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DISAGIO E CONFLITTO SOCIALE: IL RISCHIO E’ QUELLO DI UNA DERIVA A DESTRA?

(20 Novembre 2014)

In principio troviamo l’acutezza del disagio sociale: crescita delle diseguaglianze, impoverimento generale, cancellazione del welfare, immediatezza delle contraddizioni post-materialiste (da quella ambientale a quella etnica) che bruciano sulla pelle dei ceti più deboli.
Un ambito di precarietà, incertezza e anche violenza spicciola e regressione oggettiva dei livelli di convivenza civile che generano le cosiddette “guerre tra poveri”, mentre il territorio insieme si cementifica e si desertifica in particolare nelle Città laddove le periferie assumono davvero l’aspetto di lande degradate.
Fenomeni intrecciati non soltanto a ragioni di carattere economico ma anche e soprattutto di tipo culturale, ideale, d’impossibilità di riconoscimento collettivo, nella disperazione di un individualismo privo di riferimento.
Il sindacato confederale, in fortissima crisi di rappresentanza e di credibilità, cerca di organizzare le lotte dei lavoratori ma non sfugge alla logica delle sue responsabilità storiche, del suo spiazzamento rispetto alla complessità sociale, dell’essere coinvolto nella crisi generale della rappresentanza e della partecipazione politica.
Questo quadro drammatico è venuto fuori, è bene ricordarlo, dall’avvento di una fortissima controffensiva di destra iniziata in Europa fin dagli ann’80 e da un adagiamento nella crisi da parte dei soggetti che, naturalmente in forma diversa, avrebbero dovuto tener conto prima di tutto della necessità di salvaguardare il dato della rappresentatività politica delle masse.
Nonostante ciò, dopo un lungo periodo di stasi, emergono punti non secondari di conflitto sociale, in Europa (dando anche origine a particolari elementi di sbocco sul piano politico) e in Italia: qui da noi l’ingresso in scena del governo Renzi, così unilateralmente rivolto verso i lavoratori e i ceti più deboli usando anche le armi dell’autoritarismo e della repressione poliziesca, ha aumentato sicuramente il peso della situazione e portato a emergere punti davvero non secondari di conflitto sociale.
L’intreccio tra diversi livelli di contestazione, l’evidenziarsi di contenuti “spuri” nell’espressione del conflitto, l’ambiguità di diversi soggetti politici e non politici che dovrebbero funzionare da riferimento ai protagonisti di queste insorgenze sociali (il riferimento non casuale è al M5S), le infiltrazioni di soggetti politici chiaramente orientati a destra, portano a paventare rischi, come nel caso delle periferie urbane (Tor Sapienza a Roma, Giambellino a Milano come esempi immediati), di scivolamenti all’interno di venature razzistiche, nichiliste, di fiancheggiamento e intenti di mera distruzione.
Si tratta di pericoli reali che non devono esorcizzati e neppure sottovalutati intendendoli come detriti portati da un fiume in piena, come sarebbe in questo caso il Movimento.
Sotto quest’aspetto esiste una questione squisitamente politica: quella dell’assenza di riferimenti in grado di fare sintesi, proposta, aggregazione.
L’aggregazione, il ritorno al collettivo debbono essere considerati come il fattore fondamentale di una possibile attrazione del movimento in una dimensione di sinistra alternativa.
In una società fortemente impregnata d’individualismo, con una classe operaia in forte difficoltà e i cui componenti sono comunque messi quotidianamente alla prova dall’impatto con una società dei consumi che via via mostra sempre di più il suo feroce volto classista, è necessario saper proporre un modello alternativo (magari anche uno stile di vita ritornando cioè, proprio su questo piano, al vecchio principio del “personale è politico”).
Siamo di fronte a un quadro di difficoltà reale, posta prima di tutto sul piano culturale e ideale, di conseguenza pienamente politico.
Senza la consapevolezza di un ritorno al “primato della politica” e alla naturale ridefinizione delle soggettività in rapporto alle contraddizioni difficilmente sfuggiremo al fenomeno in atto di una regressione complessiva, di cui, in questo momento, l’eventualità di uno scivolamento a destra del conflitto appare come immanente e difficilmente rimediabile.

Franco Astengo

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