenomeno passeggero ma, al contrario, in sicura crescita non tanto dal punto di vista percentuale (sotto quest’aspetto si verificheranno sicuramente delle oscillazioni anche consistenti) ma proprio sui modi d’utilizzo dell’arma del voto: confluiscono in essa alcuni fattori di grande rilievo e di diversa entità e origine.
Primo fra tutti quello di un’indifferenza molto diffusa, il secondo quello della protesta ma ne emergono altri due che finora non si era espressi in maniera così massiccia: il primo riguarda la non riconoscibilità della rappresentanza ridotta alla personalizzazione (una quota di elettorato non si riduce a scegliere “tra le persone” chiede qualcosa di più), il secondo quello della scelta tra il tipo di elezione, un fenomeno già presente in passato ma oggi particolarmente accentua tosi attraverso il quale si pone, ad esempio, il tema della validità dei ballottaggi per l’elezione di una figura monocratica sempre più dotata di ampi poteri quale quella del Sindaco.
All’origine del fenomeno dell’astensionismo quindi una molteplicità di fattori agenti di volta, in volta che ne fanno elemento di scelta sicuramente “trasversale” e quindi particolarmente “solida”.
Il secondo punto riguarda la cosiddetta “volatilità elettorale”, enormemente cresciuta nel corso degli ultimi anni dopo decenni di sostanzialità staticità all’interno di una sorta di “logica dei blocchi”.
Nell’occasione delle elezioni politiche del 2013, infatti, il mutamento di scelta elettorale ha raggiunto il 40%, superando sicuramente il 30% con le elezioni europee 2014: percentuali davvero ragguardevoli.
Un ulteriore tasso di volatilità (accompagnato da una decisa crescita dell’astensionismo) si è registrato nel corso dei ballottaggi delle recentissime elezioni comunali.
In questo caso, però, è risultata decisiva la cosiddetta scelta “last minute” eseguita da un elettorato incerto, prima di tutto, tra l’astensione e la presenza al voto e poi convinto a corrispondere un suffragio da fattori episodici: il tutto si è tradotto, proprio nel caso dei ballottaggi di domenica scorsa, in una vera e propria “diagonalità” del voto con vere e proprie reciproche invasioni di campo da parte dei diversi soggetti rispetto ai loro tradizionali insediamenti. I casi di Livorno, Perugia, Riccione, Pavia, Cremona ma anche Casal di Principe, Bagheria, Civitavecchia, Ventimiglia rappresentano sicure esemplificazioni nel senso appena indicato.
Tutto questo ci fa pensare ad un’ormai avvenuta “diversità di mappatura politica” tra gli esiti elettorali di ogni singola tornata, stemperando anche lo stesso concetto di “partito nazionale”.
L’espressione di voto cosiddetta “last minute” appare influenzata, come abbiamo visto da fattori contingenti, come – nell’ultimo caso – dall’esplosione degli scandali ma, più in generale, emerge un fattore di tipo strutturale sul quale va posto il massimo possibile dell’attenzione: personalizzazione della politica e utilizzo delle tecnologie comunicative avanzate hanno spostato infatti il peso determinante in funzione delle scelte collettive sul terreno della “comunicazione degli annunci” anziché, come tradizionalmente, sulla “relazione dei fatti politici e/o amministrativi”.
Un fattore che ha provocato, nel caso delle elezioni amministrative, una richiesta di “ricambio” comunque, in esito – appunto –alla bontà di comunicazione politica messa in campo dai diversi candidati.
Questi mutamenti appena descritti rappresentano il vero punto di distorsione della democrazia costituzionale al quale s’intende rispondere negando, praticamente, il principio di fondo della rappresentatività politica contenuto nel dettato costituzionale: quel dettato che esclude il presidenzialismo e conclama la centralità dei consessi elettivi, in ispecie del Parlamento.
Si è trattato di un mutamento profondo nella natura stessa del rapporto tra società e politica che richiede una riflessione di fondo sulla qualità stessa della nostra democrazia, in questo momento (nonostante le grandi proclamazioni europeistiche) non allineata a qualsiasi altro modello “esterofilo”.
E’ il caso, davvero, di ripensare sul serio l’organizzazione dell’insieme dell’organizzazione istituzionale, con particolare attenzione ai sistemi elettorali al riguardo dei quali mai come in questo momento si attaglierebbe un profilo di proporzionalità e all’organizzazione dei soggetti intermedi e di sintesi politica, nella sostanza ad una nuova riconoscibilità dei partiti.
Se si proseguirà su questa strada lastricata di sassi, è possibile che alla fine ci si trovi all’inferno di una secca limitazione della praticabilità democratica, con una visione della politica legata al giovanilistico “vincere!”: una visione che dovrebbe essere osteggiata con determinazione ben maggiore di quella che si sta utilizzando adesso.

Franco Astengo

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