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(13 Settembre 2010) Enzo Apicella
La scuola dopo la controriforma Gelmini

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(La controriforma dell'istruzione pubblica)

La bona schola del futuro: descolarizzazione e gerarchi del meritocrazismo

L’aggressività del Governo Renzi si manifesta a tutto campo compresa la decostruzione del diritto allo studio e della scuola come diritto all’istruzione per tutti

(20 Novembre 2014)

note di classe

bonaschola

Oltre novanta cortei con decine e decine di migliaia di studenti nella maggior parte delle città capoluogo italiane, trenta piazze di lavoratori della scuola (docente e ATA, precari e “stabili”) organizzate dai Cobas Scuola, un’adesione allo sciopero tra il 20% e il 25%: questi i numeri della giornata di venerdì 10 ottobre, che ha inaugurato su scala nazionale la mobilitazione contro le antiriforme su scuola, lavoro, diritti, democrazia. L’aggressività del Governo Renzi si sta infatti manifestando a tutto campo: dalle controriforme istituzionali, all’attacco alla Costituzione, alle leggi elettorali (regionali e nazionale) che definire autoritarie è un eufemismo, dall’attacco alle tutele e ai diritti dei lavoratori, simboleggiate dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, alla distruzione di ogni ipotesi di lavoro stabile, fino alla decostruzione del diritto allo studio e della scuola come diritto all’istruzione per tutti.
Dopo le contestazioni ai banchieri BCE riuniti a Napoli, l’autunno ha visto la scuola protagonista del nuovo appuntamento, con due mobilitazioni di lotta convergenti del mondo della scuola: lo sciopero degli studenti e lo sciopero proclamato per il personale della scuola dai Cobas Scuola.
Le piattaforme erano largamente convergenti, improntate alla contestazione dei tagli che continuano a fioccare sulle scuole pubbliche e con l’obiettivo di rispedire al mittente l’idea di “pessima scuola” che Renzi e il Ministro Giannini (un’ectoplasma da 0,7%) hanno approntato, tutta incentrata sulla competitività, sulla concorrenza individuale, sulla “falsa” meritocrazia, sulla riduzione del tempo scuola per sviluppare l’addestramento giovanile con il modello obbligatorio dell’alternanza scuola-lavoro, a discapito di una libera e critica formazione individuale.
Anche la scuola diventa un fronte di attacco e di ribaltamento di tutti i valori di solidarietà e di promozione sociale che sono stabiliti e garantiti (ancora) costituzionalmente: da istituzione fondamentale che contribuisce a “rimuovere gli ostacoli” che “limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”, la scuola è concepita dai “giovani rottamatori” come un mercato in cui le scuole e gli educatori (insegnanti e personale ATA) sono in competizione per mantenere il posto e per raggiungere un misero incremento di stipendio (ma solo due terzi), saranno sottoposti allo strapotere di dirigenti-manager e condizionati dall'ingresso nei Consigli di Istituto di privati che influiranno enormemente su programmi e attività didattiche ed extra-curriculari determinanti per la formazione degli studenti.
La promessa dell’assunzione di 150mila precari è accattivante, ma non esaurirà il precariato, piuttosto assomiglia ad una “spacconata” che difficilmente potrà essere mantenuta: l’auspicio è che non venga delusa la speranza di quelle decine di migliaia di lavoratori, ma che siano contemporaneamente stabilizzati anche gli altri precari della scuola (dei TFA, dei PAS etc.).
Analizziamo in sintesi i progetti annunciati dal governo per trasformare radicalmente le scuole pubbliche, da istituzioni statali che costituzionalmente garantiscono il diritto allo studio per tutti, in istituti aziendalizzati in cui istruzione e cultura saranno merce di scambio e la descolarizzazione (con l’alternanza scuola-lavoro) un processo inevitabile. Le mobilitazioni del 10 ottobre danno speranza che gli obiettivi del Governo Renzi non saranno senza ostacoli e opposizione.
La “buona scuola” garantirà il diritto allo studio?
Continua senza sosta il processo di s-qualificazione della scuola pubblica: il “rottamatore” Renzi, con la sua corte di fedeli sostenitori del “colpo di spugna” sulla Costituzione, intenti a scardinare qualsiasi parvenza di valori di solidarietà sociale in nome dell’iper-ideologia meritocratica, ha individuato nella scuola il prossimo obiettivo da colpire e stravolgere dalle fondamenta. Dopo la ri-legittimazione del pregiudicato Berlusconi con cui si è accordato per una legge elettorale chiaramente incostituzionale (peggio del famigerato Porcellum…), dopo aver condotto al suicidio i senatori che hanno votato per la propria “rottamazione” e lo “smaltimento” del Senato (manco fosse un Rifiuto Solido Urbano tossico…), dopo aver intrapreso l’assalto contro Statuto dei lavoratori e diritti conquistati a suon di conflitto sociale negli anni ’60 e ’70 puntando all’obiettivo simbolico dell’abolizione dell’art.18 e alla ben più sostanziale riforma iper-precarizzante del Jobs Act, la prossima campagna si concentra contro la scuola pubblica intesa come diritto allo studio per tutti sancito dalla Costituzione.
Le continue riforme a perdere che si sono susseguite negli anni in sostanziale continuità tra destre e centrosinistra (da Berlinguer alla Moratti, da Fioroni alla Gelmini, confermate dai “tecnici” Profumo-Carrozza e ora rilanciate inopinatamente dalla Ministra 0.7 Giannini, sbiadita figura mantenuta a galla dalla verve rottamatrice e meritocratica di Renzi) hanno segnato [talvolta contraddittoriamente, ma in direzione univoca] lo smantellamento dell’impianto didattico sperimentale e all’avanguardia della scuola degli anni ’70-’80, e sono state guidate perlopiù dalla finalità del risparmio (alias: tagli alla spesa pubblica, oggi spending review).
Ora, il Governo Renzi ha annunciato la soluzione di tutti i problemi introducendo la meritocrazia nella scuola: con tale modello, infatti, anche la scuola assumerà i “moderni valori” della concorrenza e della valorizzazione dei migliori basandosi su misurazioni impostate sulla competizione anziché su cooperazione e collaborazione, mettendo in agonismo sia i discenti – i quali non studiano per una propria crescita culturale e personale, acquisendo un sapere condiviso e fecondo, ma per primeggiare sugli altri – sia gli insegnanti, che sono sottoposti ad una valutazione misurata su parametri prettamente quantitativi (economicistici) da cui dipenderà l’andamento della loro retribuzione e della loro carriera. Facendo un po’ di conti, vedremo che circa due terzi del personale (stime ottimistiche) avrà a fine carriera incrementi economici paragonabili agli attuali, ma con una decurtazione fino a 70 €uro, mentre per il personale ATA non ci sono indicazioni dettagliate, ma si profila (annuncio di Giannini di pochi giorni fa) una riduzione della pianta organica di circa ottomila unità con risparmi calcolabili intorno ai 30-35 milioni di €uro.
La strategia salariale nella scuola e la carriera meritocratica della bona schola
Le riforme/restauratrici avviate dal centrosinistra, continuate con piglio ferocemente classista dalle destre, sono consistite nell’aggressione alla scuola pubblica per renderla compatibile con le dinamiche del capitalismo globale del XXI secolo, ridimensionarne il ruolo emancipatorio delle classi popolari, per ridurre l’istruzione a pura merce commercializzabile e vendibile sul mercato, per ricondurre le spese e gli investimenti al valore di scambio e alla pura logica di profitto.
Il “peccato originale” resta la riforma voluta da Luigi Berlinguer e dal centrosinistra per una scuola dell’autonomia finanziaria, che ha aperto la strada alla aziendalizzazione degli istituti scolastici statali, inaugurando un sistema integrato basato sul principio di sussidiarietà tra scuole pubbliche e paritarie (cioè, private, cui la L.di Stabilità 2014-2016 ha assegnato 220 milioni di euro!) e sul marketing concorrenziale tra istituti per “accaparrarsi” utenti/clienti (studenti iscritti), da cui dipendono gli organici, i finanziamenti, gli incentivi per i dirigenti scolastici.
A questo segue la privatizzazione del rapporto di lavoro con la Legge “Brunetta” (Lg.Delega n.15/2009, poi D.Lgs. n.150/09), che trasferisce nel Pubblico Impiego la logica della misurazione dell’efficienza e della produttività in termini puramente quantitativi, della contrattazione di secondo livello [di Istituto, con l’introduzione del Fondo dell’Istituzione Scolastica, FIS] e infine il meccanismo della retribuzione economica propri del lavoro privato.
Ecco ancora, il blocco del turn over (40% nel 2015, 60% nel 2016, 80% nel 2017 e fine dal 2018), l’innalzamento dell’età pensionabile con le varie riforme Dini, Maroni, Fornero del 2012, i mancati rinnovi contrattuali e la sospensione della maturazione dell’IVC (Indennità di Vacanza Contrattuale) per il triennio 2010-2014.
Nell’ottica di mercificazione del mestiere di educatore, i “rottamatori” perseguono l’innalzamento dell’orario di cattedra: le deliranti dichiarazioni estive di Reggi sull’orario a 36 ore vanno ben al di là della sconsiderata ipotesi di aumento da 18 a 24 per la scuola secondaria, ma la dice lunga sull’idea di una scuola “marchionizzata” che coltivano gli attuali esponenti governativi. La concezione produttivistica della scuola sbandierata da Renzi viene presentata con la promessa (su cui è più che lecito avanzare qualche dubbio di realizzabilità, per il reperimento delle risorse…) di risolvere definitivamente il precariato e di debellare la “supplentite” (sic!). Nel frattempo, si porta avanti il progetto di abbattimento del salario al personale docente e ATA nella scuola.
Vediamo il piano generale del governo per attuare la bona schola.
A) L’assunzione di 148mila precari (delle GAE) a settembre 2015. L’immissione in ruolo coprirà il fabbisogno delle supplenze annuali (nell’a.s. 2013/2014 oltre120mila tra 30 giugno e 31 agosto) e il turn over dei pensionamenti (sempre lo scorso anno quasi 11mila), implementata da altri 40mila abilitati con concorso (2016/2019) per sostituire i pensionamenti (La buona scuola, pg.15). Calcolando dal 2001/2002 i pensionamenti complessivi e il mancato turn over, i tagli subiti con l’aumento di alunni per classe, la riduzione oraria, il conto resterà comunque negativo.
Per gli ATA si prevede una riduzione di circa ottomila tra ausiliari, tecnici, amministrativi per il 2015, con un risparmio di 30/35 milioni e per il 2016 di circa 75/77 milioni di €uro.
B) Scatti di “competenza”: la nuova carriera al risparmio dei docenti (e ATA). Il cambiamento epocale consisterà nella trasformazione del meccanismo automatico degli scatti di carriera, in base all’anzianità di servizio, in una competizione agonistica l’un contro l’altro per raccogliere crediti didattici, formativi, professionali da inserire in un portfolio rigorosamente on line pubblico, consultabile dai Dirigenti al fine di scegliere i migliori accreditati. Ma chi potrà raggiungere questi scatti “di competenza”? Solamente due terzi, il 66%, mentre il 34% resterà a bocca asciutta. L’ipotesi della Buona scuola è di 12 scatti ogni tre anni, con un aumento di € 60 netti al mese per un totale di 9mila €uro netti all’anno (nella più rosea previsione), per il 66% del personale docente (circa mezzo milione). Facendo un calcolo sommario, la spesa presunta potrà aggirarsi sui 4,5 miliardi di €uro a regime; con un bel risparmio di oltre un miliardo l’anno, qualora il 66% dei docenti raggiungesse il massimo della carriera possibile, cosa improbabile perché attualmente l’età anagrafica è alta (il sistema dovrebbe entrare in vigore dal settembre 2015) e perché non è detto che ogni tre anni siano sempre i soliti ad avanzare: il risultato finale potrebbe attestarsi per molti ben al disotto dei novemila €uro indicati. Potrebbero esserci riduzioni da 26 a 72 €uro rispetto all’attuale sistema piuttosto che gli incrementi annunciati, per effetto di salti di scatti. Inoltre, il nuovo sistema di scatti meritocratici inizierà dal 2018, perciò i prossimi tre anni saranno di transizione:
C) Impianto generale della “Buona scuola”. L’impianto della scuola renziana è sostanzialmente quello del centrodestra, nota come “Legge Aprea” discussa e approvata nella VII Commissione Permanente anche dal PD: meritocratica, concorrenziale, individualistica, manageriale, con organi collegiali sterilizzati e proni alla volontà del Dirigente Scolastico e soprattutto senza più alcun organismo di tutela sindacale collettive.
La Buona scuola si basa sulla gerarchizzazione della categoria, con l’introduzione del docente Mentor che organizza la valutazione, coordina e controlla la formazione dei colleghi, segue il percorso dei tirocinanti e coadiuva il Dirigente Scolastico nelle operazioni legate alla valutazione delle risorse umane nell'ambito della didattica. È scelto dal Nucleo di Valutazione interno.
Vi sono inoltre preoccupanti elementi di rafforzamento e concentrazione di potere (nelle mani dei Dirigenti) che prefigurano la cancellazione del contratto nazionale e l’assunzione diretta da parte delle scuole, o da reti di scuole (basata sulle competenze e i crediti attribuiti nel Registro Nazionale dei Docenti), la possibilità del licenziamento e/o dello spostamento dei docenti ad altri istituti, la mobilità geografica su scala regionale o addirittura nazionale. Insomma, una vera e propria trasformazione della figura giuridica, del ruolo e delle prerogative dei docenti, nonché un radicale mutamento del rapporto gerarchico all’interno degli istituti con l’istituzione del Dirigente con poteri assoluti e di uno staff di gerarchi in nome del meritocrazismo.
La buona scuola è un progetto di pessima scuola in cui la funzione pubblica e costituzionale di diritto allo studio per tutti è annullata sull’altare del dio Mercato e sacrificata alla dea della concorrenza individualistica incardinata sulla logica del profitto.
Una reazione forte e corale è necessaria da parte di tutte le componenti della scuola e della società, per impedire che il progetto berlusconiano si realizzi attraverso Renzi, in cui l’ex cavaliere ha trovato il suo più fedele interprete e realizzatore.

nuova unità

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