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(19 Marzo 2013) Enzo Apicella

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UNIONE EUROPEA: LA RADICALE RIMESSA IN DISCUSSIONE DELLE CONQUISTE DEMOCRATICHE E SOCIALI.

(29 Dicembre 2014)

unioneuropea

di Eric Toussaint

da npa

Il fallimento dei governi europei, della Commissione europea e della Bce risulta palese quando si considerano le cose che pretendono di voler realizzare: ridurre la disoccupazione, rilanciare l’attività economica, risanare a fondo le banche, stimolare e aumentare il credito delle famiglie e delle piccole e medie imprese o aumentare nuovamente gli investimenti, ridurre il debito pubblico. Su tutti questi punti la politica europea sta subendo una cocente sconfitta.

Siamo, tuttavia, di fronte ad obiettivi che i dirigenti europei vogliono veramente realizzare?

I grandi media evocano regolarmente i danni che potrebbero insorgere da un possibile tracollo della zona euro, dalla sconfitta delle politiche di austerità che avrebbe un effetto negativo per il rilancio dell’economia, dalle tensioni tra Berlino, Parigi o Roma, o tra Londra e i membri della zona Euro, dalle contraddizioni in seno al consiglio della Bce, dalle enormi difficoltà nel trovare un accordo sul bilancio dell’Unione europea, dalle frizione di alcuni governi europei col Fmi su come dosare le politiche di austerità. Queste tensioni sono ben reali, ma non debbono nasconderci l’essenziale.

I dirigenti europei dei paesi più forti e i padroni delle grandi imprese son ben contenti dell’esistenza di una zona economica, commerciale e politica comune dove le transnazionali europee e le economie del Centro della zona euro guadagnino dal tracollo della Periferia per rafforzare i profitti delle imprese e ricavare qualche punto in termini di competitività rispetto ai loro concorrenti nord americani e cinesi. Il loro obiettivo, nella fase attuale della crisi, non è quello di rilanciare la crescita e di ridurre le asimmetrie tra le economie forti e quelle deboli dell’Unione europea.

I dirigenti europei ritengono, inoltre, che il tracollo del Sud sarà un ‘opportunità per la privatizzazione massicce di imprese e di beni pubblici a prezzi stracciati. L’intervento della Troika (Bce, Fmi, Commissione europea) e la complicità attiva dei governi della Periferia li aiutano. Le classi dominanti dei paesi della Periferia sono favorevoli a queste politiche, perché sono convinte di ottenere anche esse una fetta della torta tanto desiderata negli ultimi anni. Le privatizzazioni in Grecia e in Portogallo prefigurano ciò che succederà in Spagna e in Italia, dove i beni pubblici da acquisire sono ben più importanti viste le dimensioni di queste due economie. I dirigenti delle economie europee più forti pensano, al contempo, di realizzare una nuova ondata di privatizzazioni nei loro rispettivi paesi.

Il legame stretto tra i governanti e il grande Capitale non viene neanche più dissimulato. In testa ai diversi governi, insediati nei ministeri più importanti e alla presidenza della Bce, sono collocati uomini che provengono direttamente dall’alta finanza1, a cominciare dalla banca di ffari Golman Sachs2. Alcuni uomini politici di primo piano sono ricompensati ottenendo a loro volta un posto nel settore privato dopo aver ben svolto i loro compiti nei confronti del grande Capitale3. Non si tratta di una novità ma ciò avviene in maniera più evidente e regolare rispetto agli ultimi 50 anni. Si può parlare di veri e propri vasi comunicanti e trasparenti.

Sbaglieremmo la nostra analisi se ritenessimo la politica dei dirigenti europei un fallimento perché non riporta la crescita economica. Infatti, gli obiettivi perseguiti dalla direzione della Bcr, dalla Commissione europea, dai governi delle economie più forti dell’Ue, dalle direzioni delle banche e delle altre grandi imprese private, non hanno come obiettivo né il rapido ritorno alla crescita, né la riduzione delle asimmetrie in seno alla zona euro e all’Ue in vista di un insieme più coerente che favorisca il ritorno della prosperità.

Non bisogna soprattutto dimenticare un punto fondamentale: la capacità dei governanti, posti docilmente al servizio degli interessi delle grandi imprese private, nel gestire una situazione di crisi, ossia di caos, per agire nel senso richiesto dalle grandi imprese. La crisi permette di passare all’offensiva e diventa il pretesto per applicare una terapia choc giustificata dall’ampiezza dei problemi.

I diritti economici, sociali e culturali sono progressivamente ridiscussi nei loro principi stessi, senza dimenticare l’offensiva contro i diritti civili e politici come il diritto effettivo di eleggere i propri legislatori. In effetti, il Parlamento europeo non esercita realmente alcun potere legislativo, i parlamenti nazionali dei paesi sottomessi alla Troika si fanno dettare delle leggi da questo organo costruito ad hoc, la sovranità e il potere degli altri parlamenti è fortemente limitato dai differenti trattati europei adottati senza una vera e propria consultazione democratica come il Patto di bilancio europeo (Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Ue) che fissa degli obblighi al bilancio inaccettabili. Alcuni di questi diritti sono persino calpestati: l’esercizio real al suffragio universale diretto, il diritto al rigetto dei trattati, il diritto di modifica costituzionale attraverso un processo democratico costituente, il diritto di protestare e di organizzarsi perché le proteste ottengano dei risultati. L’Ue e i suoi paesi membri rafforzano una deriva autoritaria attraverso un ritorno all’esercizio diretto del potere da parte dei rappresentati di un’oligarchia economica.

Per portare avanti la più grande offensiva condotta su scala europea contro i diritti umani della maggioranza della popolazione dopo la seconda guerra mondiale, i governi e il padronato utilizzano diverse armi: il debito pubblico, la disoccupazione, l’allungamento dell’età pensionabile, l’esclusione di numerosi disoccupati dal diritto ad un’indennità di disoccupazione, la precarizzazione dei contratti di lavoro, il blocco o la diminuzione dei salari e delle diverse prestazioni sociali, la riduzione degli organici tanto nelle imprese private quanto nel settore pubblico, la ricerca del pareggio di bilancio come pretesto per drastici tagli ai servici pubblici, la realizzazione di una migliore competitiva degli Stati membri dell’Ue rispetto agli altri e rispetto ai concorrenti commerciali degli altri continenti.

Per il Capitale, si tratta di accrescere ancora di più la precarizzazione dei lavoratori, di ridurre radicalmente la loro capacità di mobilitazione e di resistenza, di diminuire i salari e le diverse indennità sociali, il tutto mantenendo le profonde disparità tra lavoratori nell’Ue con lo scopo di aumentare la competizione tra di loro e di precipitarli nella piega del debito. Del resto sussistono le disparità tra i lavoratori salariati dello stesso paese: tra donne e uomini, tra quelli a contratto a tempo indeterminato e quelli a contratto a tempo determinato, tra vecchie generazioni che beneficiano di un sistema pensionistico fondato sulla solidarietà e nuove generazioni a cui è imposto un sistema sempre più individualista e aleatorio. Senza dimenticare i lavoratori irregolari, ipersfruttati, e che non godono di alcun diritti sociale legato al lavoro.

A questo si devono aggiungere le disparità tra lavoratori dei paesi del Centro e quelli della Periferia all’interno dell’Ue a complemento di quelle accresciute all’interno delle frontiere nazionali.

I salari delle lavoratrici e dei lavoratori che appartengono al gruppo dei paesi più forti (Germania, Francia, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Austria, Danimarca) sono il doppio o il triplo di quelli in Grecia, Portogallo o in Slovenia. Il salario minimo legale della Bulgaria (156 euro di salario lordi mensili nel 2013) è 8/9 volte inferiore a quello di paesi come la Francia, il Belgio o i Paesi Bassi4.

In America del Sud, mentre sono grandi le differenze tra le economie più forti (Brasile, Argentina, Venezuela) e le più deboli (Paraguay, Bolivia, Ecuador…), la differenza tra il salario minimo legale è di 1 a 4, vi è dunque una disparità nettamente meno marcata rispetto all’Unione europea. La concorrenza tra i lavoratori dell’Europa è, quindi, estremamente elevata. Le grandi imprese dei paesi europei più forti sul piano economico profittano enormemente delle disparità salariali in seno all’Ue.

Le autorità europee rafforzano al contempo la politica della “fortezza assediata” calpestando i diritti dei cittadini non europei di accedere nel suo territorio. Esse perfezionano la loro politica criminale alle frontiere dell’Europa provocando la morta di migliaia di persone che desiderano stabilirsi sul territorio dell’Unione europeo. Il diritto d’asilo stesso è calpestato.

Dietro la cortina fumogena dei discorsi ufficiali, una logica terribile, ingiusta e mortifera è all’opera. È tempo di svelarla, per affrontarla meglio e vincerla.

1Citiamo un esempio recente: Emmanuel Macron, nominato ministro dell’Economia e dell’Industria dal presidente François Hollande, proviene dalla banca Rothschild.

2Eric Toussaint; “Bancocrazia: dalla repubblica di Venezia a Mario Draghi e Goldman Sachs”, pubblicato il 10 novembre 2013 in http://cadtm.org/Bancocratie-de-la-republique-de

3Cfr Eric Toussaint, “Dsk, Blair, Gethner, Rubin: dalla politica alla finanza”, http://cadtm.org/DSK-Blair-Geithner-Rubin-de-la

4Cfr http://ec.europa.eu/eurostat/help/new-eurostat-website con i dati fino al 2013. cfr anche http://www.inegalites.fr/spip.php?a… che contiene purtroppo dati fino al 2011.

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