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(3 Agosto 2011) Enzo Apicella

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Jobs Act: violenza di legge e di piazza

(4 Dicembre 2014)

jobsact

Il Jobs Act è legge dello stato. Ieri in un senato blindato dalle forze dell'ordine veniva votata la fiducia chiesta dal governo. Nessun sussulto di dignità da parte dei tanti senatori ex sindacalisti Cgil presenti a palazzo Madama, tutti a favore. Così, mentre all'esterno del senato la polizia si esibiva in un'anteprima violenta del Jobs Act direttamente sui corpi di chi pacificamente manifestava, o cercava di farlo, nel palazzo si approvava un atto di smisurata violenza sulla vita di milioni di persone. Non ci sono altri termini per definire la portata di un provvedimento che, qualora arrivasse sino in fondo con la miriade dei decreti attuativi, cancellando lo statuto dei lavoratori consegnerebbe al libero arbitrio padronale la condizione di chi lavora e ad una vita di precarietà ed espedienti milioni di giovani. La manifestazione dei movimenti contro il jobs Act, lo stesso cartello dello sciopero sociale, ha rappresentato l'unica visibile opposizione nel giorno che verrà ricordato per la cancellazione dell'art.18. Il resto è stato colpevole silenzio e assenza, a partire da una Cgil che pare aver fatto di tutto per depotenziare e disperdere quel potenziale di lotta che il 25 ottobre ha attraversato Roma. Oltre allo sciopero sociale del 14 novembre, in casa confederale solo la Fiom, la Cgil di Genova e quella dell'Emilia Romagna hanno scioperato in questi mesi. Il primo atto di lotta della Cgil contro il jobs Act arriverà nove giorni dopo la sua approvazione in parlamento. Sino ad ora tanta virulenza mediatica, tanti insulti e qualche adunata festiva. Certo la lotta contro il criminale provvedimento deve proseguire, in fin dei conti il diavolo ha fatto la pentola ma ora dovrà passare ai coperchi. Dovrà cioè fare i tanti decreti attuativi senza i quali la legge delega è un bidone vuoto. Tuttavia non possiamo non denunciare la responsabilità della Cgil nel aver permesso l'approvazione del Jobs Act senza un minuto di sciopero, senza nemmeno un presidio davanti ad un parlamento che cancellava un pezzo di democrazia di questo paese. Cosi come non possiamo trascurare l'uso mediatico che Renzi farà dell'approvazione delle legge delega per depotenziare ogni futura mobilitazione, a partire dallo sciopero generale del 12 dicembre. Se vale per Renzi, vale anche e soprattutto per la Cgil. Di soli annunci e fumo a manovella non si vive.

Sergio Bellavita

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