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Al Qaeda

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(14 Settembre 2012) Enzo Apicella

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(12 Agosto 2014)

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Fuad Massum

Gli Stati uniti hanno ini­ziato l’invio di armi – senza spe­ci­fi­care quali – ai pesh­merga kurdi per­ché impe­di­scano l’avanzata dei jiha­di­sti dello Stato isla­mico in Iraq e nel Levante (Isil). Nel frat­tempo è stato eva­cuato il per­so­nale del con­so­lato Usa a Erbil, la capi­tale del Kur­di­stan ira­cheno. Forse è il segno che nem­meno Obama crede nella sua strategia.

Lo stato ira­cheno infatti si sta fran­tu­mando non tanto e non solo per l’arrivo dell’Isil o per il man­cato raf­for­za­mento mili­tare dell’opposizione siriana – come rim­pro­vera Hil­lary Clin­ton al pre­si­dente sta­tu­ni­tense – ma come risul­tato finale dell’occupazione mili­tare Usa dell’Iraq nel 2003. L’obiettivo per­se­guito fin dal 1991: la spar­ti­zione dell’Iraq in tre zone in base alle appar­te­nenze etnico-religiose, si sta rea­liz­zando con gli effetti più devastanti.

Seb­bene i com­bat­tenti kurdi siano stati gli unici a con­tra­stare, in parte, l’avanzata dei fana­tici jiha­di­sti non baste­ranno gli «aiuti» sta­tu­ni­tensi (i bom­bar­da­menti che con­ti­nuano da parte Usa e l’invio di armi) a scon­fig­gere al Qaeda, non potranno infatti essere i kurdi a «libe­rare» l’Iraq. Sem­bra di assi­stere al remake dell’avventura afghana quando gli Usa pun­ta­rono tutte le loro carte sui tagiki dell’Alleanza del nord. Il fal­li­mento afghano con il ritorno dei tale­ban evi­den­te­mente non è bastato.

I raid ame­ri­cani – il primo inter­vento in Iraq dopo il ritiro delle truppe nel 2011 – avreb­bero col­pito obiet­tivi dell’Isil, ma non è dato sapere quali. Del resto non è facile avere infor­ma­zioni dalla zona dei com­bat­ti­menti, soprat­tutto dopo che la gior­na­li­sta kurda Deniz Firat, dell’agenzia Firat, è stata uccisa da una scheg­gia. Deniz si tro­vava nella zona di Makh­mur la città che sarebbe stata ricon­qui­stata dai pesh­merga insieme a Gwer. L’Isil avrebbe invece occu­pato Jala­wla, più a est.

Nella pro­vin­cia di Ninive si sta con­su­mando la tra­ge­dia dei pro­fu­ghi delle mino­ranze: gli yazidi e i cri­stiani. Migliaia di yazidi soprav­vis­suti alle minacce, ai mas­sa­cri e alla fame, dalla zona di San­jir si sareb­bero diretti prima in Siria e poi nel Kur­di­stan, dove si tro­vano anche gran parte dei cristiani.

Ma l’attenzione nel frat­tempo si è spo­stata a Bagh­dad dove è in corso il brac­cio di ferro tra il nuovo pre­si­dente Fuad Mas­sum e l’ex pre­mier Nuri al Maliki, che non vuole rinun­ciare al terzo man­dato. Mas­sum ha dato l’incarico per for­mare il nuovo governo a Hai­der al Abadi, ma al Maliki sem­bra deciso a sfi­dare il presidente.

Al Maliki, abban­do­nato anche dagli ame­ri­cani, è uno dei mag­giori respon­sa­bili della situa­zione ira­chena. Dispo­tico, auto­ri­ta­rio – nello scorso man­dato aveva tenuto per sé il mini­stero della difesa, degli interni e il comando dell’intelligence – e ultra­set­ta­rio: ha escluso da tutti i ruoli di potere, dall’amministrazione pub­blica e dall’esercito, i sun­niti. Tanto che l’avanzata dell’Isil nelle zone sun­nite non ha tro­vato alcuna oppo­si­zione. Ma con­tro una nuova nomina di al Maliki, seb­bene il suo par­tito – Stato di diritto – abbia vinto le ultime ele­zioni (senza otte­nere la mag­gio­ranza), si è schie­rata anche gran parte dell’Alleanza nazio­nale sciita.
L’ex pre­mier por­terà la sua deter­mi­na­zione a restare al potere alle estreme con­se­guenze con un golpe, come lasce­rebbe inten­dere il dispie­ga­mento nei luo­ghi stra­te­gici di Bagh­dad dell’esercito, delle forze di poli­zia e delle unità di élite che rispon­dono solo a lui?

Il pre­si­dente Mas­sum, kurdo secondo la costi­tu­zione, forse in attesa degli ame­ri­cani, sta in qual­che modo ten­tando di fer­mare il «nuovo dit­ta­tore» come viene chia­mato al Maliki dall’opposizione.Ma comun­que for­nendo armi non si è mai posto fine alle guerre, la deriva in Libia lo dimostra.

Giuliana Sgrena, Il Manifesto

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