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Il dilemma dei generali

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(23 Giugno 2012) Enzo Apicella

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RENZI CHIAMA ALLA LOTTA DI CLASSE

(28 Ottobre 2014)

All’indomani della manifestazione della CGIL in Piazza San Giovanni il Presidente del Consiglio è stato molto chiaro: “il milione di lavoratori lì raccolti debbono servire per la lotta di classe”.
Non è un paradosso, anzi una chiara verità che i rappresentanti sindacali (comprensivi di quelle sigle che a Piazza San Giovanni non c’erano e non ci sono mai state) hanno appreso (senza capirci granché) quando si sono trovati a deambulare smarriti per i corridoi di Palazzo Chigi cercando ministri che non disponevano di delega “a trattare”.
Una doccia gelata, a dirla con un eufemismo: la famosissima “Sala Verde” era stata trasformata in una sala da tè nella quale sviluppare piacevoli conversari al di fuori da qualsiasi idea di estenuanti trattative sulle virgole dei decimali.
Trattative buone soltanto a conservare il posto ai componenti delle cosiddette “delegazioni trattanti”.
Bisogna dirlo con grande chiarezza: Renzi ha fatto un grande favore alla battaglia sociale e politica che deve essere ingaggiata contro il suo governo, la sua politica economica e istituzionale, il suo obiettivo di consolidamento di un regime autoritario.
Indicando ai sindacati confederali la strada del ritorno al loro mestiere chiudendo la fase della concertazione il Presidente del Consiglio ha posto la questione del ruolo e dei compiti dei soggetti intermedi in questo paese e del rapporto tra le loro rappresentanze e la politica.
Saranno capaci i rappresentanti del sindacato a tornare a dirigere le lotte per il lavoro, la condizione materiale di vita, la convivenza sociale in Italia oggi all’interno di questo così difficile quadro europeo?
C’è da dubitarne fortemente considerata anche la frammentazione delle lotte in corso, lo smarrimento nella base circa la possibilità di considerare il sindacato soggetto portatore di interesse generale, l’invecchiamento complessivo nelle presenze all’interno del sindacato, l’incapacità di muoversi in direzione dei giovani, degli immigrati, delle forze vive, l’adagiarsi in logiche di “patronato” e di accordi via via sempre più al ribasso.
In verità un segnale diverso si era avuto venerdì scorso, 24 ore in precedenza alla manifestazione della CGIL, con lo sciopero dell’USB: numeri limitati ma significativi, presenza consistente nelle piazze delle principali città.
Un embrione, non di più, in controtendenza da prendere però in grande considerazione al riguardo dell’obiettivo, da porre anch’esso con la massima chiarezza, della ricostruzione di un sindacato confederale di classe.
Per partire con il piede giusto in questa direzione servono, però, due punti di preventivo chiarimento: quello riguardante la necessità di svellere qualsiasi sospetto di incrostazione corporativa; quello di scindere il ruolo del sindacato da quello dei soggetti politici.
Questo secondo punto, nell’area della sinistra più coerente e antagonista, è stato oggetto nel corso di questi mesi di una discussione ambigua, sviluppata all’insegna di una malintesa idea di ricostruzione di “blocco sociale”.
Fin dai documenti della I internazionale, tanto per tornare alle fonti, lo stesso Marx distingueva con precisione ruolo del sindacato e ruolo del partito.
Nel necessario (e necessitato) ritorno all’essenza fondante della lotta di classe si tratta di un principio da applicare con rigore.
L’opposizione, che in questo momento manca totalmente, deve essere portata avanti sul piano politico e su quello sociale attraverso soggetti politici e corpi intermedi entrambi rappresentativi ma diversi e autonomi tra loro.
Mentre i dirigenti della CGIL studieranno come ripetere l’exploit di un’altra passeggiata romana dalla nostra come si è visto c’è molto da costruire ritrovando per intero la strada dell’identità e della capacità organizzativa del confronto politico di opposizione e della lotta di classe.

Franco Astengo

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