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Elezioni? Rivoluzione!

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(8 Maggio 2012) Enzo Apicella

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LE CONSEGUENZE DEL VOTO (SECONDA PARTE): DOMANDA SOCIALE, MOBILITA’ ELETTORALE, SVOLTA AUTORITARIA

(10 Giugno 2014)

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A completamento dell’analisi fin qui sviluppata attorno ai risultati elettorali relativi alla tornata primaverile 2014 (Europee, Regionali e Amministrative parziali) rimangono da approfondire le ragioni per le quali, verosimilmente, si accentuerà la tendenza verso un’ulteriore limitazione dell’agibilità democratica, di vera e propria svolta autoritaria: tendenza che, con ogni probabilità, si rovescerà direttamente sulla legge elettorale.
A partire dagli anni’80 le concentrazioni del dominio capitalistico su scala globale avevano individuato nell’eccesso di domanda sociale che emergeva dalle cosiddette “società affluenti” il nemico da battere.
Sul piano politico fu adottata, allora, l’arma della “riduzione” nel rapporto tra politica istituzionale e società che, nel complesso “caso italiano” dell’epoca si concretizzò nell’attacco al sistema dei partiti e nell’adozione di sistemi elettorali di tipo maggioritario – presidenzialistico.
In questo modo si è proceduto per un vero e proprio “svuotamento” delle differenze ideali e politiche: uno “svuotamento” condotto nel nome della governabilità e della cancellazione della distinzione della dicotomia destra/sinistra.
Si trattò di criteri adottati e/o accolti, in nome di una presunta modernità, dalla quasi totalità degli attori presenti sulla scena politica: i (mal considerati “residui identitari”) si collocarono in gran parte, tra l’altro, sulle “fratture” più negative come quella razzista e dell’esclusione dell’altro.
Questo meccanismo ha portato a una vera e propria esasperazione del personalismo e – appunto – dell’idea della governabilità quale unico, esaustivo, fine dell’agire politico.
Per questa via si è quindi proceduto a una vera e propria modificazione strutturale della relazione intercorrente tra spazi politici e società, puntando secco sulla marginalizzazione (quando non alla criminalizzazione) di tutti i soggetti considerati anti-sistema, in primis di quelli rappresentativi della contraddizione dello sfruttamento (dell’uomo e della natura): fossero questi partiti identitari, sindacati, soggetti associativi.
Il passaggio successivo, accompagnato da un massiccio bombardamento mediatico finalizzato al completamento del processo già inoltrato di costruzione di un’anti-cultura dell’individualismo sociale di tipo consumistico è stato quello del generalizzare la percezione collettiva della necessità indifferibile di riferirsi al modello già definito “dell’uomo solo al comando”.
L’unica variabile concessa, in questa fase, è stata quella della rappresentanza di segmenti sociali di tipo “neo-corporativo”.
Così, tanto per far un esempio, si sono imposti Renzi e Grillo mentre declinava la stella tardo-populistica di Berlusconi.
Nel contempo, però, l’aggressione totale condotta verso una qualsivoglia idea di permanenza di corpi intermedi in grado di far sintesi e proposta ha portato (come abbiamo visto nelle recentissime elezioni amministrative) a un dilagare incontrastato della solitudine sociale e politica che ha alla fine ha condotto a un’estremizzazione della mobilità elettorale intesa sia dal punto di vista di una forte accentuazione della volatilità, sia di una crescita non controllabile dell’astensione.
La situazione in atto minaccia, quindi, di presentare aspetti di un qualche insopportabile, per il potere costituito, “difetto di controllo”.
Il tutto, naturalmente, agevolato dalla questione morale, dalla caduta di qualità culturale, della perdita di senso dell’azione politica.
La soluzione a questo punto è già praticamente pronta e corrisponde alla già tanto attesa e meditata (Documento P2 del 1975 e varie grandi riforme agognate successivamente) “svolta autoritaria”.
Una svolta autoritaria che sarà realizzata, in principio, prima di tutto attraverso un rinnovato fuoco incrociato di “media“ sempre più asserviti al progetto di costruzione di un regime e successivamente attraverso opportune riforme costituzionali di stampo presidenzialista, di ulteriore distruzione di corpi istituzionali di rappresentanza politica (Senato, Province) e di una legge elettorale prevedente il taglio secco di parti rilevanti delle sensibilità politiche presenti nel Paese.
Il tutto ovviamente in nome della riduzione della spesa pubblica e della proclamazione di una nuova “moralità” dell’autoritarismo, ormai sottratto a qualsiasi ipotesi di seria verifica pubblica.

Franco Astengo

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