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MILANO 18 GENNAIO, UNA SINISTRA DI ISPIRAZIONE GRAMSCIANA

(28 Dicembre 2014)

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Ci troviamo al centro della temperie di una delle situazioni più drammatiche affrontate, a livello globale, dalla classe subalterna: gli epigoni del capitalismo dell’oggi stanno gestendo il ciclo con una ferocia senza pari rispetto anche a loro lontani predecessori, impoverendo le masse, restringendo i margini di agibilità della stessa democrazia liberale, agitando gli eterni spettri della guerra, della fame e della paura.
Per la prima volta, a memoria di diverse generazioni (e forse anche rileggendo la storia di secoli) si verifica un vero e proprio arretramento nella qualità della vita culturale, politica, economica e sociale: un fenomeno che si può ben definire di vera e propria regressione.
A fronte di questo stato di cose la sinistra italiana (per quel che valgono, ovviamente, le vicende politiche di un paese come l’Italia: che pure, però, rivestono la loro importanza ben oltre lo stato reale delle condizioni materiali e politiche del suo proletariato) è praticamente sparita, nella sua capacità d’incidenza anche a livello istituzionale e non semplicemente sociale, di mobilitazione dal basso, di aggregazione culturale e politica.
Si cerca, allora, di indicare di seguito una semplice scaletta di lavoro sulla base della quale sviluppare un dibattito, il più possibile allargato nella sua prospettiva di partecipazione, per la (ri)costruzione di una sinistra di classe, anticapitalista al riguardo della quale deve essere cercata ispirazione nell’opera del più grande pensatore marxista che ha avuto il nostro Paese. Antonio Gramsci.
Gli assunti di fondo sulla base dei quali va sviluppata questa discussione sono, essenzialmente, tre:
1) L’affermazione dell’attualità del conflitto, sociale e politico;
2) L’idea della politica intesa come lotta per il “potere” e non semplicemente per il “governo”, o peggio alla riduzione di questo alla mera “governabilità”;
3) L’obiettivo della formazione di un “intellettuale collettivo”.
I punti sui quali sviluppare la riflessione, promuovere lo studio, costruire il confronto per poi pervenire, in tempi rapidi ad elaborare delle proposte concrete sulla base delle quali rivoluzionare davvero l’agire politico della sinistra italiana, nel contesto mondiale ed europeo, possono allora essere così riassunti (a semplice livello di titolo):
Attorno al tema dell’unità tra teoria e prassi, ineccepibile fondamento filosofico dell’intero impianto, occorre rivisitare con chiarezza ciò che è mutato, nel corso degli ultimi anni. Anche e soprattutto per via di una tumultuosa trasformazione tecnologica, nel rapporto tra struttura e sovrastruttura: si tratta di una revisione indispensabile al fine di comprendere al meglio qualità e dislocazione sociale delle “fratture” sulle quali operare in modo che i soggetti politici possano misurare i loro programmi e le loro azioni attorno all’attualità di contraddizioni realmente operanti nella società.
Deve essere sviluppata un’analisi mirata a comprendere la realtà della fase: ci si trova, almeno questa è l’opinione contenuta in questa nota, in una fase di fortissima – ed anche inedita per qualità e intensità – “rivoluzione passiva” all’interno della quale è possibile condurre soltanto una “guerra di posizione” la cui durata non è, ovviamente, ipotizzabile a questo punto ma che sicuramente non traguarderà semplicemente il “breve periodo”.
All’interno di questa fase di “rivoluzione passiva” si dovranno sviluppare due elementi di fondamentale importanza: la ricostruzione, sul piano teorico, di un “senso comune” opposto a quello dominante a partire dalla contraddizione di classe sviluppandone gli elementi fondativi sul terreno culturale e sociale (verrebbe quasi da usare l’antico termine di “controcultura” intendendo il termine cultura nel senso della “kultur” nell’interezza del significato di questo termine che si trova nella lingua di Hegel, Kant e Marx); la messa in opera di un’adeguata soggettività politica che dovrà essere chiamata a sviluppare la sua iniziativa sul terreno dell’opposizione, ponendosi l’obiettivo di recuperare anche una presenza istituzionale che si ritiene comunque necessaria.
Sarà sulla base dei modelli che saranno scelti attraverso un forte dibattito di massa per decidere la forma da far assumere, nell’oggi, a questa soggettività, che si potranno costruire nel tempo le condizioni culturali e politiche adatte all’affermazione, a tutti i livelli, di una nuova, adeguata, élite dirigente.
Elite dirigente della quale è necessario, indispensabile ed urgente procedere alla formazione partendo dalle tante avanguardie sparse in una pluralità di situazioni e attualmente prive di riferimento politico nelle fabbriche, nelle Università, nei nuovi movimenti sociali e che deve essere unificata all’interno di una organica visione del ruolo intellettuale e politico.
Temi difficili, tutti questi appena elencati, al riguardo dei quali va sviluppata un’opera di riconoscimento intellettuale e di proposta di azione politica: nel segno, proprio, dell’intreccio necessario tra teoria e prassi.

Franco Astengo

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