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Next stop: Napoli

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    (Imperialismo e guerra)

    Serbia, fatidico anniversario

    (24 Marzo 2015)

    dalemaclinton

    di Rodolfo Bueno (*)

    Questo martedì, 24 marzo si compiono 16 anni dall’inizio dell’intervento armato in Serbia, guerra in cui parteciparono circa 1.000 aerei che andavano a bombardare quel paese partendo dalle basi NATO in Italia e dalla portaerei nordamericana Theodore Roosevelt, che stazionava nel Mediterraneo. Tra quella data e il 12 giugno 1999 la NATO, che potrebbe benissimo essere definita la mano nera terrorista degli USA, lanciò un totale di 2.300 missili da crociera Tomahawk contro 1.000 obiettivi e i suoi aerei realizzarono circa 38.000 missioni di combattimento, che distrussero circa 40.000 abitazioni residenziali, circa 300 suole e più di 20 ospedali. Solo sopra Belgrado, città che pochi statunitensi sono capaci di indicare sulla carta geografica, caddero circa 1.000 bombe. Quegli attacchi criminali causarono 6.000 feriti e si presero la vita di più di 3.000 civili tra cui 100 bambini; molti altri persero gambe o braccia. Tante bombe che trasformarono i serbi in esperti capaci di riconoscere dal rumore dell’aereo se era carico di bombe o no e il tipo di aerei che li bombardavano.
    Secondo l’allora portavoce del Pentagono, Kenneth Bacon, “la televisione serba faceva parte integrale della macchina del terrore di Milosevich, allo stesso livello delle sue forze armate”, per cui la NATO la bombardò e la interruppe; morirono 16 membri del suo personale tecnico, in cui onore sono stati piantati 16 alberi di fronte all’edificio. Bene! Così si raggiunge la vera libertà di stampa, basta trasformare la guerra di informazione mediatica in guerra reale perché la parte contraria s trovi morti, feriti, desaparecidos e il caos sorga dappertutto.
    Il 7 maggio fu bombardata l’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, il che causò la morte di 3 dei suoi funzionari. Anche se vi furono giustificazioni e scuse, la tensione tra le due parti non diminuì perché un alto funzionario della NATO affermò cinicamente che l’attacco fu premeditato.
    Questi crimini di guerra furono giustificati con la storia di evitare il genocidio da parte della Serbia contro la provincia separatista del Kossovo; in realtà quello che fecero, nell’iniziare la guerra aerea contro la Serbia, fu violare flagrantemente e barbaramente la Carta dell’ONU. Fu bombardato anche un treno passeggeri che passava nelle vicinanze della città di Niš: l’impatto dell’esplosione lo sollevò di mezzo metro dal suolo per poi farlo ricadere su rotaie attorcigliate, vetri rotti e una polvere asfissiante, con corrispondenti grida e gemiti dei feriti che chiedevano inutilmente soccorso. In questo attacco morirono 15 passeggeri, 44 furono feriti e fino ad oggi di molti non si sa nulla. La NATO disse che si trattava di un errore, cosa evidentemente falsa perché non fu una sola ma molte bombe quelle lanciate sul treno. “Maledetti! Soffriranno uragani e tsunami, ne sono sicura! Magari i terroristi attaccassero la Casa Bianca!” esclamò una delle tante vedove, indignate che non si dicesse la verità sui bombardamenti della NATO e senza capire perché i colpevoli degli USA ancora non hanno chiesto perdono per quanto successo in Serbia.
    Il conflitto finì il 12 giugno, quando Milosevic accettò gli accordi di resa e le forze della NATO entrarono in Kossovo. Il 1° aprile 2001 Milosevic fu arrestato e trasportato, senza processo di estradizione, all’Aia dove morì l’11 marzo 2006. Il suo avvocato, Zdenko Tomanovic dichiarò che la vigilia della sua morte Milosevic sospettava lo stessero avvelenando.

    Allora Bill Clinton era la testa visibile dell’impero e interpretava il ruolo di boia principale. Il fine dei bombardamenti sulla Serbia fu di strapparle il Kossovo, origine ancestrale dei serbi, e là instaurare un governo mafioso che è colpevole del “trattamento inumano delle persone e di traffico illegale di organi umani” secondo quanto ci informa il Consiglio d’Europa.

    The Guardian rivela che in questo rapporto si accusa Hashim Thaci, ex capo dell’Esercito di Liberazione del Kossovo (ELK) e attuale primo ministro del Kossovo, di essere “il capo di un gruppo, simile alla mafia, responsabile del traffico d’armi, di droga e di organi umani in Europa orientale”.
    L’inchiesta realizzata dal relatore speciale per i diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Dick Marty, ha trovato prove convincenti che le sparizioni e il traffico di organi erano legate a circoli politici del Kossovo, gli stessi che hanno permesso l’installazione della più grande base militare USA in Europa. Che caso! Oltretutto, secondo lo stesso Marty, i testimoni di questi fatti furono assassinati perché non potessero testimoniare.
    Si sa anche che la NATO e i governi dell’Occidente sapevano fin dall’anno 204 che Hashim Thaci era “un attore chiave della mafia e del crimine organizzato nella regione balcanica”. In quei rapporti lo si descrive come “il più pericoloso dei padrini della malavita quando era uno dei capi dell’ELK”.
    Un rapporto recente del servizio di spionaggio tedesco, il BND, accusa Hashim Thaci di una importante partecipazione nel crimine organizzato; lo stesso lo fa un rapporto confidenziale dell’Esercito della Repubblica Federale di Germania; il BND informa: “Gli attori chiave, compreso Hashim Thaci, sono intimamente legati alle interrelazioni tra la politica, gli affari e le strutture della delinquenza organizzata in Kossovo”. In questo rapporto si accusa Hashim Thaci di essere la testa principale della “operazione della rete criminale in tutto il Kossovo”.

    Attraverso Dick Marty si è saputo che gli oppositori del governo del Kossovo, i prigionieri di guerra serbi e i gitani “scomparivano semplicemente senza lasciare tracce” in un carcere segreto “nella località di frontiera di Kukes” da dove “… venivano inviati attraverso la frontiera verso l’Albania per essere assassinati”. Il New York Times ha informato che i “prigionieri” erano “selezionati” per le loro condizioni, per essere “donatori”, tenendo conto del sesso, dell’età, della salute e dell’origine etnica. “…i prigionieri non solo erano consegnati, ma li si comprava e vendeva … loro capivano cosa stava per succedere e imploravano i loro carcerieri perché avessero pietà di lor e non li facessero a pezzi”. Che è come cavar sangue da una rapa.
    Secondo il rapporto: “Come veniva confermato che i chirurghi per i trapianti erano presenti e pronti ad operare, facevano uscire uno a uno i prigionieri dalla ‘casa sicura’, un pistolero dell’ELK li uccideva sommariamente e i loro cadaveri venivano trasportati rapidamente alla clinica dove si effettuavano le operazioni”, dove gli estraevano gli organi che venivano commercializzati a livello mondiale.
    Secondo The Guardian, i clienti “pagavano fino a 90.000 euro per i reni sul mercato nero …”.

    A difendere questa barbarie non è mancato il vice presidente Joe Biden, che ha rinnovato il pieno appoggio degli USA ad un Kossovo indipendente e a salutato i progressi del governo del paese nella realizzazione di riforme essenziali che rafforzano il vigore della legge e della democrazia.
    No comment.

    Vale la pena di ricordare questi fatti ora che la NATO pretende di intervenire con lo stesso copione nel conflitto che c’è nel sud-est dell’Ucraina tra i governanti nazisti di Kiev e le milizie ribelli del Donbass, intervenire – chiaramente – a favore dei nazisti, e per le minacce che il governo di Washington fa contro il Venezuela.

    da: rebelion.org; 23.3.2015

    Traduzione di Daniela Trollio - Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

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