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    FMI: come non imparare niente a scuola

    (25 Ottobre 2014)

    fmicome

    di Alejandro Nadal

    La riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale della scorsa settimana a Washington è rivelatrice, nel peggiore dei sensi, dell’incapacità dei suoi funzionari di educarsi a partire dalle lezioni della storia.
    In poche parole, il FMI non ha potuto imparare niente di utile sulle origine e sulla natura della crisi del 2008. L’aria di importanza e di serenità che ostenta la diretrice in carica del FMI, la signora Lagarde, non ingannano nessuno.

    Tutti coloro che hanno seguito la riunione hanno potuto rendersene conto. L’economia mondiale ha già visto passare sei anni da che il collasso di Lehman Brothers nel 2008 portò il sistema finanziario mondiale sul filo della disintegrazione. Il presunto recupero è un ricorso retorico utilizzato dai politici e dai loro accoliti nell’accademia.
    Nemmeno i grandi beneficiari del casinò in cui si è trasformata l’economia mondiale parlano di recupero. Nel concilio annuale del FMI alcuni parlavano sotto voce quando si riferivano alle prospettive di una nuova eruzione del vulcano finanziario.

    I partecipanti alla riunione di Washington sanno che nessuna delle cause strutturali della crisi del 2008 è stata risolta. E le tre caratteristiche centrali dell’economia mondiale che hanno portato alla crisi si mantengono ferme, paralizzando i partecipanti nelle tradizionali riunioni annuali. Le lezioni continuano ad essere ignorate.

    Primo, la disuguaglianza continua ad essere l’elemento chiave del modello di accumulazione di capitale del neoliberismo. Per questa ragione l’indebitamento è risorto come motore di crescita nelle economie sviluppate.
    Il FMI gestisce bene la retorica della lotta alla disuguaglianza, ma tutte le sue raccomandazioni per affrontare la crisi intensificano la disuguaglianza. Ad esempio, tra le riforme strutturali che propone si trova la deregolamentazione del mitico mercato del lavoro. Queste misure distruggono le difese e il potere di negoziazione della classe lavoratrice, aggravando la cattiva distribuzione delle entrate.
    La signora Lagarde deve sapere che se qualcosa ha permesso una migliore distribuzione delle entrate negli anni “dorati” del capitalismo mondiale, questa è stata la presenza di sindacati forti che poterono livellare il terreno dei negoziati salariali a livello macroeconomico. Ma lei vede con orrore i meccanismi di difesa della classe lavoratrice.
    La direttrice del FMI disapprova anche la politica fiscale che mantiene una struttura impositiva redistributiva. E, fosse poco, non vede di buon occhio nemmeno la spesa pubblica che si traduca in investimenti per il benessere sociale. In sintesi, Lagarde disapprova tutte le componenti della politica macroeconomica che contribuirono negli anni ’50 e ’60 a mantenere una struttura meno diseguale nella società.

    Secondo, in base ai dati del FMI gli squilibri globali che precedevano la crisi si sono ridotti. In particolare il FMI sottolinea il fatto che il deficit degli Stati Uniti (e la sua controparte, l’eccedenza in Cina e Giappone) è stato significativamente tagliato. Ma questo si deve alla contrazione economica e alla riduzione della domanda nell’economia statunitense, a causa della crisi. Questa riduzione negli squilibri non si deve alla presenza di un meccanismo di aggiustamento dell’economia mondiale. Di fatto gli squilibri persistono nella zona euro e il FMI stesso riconosce che la loro presenza costituisce un elemento destabilizzante.
    Dire che le cose sono migliorate perchè la crisi ha provocato una brutale contrazione della domanda è equivalente a pensare che l’incendio è finito perchè quando ha consumato tutto quanto si è anche consumato tutto il materiale infiammabile.

    Terzo, il dominio che il capitale finanziario esercita continua e i suoi peggiori caratteri non sono stati regolamentati. Le priorità della politica macro continuano ad essere quelle del capitale finanziario e non quelle dell’economia reale. La mancanza di regolamentazione dei flussi di capitale e la carenza di controlli sulle pratiche di grande opacità che vengono tutti i giorni realizzate nei mercati finanziari continua ad essere uno dei compiti pendenti più importanti.

    Il conclave del FMI è sembrato più una riunione di pompieri preoccupati per gli incendi che si avvicinano e che capiscono di non avere gli strumenti per fermarli.
    La riunione del FMI ricorda le congregazioni della Lega delle Nazioni nel decennio del 1930. I diplomatici là riuniti credevano di aver appreso le “lezioni” della Prima Guerra Mondiale e quindi erano genuinamente interessati ad evitare una nuova conflagrazione. Ma non avevano strumenti per farlo per una ragione: la loro analisi della situazione era sbagliata e le “lezioni” che credevano di aver imparato dal conflitto armato del 1914 non erano quelle importanti.
    Qualcosa di simile succede al FMI.

    La funzione oggettiva del modello di accumulazione neoliberista è molto semplice. Si tratta di massimizzare la parte della torta che tocca all’1 per cento in cima alla scala sociale. La combinazione disuguaglianza+capitale finanziario sfocerà in un’altra grande crisi più prima che poi. Ma il FMI non può imparare la lezione.

    (*) Economista argentino.
    da: kaosenlared.net; 22.10.2014

    Traduzione di Daniela Trollio - Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

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