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FASCISMO: INSOMMA

(24 Febbraio 2015)

E’ probabile che nei prossimi giorni l’attenzione degli storici della politica appunteranno la loro attenzione sull’anniversario, il trentasettesimo, del rapimento Moro: i 55 giorni che tra il Marzo e il Maggio del 1978 cambiarono l’asse della vicenda politica italiana.
Può essere il caso di riprendere l’argomento anche dal punto di vista dell’analisi dell’attualità: dei termini in atto di continuità e/o di discontinuità con il passato più o meno recente, di analisi delle “linee di fratture” che hanno segnato nel corso degli ultimi 100 anni la storia del nostro Paese.
Non si tratta, ne siamo convinti, di un esercizio retorico: l’Italia è sempre stata contrassegnata da dualismi netti, da contrapposizioni precise, rese confuse soltanto dal trasformismo del suo ceto politico. Un trasformismo tradizionale il cui esercizio coincise con lo stesso esordio del –pur limitato- parlamentarismo fin dal 1861, e anche nello stesso Parlamento Subalpino.
Si tratta, allora, di fare riferimento alla prima frattura “storica” che può essere presa in esame: quella tra interventismo e neutralismo, in occasione dell’entrata in guerra nel 1915 (“le radiose giornate di maggio”) ma che già era stata esercitata in precedenza, durante i tentativi di espansione coloniale e, in particolare, della guerra di Libia del 1911, causando anche una scissione da destra del Partito Socialista.
In Italia, infatti, il Partito Socialista ha avuto una coerente posizione di neutralismo (né aderire, né sabotare) solitaria rispetto agli altri grandi partiti socialisti europei.
Il Partito Socialista Italiano subì, in questo modo, una scissione fondamentale proprio a cavallo dell’ingresso nella prima guerra mondiale: quella mussoliniana.
Fondamentale perché fu la scissione mussoliniana a dare corpo politico alla rottura tra neutralisti e interventisti, facendo dell’interventismo un partito che nella sostanza raccolse complessivamente quei termini della “modernità ardita” che stavano già dentro ai movimenti culturali e politici, dal nazionalismo, al futurismo, all’arditismo che trovavano in una nuova piccola borghesia vogliosa d’espansione economica e sociale il soggetto su cui basare una propria pervasiva presenza nel Paese e una raccolta di reale consenso.
La frattura tra interventisti e neutralisti rappresentò il punto di raccolta di quella fase attorno alle idee di scontro politico d sociale, vinto dai fascisti , oltre che grazie alla violenza che fu esercitata in connivenza con poteri dello Stato e alle enormi disponibilità di denaro messe in campo da agrari e industriali, proprio in ragione di un’espressione di modernità, di nuova potenza che trovò nella borghesia il suo soggetto naturale di riferimento.
La seconda frattura da prendere in considerazione, in questo breve tentativo di ricostruzione storico – politica, è quella, nell’immediato dopoguerra, tra il ritorno al vecchio Stato prefascista propugnato dalla vecchia aristocrazia intellettuale e il “salto” verso una forma di Stato imperniato sulla democrazia parlamentare con un forte ruolo degli Enti Locali e la novità dell’ordinamento regionale.
Su questa base si approvò una Carta Costituzionale molto avanzata nei contenuti, ma sostanzialmente disapplicata nei fatti per un lungo periodo: Togliatti, analizzando l’operato di De Gasperi ad un anno dalla scomparsa dello statista trentino (siamo nel 1955, alla vigilia dell’indimenticabile ’56) sottolinea con grande forza questo dato di mancata applicazione dei punti fondamentali della Costituzione repubblicana ma sottovaluta (giudicando con il senno di poi, naturalmente) la crescita, in quel periodo, del cosiddetto “stato duale”, imperniato sui servizi segreti deviati, organizzazioni paramilitari filoamericane (Gladio), raccolta di soggetti eversivi legati all’estrema destra, alla mafia (il separatismo siciliano), alla massoneria segreta (fino alla Loggia P2 che avrà poi un ruolo fondamentale).
Il processo di distensione a livello internazionale, il passaggio del PSI alla formula di centrosinistra, il ritorno “forte” della conflittualità operaia , il progetto di unità sindacale arrivato a uno stadio molto avanzato nelle categorie più forti in particolare nell’FLM, il movimento studentesco, la realizzazione dell’ordinamento regionale rappresentarono i punti sui quali si sviluppò successivamente alla fase del centrismo un processo, contradditorio ma comunque orientato in avanti, di democratizzazione graduale nel segno della Costituzione: fu quella della democratizzazione, e non certo della prospettiva di un allargamento della base di governo comprendente il PCI, il punto di rottura effettivo di quella fase politica che ebbe il suo momento cruciale negli anni’70.
L’espressione concreta di quella fase verificatasi, in condizioni complessive molto difficili (terrorismo, crisi economica) con il governo di solidarietà nazionale risultò al di sotto della contraddizione che, pure, quella formula governativa intendeva esprimere e affrontare.
Fu in quel frangente, oggettivamente grazie alla fase drammatica innestata dal rapimento Moro, che si inserì, palesemente e in forma occulta (risalta qui il ruolo non sufficientemente analizzato neppure adesso della Loggia P2 e del documento sulla “Rinascita Nazionale” redatto dai suoi esponenti nel 1975) una nuova fondamentale linea di faglia all’interno del sistema politico italiano: quella che, nel momento dei 55 giorni, prese la forma della “fermezza” versus la “trattativa” rispetto alle Brigate Rosse, in ragione di un esito piuttosto che un altro del rapimento Moro.
In realtà i due termini “fermezza” e “trattativa” racchiudevano in sé ben altro che un’espressione e una valutazione riguardante il fatto contingente.
Rappresentavano, invece, come già quella tra “interventismo” e “neutralismo” una visione alternativa della prospettiva politica.
La “fermezza” rappresentava, ancora (e per un periodo resse, ottenendo anche nell’immediato rilevanti successi come quello dell’elezione di Pertini alla Presidenza della Repubblica) la repubblica parlamentare fondata sulla rappresentanza politica e i partiti, poggiando su di una società sufficientemente compatta nel dualismo tra borghesia e classe operaia.
La “trattativa” rappresentava, invece, una visione della politica che avremmo visto in seguito assumere un ruolo egemonico: una politica fondata sul cosiddetto “decisionismo” esaltato dalla personalizzazione, con la caduta di ruolo dei partiti e dei corpi intermedi, in particolare dei sindacati. Fu il PSI di Craxi a introdurre questi temi, con grande forza, nella nostra arena politica attraverso l’espressione del concetto di fondo della riduzione del rapporto tra politica e società in nome del “taglio” dell’eccesso di domanda sociale, di ristabilimento delle gerarchie economiche, del neo-liberismo rampante che, proprio in quegli anni, si stava affermando nel mondo sull’onda dell’impulso fornito dal reaganian-tachterismo.
E’ forse semplicistico affermare che siamo ancora dentro quel tipo di contraddizione e che si è affermata proprio la visione politica di quella che era stata la linea della “trattativa” nel corso del rapimento Moro?
Mi rendo conto che si tratta di una tesi che ai più può apparire azzardata: tanti fattori non erano prevedibili a quel punto, da Tangentopoli (di cui pure ci furono presto i segnali concreti, da Teardo a Biffi Gentili), alla caduta del muro di Berlino, all’impostazione rigidamente monetarista data ai trattati europei, in ispecie a quello di Maastricht.
Eppure le linee-guida tracciate nel citato documento della P2 continuarono e continuano ad essere valide nell’impostazione della privatizzazione dei rapporti politici, del decisionismo, della personalizzazione, del superamento della Repubblica Parlamentare.
Ne abbiamo avuto testimonianza concreta nell’affermazione di quello che è stato definito “berlusconismo”, nell’allineamento delle forze politiche (compresa la sinistra) al modello personal-televisivo, alla perdita di sovranità nazionale in funzione dell’Europa liberista senza che si sviluppasse un minimo di contrasto di tipo internazionalista né da parte dei socialdemocratici né degli ex-comunisti, nei modelli forzatamente maggioritario-personalistici utilizzati per modificare i sistemi elettorali.
Nel frattempo andavano completamente smarriti i patrimoni culturali dei grandi partiti di massa e segnatamente quello originale, complesso, per un certo periodo anche egemonico del Partito Comunista Italiano.
Lo scioglimento del PCI verso una indistinta formazione né socialdemocratica, né liberale ma soltanto votata allo “sblocco del sistema politico” e l’incapacità di quella che era stata la “sinistra comunista” di contrapporre un nuovo modello di soggettività politica in grado di inquadrare la contraddizione democratica che andava profilandosi risultarono gli elementi esiziali per lo slittamento in negativo della situazione.
Oggi, con l’avvento di un PD elettoralmente egemonico in una fase di grandissimo sfiducia collettiva e d’imposizione di un personalismo autoritario che, probabilmente, avrà il suo riscontro plebiscitario attraverso una nuova legge elettorale la cui funzione sarà quella che ebbe nel 1924 la legge Acerbo, siamo ad una nuova qualità della contraddizione di fondo del sistema politico italiano.
Sarà quella tra democrazia (tout court, senza neppure aggiungere appellativi come costituzionale o parlamentare) e autoritarismo.
La sottrazione di democrazia che questo regime sta eseguendo, giorno per giorno, appare evidente e il ritardo d’analisi a sinistra, l’incapacità di riorganizzazione di una soggettività politica adeguata al livello dello scontro del tutto preoccupanti.
Questa ricostruzione che ho tentato di eseguire nell’occasione aveva semplicemente lo scopo di fissare alcuni punti: emergono elementi di continuità e di discontinuità nella storia del nostro sistema politico.
L’interventismo generò il fascismo e, forse, siamo ancora dentro a quell’itinerario: nella forma del XXI secolo, della televisione, di internet, della superficialità della cultura politica di oggi, dello sfrangiamento sociale, dell’internazionalizzazione dei modelli, ma dentro a quel quadro.
Fascismo, insomma.

Franco Astengo

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