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Quelli che stanno sul palco...

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(2 Giugno 2011) Enzo Apicella
Sul palco della parata del 2 giugno i responsabili di stragi e massacri

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(Il nuovo ordine mondiale è guerra)

TERRORISMO E CONTRADDIZIONI GLOBALI

(19 Marzo 2015)

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La strage di Tunisi viene valutata, dalla generalità dei giornali “progressisti” italiani da Repubblica al Manifesto come un attacco diretto all’unica primavera araba ancora esistente e alla facilità con la quale, nella destabilizzazione libica, militanti presuntamente jihadisti scorrazzano lungo i porosi confini tra Tunisia e Libia.

Sarebbe il caso, invece, di approfondire l’analisi e di verificare per intero la situazione mediorientale e del Nord Africa alla luce delle contraddizioni globali che agitano lo scontro tra le potenze, non dimenticando anche come questo gravissimo episodio si sia verificato in contemporanea con la vittoria della destra in Israele.

La vicenda del cosiddetto “Califfato” dimostra un primo punto di partenza: il Medio Oriente e il Nord Africa avvampano in una catena di faide e di guerre civili che ignorano i confini di Stato diventati arbitrari; le scintille della violenza terroristica propagano l’incendio sino a lambire le metropoli dell’Occidente, come già avvenuto a Parigi e a Copenaghen.

Il tentativo neo-colonialista portato avanti dagli USA sulla scorta della parola d’ordine della “esportazione della democrazia” e poi, come nel caso libico, da Francia e Gran Bretagna si è dimostrato del tutto antistorico e risoltosi in un fallimento clamoroso, come mettono bene in luce proprio i fatti di cui ci stiamo occupando.

L’analisi più corretta che si può cercare di esprimere, a questo punto, ci dice che la regione si sta avviando a essere una terra di “Stati falliti” e che le potenze del “Grande Medio Oriente”, la fascia che va dal Nord Africa all’Afghanistan, sino ormai i “Balcani globali”.

Mentre è ripreso, con grande chiarezza ed evidenza sullo scacchiere ucraino, il confronto bipolare tra USA e Russia e la Cina stenta ad assumere compiutamente un ruolo di potenza imperialista per la prima volta l’analisi marxista deve tener conto che per la prima volta la “questione nazionale” scompare rispetto alla necessità di collegare il nesso globale delle lotte tra le classi e le lotte tra gli Stati.

Il conflitto oggi si dipana integralmente sul terreno offerto dalle contraddizioni di un mercato mondiale compiuto e in un sistema mondiale di Stati che ovunque riflette l’affermazione mondiale dello sviluppo capitalistico: tanto per intenderci non c’è alcun “campo” cui fare riferimento e l’intreccio tra le contraddizioni appare assai più complesso e “trasversale” che non in passato.

Si pongono alcune questioni di fondo: il valore relativo dello strumento “statale – nazionale” e la questione dell’insufficienza dell’analisi rivolta sia al ruolo della cosiddetta globalizzazione, sia alle dimensioni nazionali della contesa che ha al centro la fetta di mondo della quale ci stiamo occupando e nella quale si trovano le risorse più importanti per la prosecuzione di un’idea di ulteriore sviluppo capitalistico.

Quanto questo sviluppo poi condurrà a un nuovo confronto di tipo imperialistico non è dato in questo momento, individuare con una qualche significativa approssimazione analitica.

La “crisi della sovranità” dunque non è soltanto europea.

Il declino relativo degli Stati Uniti ha messo in discussione, proprio all’interno dello scacchiere di questi nuovi “Balcani Globali” la capacità dei diversi Stati di esercitare e garantire la bilancia di potenza regionale, tanto che nella contraddittorietà del ritiro dall’Iraq, nelle crisi seguite alle “primavere arabe”, nello spuntare dell’esercito dell’ISIS (le cui analogie di scaturigine con i Talebani appaiono essere perlomeno inquietanti) si può leggere per lo meno l’erosione politica della loro capacità d’influenza, non si sa quanto temporanea o permanente.

L’Europa sarebbe chiamata direttamente in causa attorno al nodo della centralizzazione della politica estera e di quella militare, ma appare del tutto in ritardo mentre potrebbe moltiplicarsi il peso della Cina e dell’India.

Sullo sfondo, però, rimane la ripresa del bipolarismo tra le due superpotenze ritornate a essere tali in dimensione relativa, certo al di sotto di quanto avveniva nei decenni centrali del XX secolo.

Per intanto l’area dei cosiddetti “Balcani globali”, dall’Afghanistan al Marocco rimarrà generatrice ed esportatrice di violenza.

Una previsione pessimistica che non potrà essere smentita da iniziative di bellicismo neo-colonialista come quelle reclamate dal governo italiano.

Insomma: c’è da riflettere evitando di individuare facili obiettivi e altrettanto facili bersagli.

Franco Astengo

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