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(28 Novembre 2011) Enzo Apicella

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Renzi-Marino Opera prima.

(6 Ottobre 2014)

renzi-marinopera

Ignazio Marino, sindaco della città di Roma ascritto all'ala radicale del partito democratico, ha deciso di licenziare suonatori e coristi del Teatro dell'Opera della città che governa per cancellare loro tutto il salario integrativo conquistato in decine di anni di contrattazione. Una volta resi più convenienti e più poveri potranno essere impiegati nelle medesime mansioni ma alle dipendenze di un'altra azienda. Perché non una bella coop! (...)
Marino, sempre il sindaco dell'ala radicale, chiama l'operazione esternalizzazione. Con una disinvoltura a metà tra Razzi e Cetto La Qualunque Marino pretende così di dare una parvenza di legittimità ad un'operazione condotta al di fuori ed in spregio della legislazione vigente,del sistema contrattuale e del comune senso del pudore. Che a farlo sia, anche se decadente, pur sempre un'istituzione pubblica rende il quadro desolante e preoccupante. Nei giorni successivi la conferenza stampa dell'annuncio choc dell' "esternalizzazione" si è scatenata la canea. In un paese democratico e civile ci si sarebbe aspettati una sollevazione contro il sindaco licenziatore. Nel paese secondo Renzi la canea "orchestrata" dai media compiacenti si è invece scatenata contro i licenziati, rei di essersi organizzati sindacalmente, di difendere il loro salario dell'aggressione di Marino, rappresentati come privilegiati a difendere indifendibili indennità, da quella del vestiario a quella dell'umidità. Quando poi la canea non è sufficiente c'è sempre un sindacato pronto a dar manforte, la stessa Cisl che aveva indicato la via della resa a quei lavoratori, a dire che è colpa della loro resistenza se il padrone (Marino) ha dovuto ricorrere alle brutte maniere. Franceschini, inutile e dannoso ministro di questo paese, ha prontamente bocciato ogni possibile estensione del modello Marino al resto d'Italia. Per una ragione squisitamente reazionaria, in quanto a suo dire solo a Roma i lavoratori sono molto sindacalizzati. Come a dire che nel resto d'Italia li facciamo secchi subito e senza dare nell'occhio... Così, il messaggio non certo implicito che viene dall'Opera del governo, e' che il sindacato che lotta e difende i lavoratori e' incompatibile in questa fase. Così come sono incompatibili i lavoratori che si difendono. D'altro canto Marino licenzia persino Renzi con la sua "esternalizzazione" dimostrando sul campo che ci si può sbarazzare con facilità dei lavoratori in questo paese senza attendere il suo intervento sull'art.18. L'Opera di Marino ha quindi un valore generale, non è un incidente di percorso ma il tentativo di affermare un nuovo modello. Se non si sconfigge quel disegno passerà la prassi che rende il salario dei lavoratori unica moneta disponibile per pagare i debiti e competere. Ieri in Fiat oggi all'Opera. Un'altra dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di quanto sia falsa la battaglia contro l'austerità di Renzi. Il Jobs Act e' parte integrante del nuovo modello sociale che si sta costruendo intorno e contro di noi. Un modello autoritario, repressivo, di sfruttamento intensivo del lavoro umano in modo da rendere il salario e lo stato sociale variabile dipendente del mercato, dell'impresa e delle finanze pubbliche. Marino e Renzi al Teatro dell' Opera di Roma si riprendono gli ottanta euro, che peraltro ai lavoratori dell'Opera non avevano mai dato, e fanno il pernacchio a tutti i beoti che ancora sventolano la bandiera del nuovo verso. Se i problemi di bilancio si risolvono tagliando salari e peggiorando la condizione allora siamo solo all'inizio di una fase drammatica e dagli sbocchi imprevedibili. Spetta a tutti coloro che si oppongono alle politiche d'austerità passare dalle parole ai fatti. Ogni resistenza ai processi di impoverimento e precarizzazione del lavoro, ogni difesa di un presidio pubblico e dello stato sociale sono parte della battaglia contro il rigore che ci impongono. Se ci rifiutiamo di pagare noi il debito sulle nostre condizioni di vita e di lavoro e imponiamo un limite sotto il quale non si può scendere otterremo la rottura delle politiche d’austerità altrimenti la macchina del rigore continuerà a macinare e a spremere uomini e donne senza limite alcuno.

Sergio Bellavita

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