">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Libro verde

Libro verde

(26 Agosto 2010) Enzo Apicella
"The Negro Motorist Green Book" era la guida che permetteva ai Neri di viaggiare negli Usa segregazionisti utilizzando le poche strutture (mezzi di trasporto, alberghi, ristoranti, negozi...) che non negavano loro l'accesso.

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

APPUNTAMENTI
(Imperialismo e guerra)

SITI WEB
(Imperialismo e guerra)

Dietro gli accordi di associazione tra Ue e Ucraina, Georgia e Moldavia

(28 Giugno 2014)

Europa- Italia -Ucraina. L’abolizione dei dazi e altre misure di «liberalizzazione», previste dagli accordi, metteranno queste economie – soprattutto quella ucraina, la più importante – nelle mani delle multinazionali non solo europee, ma statunitensi

petropo

Petro Poroshenko

Deve essere chiaro dove vuole andare l’Unione euro­pea, ha chie­sto Mat­teo Renzi. Sfon­dando un uscio aperto: la dire­zione da seguire è già stata decisa, prima che a Bru­xel­les, a Washing­ton. Gli accordi di asso­cia­zione e libero scam­bio con l’Unione euro­pea, fir­mati ieri da Ucraina, Geor­gia e Mol­da­via, hanno non solo una valenza eco­no­mica, ma poli­tica e strategica.

L’abolizione dei dazi e altre misure di «libe­ra­liz­za­zione», pre­vi­ste dagli accordi, met­te­ranno que­ste eco­no­mie — soprat­tutto quella ucraina, la più impor­tante — nelle mani delle mul­ti­na­zio­nali non solo euro­pee, ma sta­tu­ni­tensi. L’Ucraina, secondo le stesse deci­sioni del governo e del par­la­mento di Kiev, cederà il 49% della pro­prietà dei gasdotti e dei depo­siti sot­ter­ra­nei di gas a com­pa­gnie sta­tu­ni­tensi (soprat­tutto Exxon­Mo­bil e Che­vron) ed euro­pee, che di fatto ne avranno il pieno controllo.

A que­sto alla fine è ser­vito il soste­gno bipar­ti­san alla rivolta di Maj­dan di Repub­bli­cani e Ammi­ni­stra­zione Usa. Allo stesso tempo, la pre­vi­sta «moder­niz­za­zione» dell’agricoltura ucraina per­met­terà soprat­tutto alle sta­tu­ni­tensi Car­gill e Mon­santo di impa­dro­nirsi di quello che un tempo era «il gra­naio dell’Urss». È un set­tore di pri­ma­ria impor­tanza: l’agricoltura ucraina, la cui pro­du­zione è aumen­tata come valore di circa il 14% nel 2013, for­ni­sce il 10% del pil e il 25% dell’export.

Il con­trollo della rete di gasdotti e dell’agricoltura ucraine for­nirà, soprat­tutto a Usa e Ger­ma­nia, un potente stru­mento di pres­sione sulla Rus­sia. Essa dipende in gran parte dai cor­ri­doi ener­ge­tici ucraini per espor­tare gas nella Ue ed assorbe oltre un quarto delle espor­ta­zioni ucraine, soprat­tutto agri­cole. Lo stru­mento eco­no­mico è fun­zio­nale alla stra­te­gia annun­ciata dal G7 che, svol­tosi a Bru­xel­les prima del Con­si­glio euro­peo, ha fatto pro­pria la linea di Washing­ton. Dopo aver annun­ciato un pro­gramma del Fmi da 17 miliardi di dol­lari per l’Ucraina, più altri 18 inve­stiti dai Sette per impa­dro­nirsi della sua eco­no­mia, il G7 «con­danna la Fede­ra­zione Russa per la sua con­ti­nua vio­la­zione della sovra­nità dell’Ucraina». For­mula fatta pro­pria dal Con­si­glio Ue il 23 giugno.

Tutto ciò spiana la strada all’ulteriore espan­sione dell’Alleanza atlan­tica fin den­tro il ter­ri­to­rio dell’ex Unione sovie­tica. Non va dimen­ti­cato che Ucraina, Geor­gia e Mol­da­via erano repub­bli­che sovie­ti­che e che l’attacco dell’esercito geor­giano all’Ossezia del sud, nel 2008, rien­trava sicu­ra­mente nella stra­te­gia Usa/Nato. E che già 23 dei 28 paesi della Ue sono oggi mem­bri della Nato: di con­se­guenza le deci­sioni prese nell’Alleanza, sotto lea­der­ship sta­tu­ni­tense, deter­mi­nano gli indi­rizzi dell’Ue. Tanto più che con le nuove «asso­cia­zioni» sia avvia l’iter — assai lungo — dell’ingresso di tre Stati di fatto alle prese con guerre e seces­sioni, come dimo­stra la crisi ucraina con il con­flitto nel Don­bass, la Trans­d­n­j­stria per la Mol­da­via e l’Abkazia per la Georgia.

Crisi che sem­brano ali­men­tate appo­sta per richia­mare più che la neces­sa­ria poli­tica di media­zione comu­ni­ta­ria, il ruolo di un’alleanza mili­tare viva e vegeta sul campo, la Nato che, invece, sarebbe dovuta scom­pa­rire come peri­co­loso fer­ro­vec­chio della Guerra fredda.

In tale situa­zione l’Italia fa la parte del vaso di coc­cio. Sia per­ché l’associazione dell’Ucraina all’area Ue di libero scam­bio per­met­terà alle mul­ti­na­zio­nali Usa ed euro­pee di con­trol­lare — siamo al para­dosso del neo­pro­te­zio­ni­smo libe­ri­sta — attra­verso l’immissione dei pro­dotti ucraini, il mer­cato agri­colo euro­peo e ita­liano, già in grave dif­fi­coltà eco­no­mica e sociale. Men­tre di fatto gli Usa attuano un rigo­roso pro­te­zio­ni­smo sulla loro pro­du­zione. Ma soprat­tutto per la que­stione cen­trale delle fonti di ener­gia. Basti pen­sare che sotto pres­sione degli Stati uniti, la Bul­ga­ria ha bloc­cato da poche set­ti­mane il gasdotto South Stream, la pipe­line stra­te­gica che dovrebbe tra­spor­tare il gas russo nell’Unione senza pas­sare per l’Ucraina.

Que­sto ten­ta­tivo sta­tu­ni­tense (soste­nuto dalla Com­mis­sione Ue) rischia di far per­dere all’Italia con­tratti per miliardi di euro, tra cui uno da 2 miliardi che la Sai­pem (Eni) si è appena aggiu­di­cata.
Sulla stampa inter­na­zio­nale vi sono voci ormai insi­stenti (smen­tite da Palazzo Chigi) che l’Italia voglia «con­ge­lare» il pro­getto, nato da un accordo italo-russo (fir­mato nel 2007 da Ber­sani). Nel pro­getto, il ter­mi­nale del South Stream è pre­vi­sto a Tar­vi­sio (Udine), che fun­zio­ne­rebbe da hub per lo smi­sta­mento del gas anche in altri paesi. Ora però la russa Gaz­prom e l’austriaca Omv hanno fir­mato un accordo che pre­vede il pro­lun­ga­mento del gasdotto fino in Austria, che potrebbe total­mente sosti­tuire l’Italia come hub.

Su que­sto sfondo Renzi, prima di chia­rire dove vuole andare l’Ue, chia­ri­sca dove vuole andare l’Italia. Se vuole restare o no sulla scia della stra­te­gia Usa-Nato che sta por­tando l’Europa a un altro peri­co­loso e costoso con­fronto Ovest-Est.

Manlio Dinucci, Tommaso Di Francesco - il manifesto

6174