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Piano Sarkozy

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(25 Agosto 2011) Enzo Apicella
Sarkozy esterna il suo piano per il dopo-Gheddafi, rivendicando per la Francia un ruolo più importante nella rapina delle materie prime libiche

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A CENT’ANNI DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE: IL CROLLO DELLA SECONDA INTERNAZIONALE

(31 Luglio 2014)

acentanni

Jean Jaurès

Lo scoppio della prima guerra mondiale e il crollo della seconda Internazionale verificatosi nello stesso momento rappresentano due fatti decisivi nella storia del movimento operaio internazionale: anzi c’è chi sostiene che la “nostra” sconfitta storica si sia verificata proprio in quel frangente.
Questa ricostruzione intende semplicemente ripristinare una memoria degli avvenimenti susseguitisi tumultuosamente nei giorni precedenti lo scoppio del conflitto e gli esiti immediati di quei fatti: la rigorosità storica è garantita dai riferimenti bibliografici che si trovano in chiusura del testo e che rappresentano sicuramente le fonti più autorevoli e importanti a disposizione degli studiosi.
Andando per ordine.
Un congresso dell’Internazionale socialista avrebbe dovuto riunirsi a Vienna nell’agosto del 1914, ma il 28 giugno l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, fu assassinato a Sarajevo.
Il governo austriaco consegnò alla Serbia il 23 luglio un ultimatum in termini molto duri e inaccettabili cui seguì, cinque giorni dopo, la dichiarazione di guerra.
Gli austriaci non avrebbero osato tanto se non avessero avuto l’assicurazione di un intervento tedesco nel caso i russi si fossero mossi in aiuto della Serbia, come, in effetti, avvenne.
A quel punto Francia e Gran Bretagna furono coinvolte nel conflitto e tra il 1 Agosto giorno della dichiarazione di guerra della Germania alla Russia e il 26 dello stesso mese, inizio della battaglia di Tannenberg sia il fronte occidentale, sia quello orientale, sia quello balcanico erano già in pieno movimento.
La grande guerra era cominciata e il movimento socialista internazionale, invece di compiere tentativi unitari per fermarla, si era diviso irreparabilmente.
Prima dell’effettivo scoppio della guerra si era deciso di trasferire a Parigi il congresso dell’Internazionale già convocato, come si è visto, a Vienna, ma il progetto fu poi definitivamente abbandonato.
Il 15 e 16 Luglio si svolse a Parigi uno speciale congresso del Partito Socialista Francese, al quale presero parte anche vari dirigenti di altri partiti socialisti europei: i russi Plechanov e Rubanovic, i belgi Anseele e Wauters, l’olandese Vliegen e il tedesco Karl Liebknecht.
Il partito socialista francese si divise: da una parte Vaillant e Jaures sostennero la necessità di proclamare uno sciopero generale contro la guerra e dall’altra Guesde e (sorprendentemente) Hervè considerarono impossibile organizzare uno sciopero europeo in contemporanea fra i diversi paesi e avanzarono anche l’idea della necessità di difendere la presenza del socialismo in Francia.
Il congresso terminò con una debole maggioranza a favore di uno “sciopero generale, organizzato simultaneamente sul piano internazionale, nei paesi interessati”.
Pochi giorni dopo, il 29 Luglio, quando l’Austria aveva già dichiarato guerra alla Serbia, l’Ufficio internazionale socialista tenne a Bruxelles una riunione di emergenza alla quale parteciparono: Jaures, Guesde, Vaillant, Sembat e Longuet per la Francia, Viktor e Friederich Adler per l’Austria, Burian e Nemec per l’Ungheria e la Boemia, Rubanovic per la Russia, Vandervelde per il Belgio, Oddino Morgari per l’Italia, Hardie, Glasier e Irving per la Gran Bretagna, Haase presidente dell’SPD e del gruppo al Reichstag per la Germania. Era presente anche Rosa Luxemburg in rappresentanza del partito polacco.
Su mozione di Haase fu deciso di convocare per il 9 Agosto una sessione speciale del congresso dell’Internazionale.
Ma a quella riunione austriaci e ungheresi dichiararono che la guerra contro la Serbia era molto popolare in Austria e che i socialisti non erano in condizione di potersi opporre, anche se avevano protestato per il tono dell’ultimatum inviato alla Serbia il 23 luglio, cui era seguita la dichiarazione di guerra.
L’assemblea uscì sconcertata da queste dichiarazioni ma Haase sostenne che il partito tedesco si sarebbe opposto a un intervento della Germania anche nel caso in cui la Russia avesse dichiarato guerra all’Austria.
Nel corso di una grande manifestazione pubblica che si tenne subito dopo la riunione, Haase nel suo comizio ribadì la posizione fermamente contraria alla guerra da parte dell’SPD sollevando vere e proprie ovazioni da parte della folla presente.
La risoluzione approvata dall’Internazionale invitava tutti i movimenti operai dei paesi interessati a intensificare le dimostrazioni contro la guerra esercitando tutta la pressione di cui potevano essere capaci per impedirla.
Dopo un’altra riunione, tenuta la mattina del 30 Luglio, i delegati tornarono nei rispettivi paesi.
Il giorno seguente, 1 Agosto, Jaures con una delegazione del Partito Socialista Francese cercò, invano, di farsi ricevere dal Primo Ministro l’ex-socialista Viviani: la sera stessa il grande dirigente socialista fu assassinato da un giovane reazionario mentre cenava in un ristorante assieme ai compagni della redazione dell’Humanitè.
La morte di Jaures fu un terribile colpo per i socialisti non soltanto francesi ma d’ogni paese.
Jaures era stimato e ammirato quasi universalmente.
Anche Rosa Luxemburg che pure sul piano politico lo avversava fieramente, era una sua grande ammiratrice e amica personale.
La sua fine improvvisa lasciò i socialisti francesi senza guida, perché né Guesde, né Vaillant avevano una statura sufficiente per occuparne il posto.
Ormai però il precipizio verso la guerra era spalancato: i russi avevano deciso di intervenire contro l’Austria, e il governo tedesco di dichiarare guerra alla Russia, come, infatti, accadde immediatamente il giorno seguente la morte di Jaures.
Lo stesso 1 Agosto arrivò a Parigi Hermann Muller in qualità di rappresentante dell’SPD, era accompagnato dal belga Henri De Man ma lo scopo della sua missione non era quello di fare proposte concrete ma semplicemente di scambiare informazioni.
Muller sostenne che il partito tedesco non avrebbe votato a favore al riguardo dei crediti di guerra, ma che nel partito esisteva una forte tendenza favorevole all’astensionismo.
In Germania, precisò Muller, la guerra appariva agli occhi di molti come una crociata condotta dalla Germania contro la barbarie russa: la colpa del conflitto avrebbe comunque dovuto essere attribuita alle classi dominanti di tutte le potenze imperialistiche.
Il giorno dopo la Germania invadeva il Belgio e l’effetto di ciò fu che praticamente tutti i socialisti belgi abbracciarono la causa della difesa nazionale: due giorni dopo, il 4 Agosto, scese in guerra anche la Gran Bretagna.
Quello stesso giorno il Reichstag votò i crediti di guerra e i socialdemocratici votarono compatti a favore.
Ciò non significava che fossero tutti d’accordo: nella riunione del gruppo parlamentare 14 deputati su 111 si erano dichiarati contrari.
Ma poi la minoranza guidata da Haase si inchinò alla disciplina di partito: anche Liebknecht, che poi avrebbe assunto posizioni radicalmente diverse, si adeguò in questa occasione alla volontà della maggioranza.
I tedeschi si erano impegnati contro la guerra ma mai avevano pensato di oltrepassare i limiti costituzionali ed erano stati sempre contrari alla proposta di reagire attraverso azioni di sciopero come pure a ogni idea di protesta di tipo insurrezionale.
Il governo tedesco, nel valutare le possibili reazioni della classe operaia, contò sull’intensità dei sentimenti antirussi diffusi nella società: la grande maggioranza dei socialdemocratici si sarebbe limitata a protestare, senza rivolte o scioperi che potessero ostacolare la mobilitazione o bloccare i rifornimenti bellici.
In Russia c’erano stati, nel mese di luglio, grandi scioperi e manifestazioni contro la guerra.
Ma anche in Russia i socialisti erano divisi e ci fu un’ondata di patriottismo panslavo non appena la Germania dichiarò guerra alla Russia.
I socialdemocratici in esilio come Lenin rimasero tenacemente contrari alla guerra, ma soltanto una piccola minoranza concordò con lui nell’idea che la guerra potesse essere il mezzo per scatenare la rivoluzione in Russia e nel mondo, e si mostrò disposta ad adottare una politica disfattista come parte del progetto rivoluzionario.
In nessuno dei cinque principali Stati che scesero in guerra nel 1914 l’esistenza di un movimento socialista esteso e organizzato non servì per impedire la guerra.
Le responsabilità maggiori debbono essere assegnate, comunque, ai tedeschi e agli austriaci perché l’Austria e la Germania erano i paesi aggressori.
Naturalmente, anche adesso a distanza di un secolo, è necessario considerare la situazione nel suo complesso.
La guerra rappresentò la fase finale di una guerra fredda internazionale molto complessa, che si protraeva ormai da parecchi anni: dietro la controversia austro – serba c’era la lunga storia delle rivalità imperialistiche nei Balcani; tra Gran Bretagna e Germania c’era la lotta per l’influenza coloniale, nell’Europa Occidentale era ancora aperta, dal 1870, la questione dell’Alsazia – Lorena.
Mentre la situazione andava precipitando in Francia il 26 agosto due socialisti, Guesde e Sembat, erano entrati nel governo Viviani mentre in Belgio Vandervelde era già entrato nel governo il 4 agosto.
In Gran Bretagna l’ingresso dei laburisti nel governo avvenne soltanto nel maggio 1915.
Negli altri paesi belligeranti (esclusa l’Italia entrata in guerra nel maggio del 1915) l’entrata dei socialisti al governo si ebbe soltanto dopo moti rivoluzionari: in Russia nel 1917 con la rivoluzione di febbraio e in Germania e in Austria dopo la fine della guerra.
Dopo il convegno di Bruxelles del luglio 1914 la Seconda Internazionale cessò di funzionare come espressione collettiva della politica internazionale socialista.
Il segretario dell’Internazionale, il belga Camille Huysmans trasferì il quartier generale dell’organizzazione in Olanda cercando di mantenere rapporti con i partiti sia nei paesi belligeranti, sia in quelli rimasti neutrali.
Nel gennaio del 1915 si riunì a Copenaghen una conferenza dei partiti socialisti dei paesi neutrali che sollecitò l’Ufficio internazionale a convocare una conferenza internazionale.
Il mese successivo si riunì a Londra la prima di una serie di conferenze dei socialisti alleati, mentre una conferenza dei socialisti delle Potenze Centrali si tenne a Vienna nel 1915.
Nel marzo del 1915 soprattutto per iniziativa di Klara Zetkin, si tenne a Berna una conferenza internazionale delle donne socialiste da cui uscirono risoluzioni che chiedevano la fine immediata del conflitto.
Durante questa assemblea, sotto l’influenza di Lenin, i socialdemocratici russi si staccarono chiedendo una completa rottura col “socialsciovinismo” e la costituzione di una nuova Internazionale.
Nel frattempo Grimm, insieme a Morgari, del Partito socialista italiano, persisteva nel tentativo di convincere i dirigenti della Seconda Internazionale a convocare i partiti affiliati all’Internazionale.
Poiché essi si rifiutavano, gli italiani decisero di prendere l’iniziativa e indissero una conferenza con lo scopo non di formare una nuova Internazionale, ma di ristabilire i rapporti internazionali e di promuovere un’azione comune per la pace.
Da questa iniziativa scaturì la conferenza di Zimmerwald del settembre 1915, generalmente considerata la precorritrice della Terza Internazionale.
Lenin, che partecipò alla conferenza propose di procedere subito alla costituzione della nuova Internazionale, ma non riuscì a imporsi né a Zimmerwald né alla conferenza successiva che si tenne a Kienthal nell’aprile del 1916.
Entrambe queste assemblee furono rappresentative di un diverso ventaglio di posizioni, da chi pensava alla guerra come occasione rivoluzionaria a chi puntava a una “pace negoziata”.
A Zimmerwald i delegati francesi e tedeschi, Merrheim e Bourderon della CGT, George Ledebour e Adolf Hoffmann della minoranza tedesca firmarono una comune dichiarazione di fratellanza, che comprendeva una denuncia della violazione della neutralità belga scritta dallo stesso delegato tedesco Ledebour.
Trockij, insieme a Grimm e alla olandese Henriette Roland – Holst stese la dichiarazione principale di quella stessa conferenza e Lenin la sottoscrisse dopo che la sua proposta era stata respinta con 19 voti contro 12.
Da Zimmerwald e Kienthal uscirono così, ancora in precedenza allo scoppio della rivoluzione russa, due orientamenti diversi per la ripresa dell’azione socialista a livello internazionale.
Il primo, sostenuto dai partiti dei paesi neutrali, in mano ad un comitato scandinavo – olandese di cui erano i principali esponenti il norvegese Branting e l’olandese Troelstra avrebbe tentato, vanamente, di convocare a Stoccolma una conferenza socialista per la pace alla quale si sperava di far partecipare i partiti socialisti di entrambi i gruppi belligeranti.
Il secondo punto di vista, quello legato all’istanza leninista della guerra come fattore rivoluzionario, avrebbe rappresentato l’elemento politico sul quale si sarebbe poi fondata la Terza Internazionale, all’indomani della vittoria dei bolscevichi.
Era maturata una vera e propria svolta sul piano della filosofia politica: Lenin aveva introdotto con grande forza il filone teorico anti-evoluzionista e anti – determinista che avrebbe poi avuto, proprio in Italia un forte sviluppo innovando fortemente la tradizione del socialismo italiano in particolare attraverso le opere e la figura di Antonio Gramsci, fondatore con Amadeo Bordiga del Partito Comunista.
Non è questo, però, l’oggetto di questo abbozzo di ricostruzione storica.
Non rimane, infatti, da aggiungere che il crollo della Seconda Internazionale nel 1914 poteva essere previsto. Senza dubbio, argomenta G.D.H Cole nella sua “Storia del pensiero socialista”, lo avevano previsto i governi delle grandi potenze che scesero in guerra senza preoccuparsi affatto delle minacce dei socialisti.
Fin dal congresso di Stoccarda del 1907 e poi da quello di Copenaghen del 1910 si era visto chiaramente che l’Internazionale non aveva una linea coerente capace d’impedire veramente la guerra.
Un’effettiva resistenza si sarebbe potuta opporre solo se i partiti socialisti fossero stati in grado di richiamare i propri scritti nel rifiutare la chiamata alle armi, attraverso un grande sciopero internazionalista.
Questo punto non fu mai preso in seria considerazione dai gruppi dirigenti, in ispecie da quello francese e da quello tedesco.
Da lì originarono sia la rovina della Seconda Internazionale sia, attraverso la concezione della guerra come fattore rivoluzionario, la vittoria della rivoluzione bolscevica: la storia aveva così definitivamente cambiato pagina.

Sono stati consultati i seguenti testi:
Storia del Marxismo a cura di H. Hobsbawm (secondo volume) ed. Einaudi 1977
Storia del Pensiero Socialista: La Seconda Internazionale di George D.H.Cole (secondo volume, prima parte) ed. Laterza 1968
Enciclopedia del pensiero politico diretta da R. Esposito e C. Galli ed. Laterza (2005)

Franco Astengo

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