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SLG-Cub -Sindacato delle poste italiane - Abolire l'art. 18 è immorale e antisociale.

(17 Novembre 2014)

Così, si apre la strada ai peggiori abusi.
Senza art. 18 si torna allo schiavismo.
E l'Italia rischia di cadere in mano ai mediocri e ai corruttori.

L'abolizione dell'art. 18, legalizzando i licenziamenti senza giusto motivo, darà più potere all'imprenditore mediocre e disonesto, che è quello che è sempre stato pronto a ricevere favori, finanziamenti pubblici e protezione politica, con leggi che gli garantiscano: la possibilità di sfruttare le persone a suo comodo; trasferire all'estero lavorazioni e macchinari, per godere di incentivi e delle possibilità di sfruttamento offerte da paesi più poveri; intrallazzare e fruire di agevolazioni fiscali per l'acquisto di beni lusso, spacciati per rappresentanza aziendale; creare fondi neri per portare i soldi nei paradisi fiscali e per corrompere politici e funzionari pubblici, in cambio di appalti; speculare e mettere a rischio la vita dei dipendenti e dei cittadini, come nel caso dell'ILVA o della latteria campana, che scaricava liquami nel fiume. E, senza l'art. 18, imprenditori o dirigenti disonesti, potendo licenziare senza nessun giusto motivo, si sentiranno autorizzati a pretendere ogni tipo di prestazione, anche fuori dal contratto, fuori dall'orario, fuori dalla morale e dalla legge, perché avranno l'arma-ricatto del licenziamento immediato e senza impugnazioni. Proprio per evitare ciò, nel 1970, fu approvato lo Statuto dei lavoratori (legge nr. 300), con l'art.18.
Ma il governo sostiene che abolisce l'art. 18 per favorire le assunzioni.
Il governo sostiene che l'abolizione dell'art. 18 interesserà solo i nuovi assunti, per i primi tre anni, perché così si favoriscono le assunzioni. Come se, per spegnere un incendio, si usasse il lanciafiamme. Poi, però, non dice che chi perde il posto di lavoro, a 40 o 50 anni, per chiusura della propria ditta, sarà un “nuovo assunto” in un altro lavoro. E, così, i disonesti potranno chiudere le loro ditte apposta, per aprirne altre con i nuovi assunti, perché saranno comodi proprio per licenziarli, prima che scadano i tre anni. Inoltre, il governo dice che saranno esclusi i licenziamenti discriminatori e disciplinari gravi. Ma quale imprenditore o dirigente sarà così sprovveduto da scrivere tali motivazioni sulla lettera di licenziamento? In realtà, questa è la politica immorale dell'oppressione sociale, simile a quella del fascismo e dei poteri forti, che toglieva dignità ai lavoratori. Inoltre, chi sa di poter essere licenziato su due piedi, senza poter annullare il licenziamento ingiusto, non spenderà i pochi soldi di stipendio che ha. E l'economia generale peggiorerà ancora.

Ecco perché la politica del governo è senza cognizione di causa.
Chi fa impresa con competenza e serietà non chiede di eliminare l'art. 18, ma chiede: di ottenere permessi e licenze in pochi giorni (e non mesi o anni), per aprire nuove attività o costruire capannoni; di non dover pagare il pizzo a nessun estorsore, che diventa un costo aggiuntivo a vuoto; di non dover pagare tangenti per ottenere appalti; di avere strade e ferrovie che permettano lo scambio delle merci senza intoppi o ritardi; di prestiti, da parte delle banche, per investire in innovazioni. Chiede di non pagare tasse anche sui macchinari produttivi e sugli edifici di produzione; di avere una giustizia rapida, nei contenziosi con le pubbliche amministrazioni, in caso di mancati pagamenti. Chiede, cioè, politiche di sostegno alla serietà del lavoro, per lo sviluppo della propria impresa.

Così, si creano e si difendono le imprese valide e i posti di lavoro seri e duraturi.

Novembre 2014

SLG-CUB
Sindacato Lavoro e Giustizia della base dei lavoratori di Poste Italiane

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