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DECISIONE POLITICA E DERIVA AUTORITARIA

(24 Marzo 2015)

kelsen

Hans Kelsen

Il tema della legittimità di assunzione delle decisioni politiche aleggia sul sistema politico italiano all’interno del quale autorevoli analisti (ed anche protagonisti politici) vedono elementi concreti di deriva autoritaria.
E’ il caso quindi di verificare sul piano teorico natura e scaturigine filosofica del termine “Decisione” (dal latino de-caedo, taglio separo).
La decisione politica può essere intesa come momento di affermazione di una volontà positiva che risolve una questione.
Diversamente dal concetto antico di deliberazione, esito di una valutazione prudenziale che rapporta l’agire a virtù etiche radicate, la decisione moderna implica un’autodeterminazione soggettivistica e il “taglio del conflitto”.
Hegel ne scrive nella “Filosofia del diritto” tematizzando il tema del nesso tra decisione individuale e ordine oggettivo ma precisa che la decisione svolge nell’ambito dell’istituzionalizzazione della libertà dello Stato un insostituibile ruolo dinamico ma necessita della mediazione dialettica che ne riscatta l’infondatezza.
Il teorico effettivo del decisionismo giuspolitico è però Carl Schmitt che si schiera contro la vocazione liberale al compromesso e, riprendendo proprio il decisionismo antiborghese del pensiero controrivoluzionario, tematizza il nesso tra decisione, eccezione, stato di conflitto “immediato”.
La decisione, quindi, non è solo risolutiva del caso critico, ma ne stabilisce l’esistenza: proprio come sta avvenendo nell’attualità del “caso italiano”.
In questo modo si oltrepassa il quadro normativo dettato dalla Costituzione perché la presa delle decisioni concrete viene assunta sulla base della specie e della forma della propria esistenza politica.
Proprio su questo punto dell’assolutismo della decisione presa in funzione dell’esistenza politica del decisore pensatori come Habermas individuano, nel dibattito attuale, un rischio esiziale per il costituzionalismo contemporaneo.
Del resto Kelsen aveva già affermato l’assoluta autonomia sistemica e formale della dimensione normativa.
Ogni decisione che muti il nucleo indisponibile della Costituzione ha dunque natura extralegale: un’autorità non può istituire se stessa giuridicamente.
Su questo elemento si deve sviluppare la riflessione sull’attualità della situazione italiana, in particolare al riguardo della prospettiva riferita alla nuova legge elettorale.
La legge elettorale non è materia di natura costituzionale: riguarda però il meccanismo-cardine sul quale ruota l’intero sistema politico.
In questo senso si pone l’interrogativo di fondo: la Costituzione Italiana prevede un sistema di tipo parlamentare.
Se la legge elettorale che viene imposta, attraverso un atto di tipo decisionistico (ricordando che per entrambi i rami del Parlamento i seggi sono stati aggiudicati con un meccanismo che prevedeva un premio di maggioranza poi giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale) con l’obiettivo di superare il sistema di tipo parlamentare spostando l’asse di riferimento del sistema verso il governo (guidato tra l’altro da un esponente mai eletto al Parlamento nazionale) rientra nel caso previsto da Kelsen di conflitto palese tra decisione e normativa?
E’ questo l’interrogativo teorico che si pone nel momento in cui ci si prepara all’opposizione verso il provvedimento che intende varare la nuova legge elettorale.
Non è in gioco un banale rapporto tra maggioranza e minoranza, ma l’asse portante della democrazia nel nostro Paese: in questo senso la prospettiva di una deriva autoritaria è tutt’altro che campata in aria.
Anzi è ben corroborata da sostanziose motivazioni filosofiche e giuridiche.
Per elaborare questo testo è stata utilizzata la voce “Decisione” redatta da Geminello Preterossi nella “Enciclopedia del pensiero politico” diretta da R. Esposito e C. Galli – Laterza, Roma – Bari 2005.

Franco Astengo

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