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(16 Maggio 2012) Enzo Apicella
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E ora « siamo tutti Charlie » per difendere i nostri diritti e le nostre vite di lavoratori contro l’unione nazionale!

Editoriale dei bollettini di fabbrica " l'Etincelle"

(16 Gennaio 2015)

Traduzione a cura di Michele Basso

Non c’è dubbio che un’immensa ondata d’indignazione e di emozione ha sollevato il paese, di fronte all’attacco all’arma pesante contro Charlie Hebdo, al quale si è aggiunta la presa sanguinosa di ostaggi nel supermercato kasher. Gli attentati miravano ai giornalisti per quello che hanno scritto e disegnato e ai clienti del minimercato per la loro supposta appartenenza religiosa. Di fronte all’oscurantismo, per alcuni giorni, milioni di persone sono scese in piazza, per indicare che la loro emozione era la stessa, e molti hanno detto « Je suis Charlie », anche se questo era lungi dal rappresentare le diversità dei sentimenti espressi

Charlie è « morto dal ridere », ma il ridicolo non uccide i capi di stato!

Domenica scorsa, Hollande e il suo governo hanno preso la testa di un’immensa marea umana … e di una non meno enorme operazione di recupero politico. Perché sarebbero morti di rabbia, una seconda volta, quelli di Charlie, a ritrovarsi in compagnia di questa sfilza di politici francesi e capi di stato di cinquanta paesi. Una danza dei vampiri
E’ « Charlie », Ali-Omar Bongo erede di suo padre dittatore che ha servito per 40 anni in Gabon gli interessi dei capitalisti francesi, tra cui Total, che controlla circa un terzo della produzione petrolifera del paese ?
Sono « Charlie », il capo della diplomazia russa Sergueï Lavrov (andatelo a dire alla giornalista russa assassinata per aver denunciato la guerra in Cecenia !), il primo ministro ungherese Victor Orban, che s’appoggia su gruppi fascisti per soffocare la stampa e far passare i suoi piani di austerità, il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy, che ha appena fatto votare la legge detta “bavaglio” per impedire le manifestazioni, o ancora il rappresentante del governo turco che imprigiona e assassina oppositori e giornalisti?
E’ « Charlie » il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu il cui ultimo fatto d’armi è il massacro organizzato di più di 2.000 palestinesi l’estate scorsa?
E’ « Charlie », il primo ministro greco Antonis Samaras, che ha reagito all’attentato chiamando in causa gli immigrati e chiedendo la chiusura delle frontiere ?
Come dice Willem, un vignettista superstite : «Vomitiamo su tutte queste persone che, all’improvviso, dicono di essere nostri amici » . Il suo collega Luz aggiunge : « Questo unanimismo è utile a Hollande per risaldare la nazione. E’ utile a Marine Le Pen per chiedere la pena di morte. . Charb, Tignous, Cabu, Honoré, Wolinski avrebbero disprezzato questo genere d’atteggiamento”

Il mito dell’unità nazionale, per far dimenticare la guerra di classe all’interno...

E’ proprio Hollande che ha invitato questa« internazionale detestabile” e spera così di snaturare le aspirazioni di milioni di manifestanti. Un’operazione tanto più ipocrita in quanto condotta da un governo che non ha lesinato, recentemente, gli strappi alla « libertà d’espressione » come le proibizioni delle manifestazioni l’estate scorsa o per l’assassinio del giovane manifestante da parte dei poliziotti in ottobre. Ma tutti i partiti si sono, più o meno di buon grado, incontrati in questa « unità nazionale » Solo l’estrema sinistra- il Nouveau parti anticapitaliste, Lutte ouvrière e qualche altro gruppo- l’hanno chiaramente denunciata.
Ma più è grande, più si procede ? Macron, il ministro banchiere, che consigliava recentemente ai giovani francesi « di aver voglia di diventare miliardari » mentre perfezionava una nuova legge di smantellamento del codice del lavoro, piange Charlie in diretta alla TV. Eppure è il simbolo di questa politica antioperaia condotta da più decenni e il cui risultato è lo stato indegno dei sobborghi popolari, terreno di reclutamento dei folli dell’Islam.
Hollande, col rinforzo della banda di Sarkozy - e Marine Le Pen in agguato - , sta cercando di profittare della nuova credibilità di cui crede di potersi vantare per amplificare gli attacchi contro i lavoratori e soffocare le opposizione.
Negli ambienti degli immigrati, si teme che questi attentati accentuino il clima razzista. Un timore disgraziatamente fondato, come testimoniano decine di attacchi alle moschee dopo le vicende. Ma non si conti sulle prime donne dell’”unità nazionale” per opporsi a queste divisioni. Da Sarkozy a Valls, essi sono, al contrario, i principali artefici, a colpi di demagogia permanente contro i lavoratori immigrati, siano essi Rom, Africani o Magrebini.
Le fusioni sono cominciate e l’esempio viene dall’alto ; in una riunione tenuta domenica, il governo ha annunciato che la prima misura sarà il rafforzamento del « frontex », la polizia europea delle frontiere, incaricata di respinger i boat-people del Mediterraneo... Come se terroristi popolassero le imbarcazioni di fortuna dei candidati all’emigrazione che muoiono a migliaia ogni anno! Come se fosse l’emigrazione il problema, quando i tre jihadisti sono nati in Francia !

... e continuare le guerre all’estero.

Bush aveva tratto pretesto dagli attentati dell’11 settembre per invadere l’Afghanistan e poi l’Iraq.
Hollande l’imita e dal 7 gennaio ha annunciato la sua determinazione a rafforzare la pretesa « guerra contro il terrorismo ». In realtà, queste guerre incessanti mirano solo a mantenere il dominio delle multinazionali, il loro diritto a saccheggiare le risorse naturali. Il caos creato dall’occupazione dell’Afghanistan dal 2001, dell’Iraq dal 2003 o dal bombardamento della Libia nel 2011, ben lungi dall’indebolire gli islamisti, ha creato il terreno sul quale prosperano.
Di fatto, le popolazioni dei paesi musulmani sono doppiamente vittime, degli interventi militari occidentali e dei terroristi islamici. Gli attentati che costoro organizzano, compresi quelli rari che hanno luogo in Europa o negli Stati Uniti, mirano innanzitutto a rafforzare la loro dittatura oscurantista sui territori che controllano in Medio oriente e in Africa. Gli algerini che direttamente o tramite le loro famiglie hanno vissuto la guerra civile degli anni ’90, ne mantengono un doloroso ricordo.
E i gruppi armati che giungono con questi metodi a controllare durevolmente una regione e i suoi abitanti, possono talvolta essere riconosciuti dalle grandi potenze, come il libico Gheddafi prima della caduta, o gli ayatollah iraniani oggi. Fra loro, chissà quali saranno i prossimi invitati di Hollande per battere il marciapiede parigino?
E ora ?
La trappola non si è ancora chiusa. Hollande e la sua squadra al servizio del padronato conta di servirsi di questa nuova popolarità caduta dal cielo per riaffermare la sua politica antioperaia: meno carota e ancor più bastone! Molti di coloro che hanno manifestato quest’ultimo fine settimana sperano al contrario che il domani non dovrà essere come ieri. Ma non c’è stato mai un buon dio per i lavoratori ! Hanno sempre dovuto difendersi da soli. Trovare la soluzione essi stessi, nel loro numero, - si è visto questo fine settimana cosa succede! - , nelle loro organizzazioni, ma soprattutto non nelle marce silenziose- per quanto massicce- dietro i capi di stato di questo sistema che impoverisce i poveri, arricchisce i ricchi, discrimina e bombarda.
12 gennaio 2015

Convergences Révolutionnaires

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