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    ALCUNE RIFLESSIONI SULL'ATTUALITA'

    (1 Maggio 2015)

    L’inaugurazione in pompa magna dell’Expo milanese, fiera delle vanità e vetrina del supersfruttamento ordito dal liberismo sfrenato e dalla ricerca dell’individualismo consumistico, vero e proprio schiaffo alla miseria del mondo vale la pena sviluppare alcune semplici riflessioni rivolte, prima di tutto, alla realtà italiana ed europea.
    Il primo spunto sul quale meditare riguarda l’affermazione, ormai piena e completa, del “pensiero unico” fondato sul profitto, lo sfruttamento, la sopraffazione, i privilegi dei ricchi e potenti: su queste basi si è realizzato il potere europeo che si è imposto quale vero e proprio “pilota automatico” nella direzione dell’egemonia tecnocratica e finanziaria con l’esclusione della “politica”.
    Quando, come nella vicenda italiana, i ceti dominanti fanno finta di riaffermare il ruolo della “politica” questo viene usato esclusivamente per affermare lo “status quo” del dominio: un solo esempio, legato appunto al “caso italiano”, quello del job act che, in tutta evidenza, non serve ad allargare i margini possibili dell’occupazione ma a stringere i cerchi dello sfruttamento in diverse direzioni, mentre i dati statistici ci indicano come si allarghi l’area della disoccupazione totale, in particolare quella giovanile.
    La “politica” viene usata, invece, per affermare il dominio dell’idea astratta della governabilità quale unica frontiera possibile dell’agire politico, eliminando il concetto di rappresentanza e, di conseguenza, la pratica della dialettica democratica.
    E’ proprio questo il senso profondo che esprime il testo della nuova legge elettorale italiana che non è soltanto anticostituzionale nel suo articolato ma che appare, nella sua ratio di fondo, profondamente limitativa di qualsiasi prospettiva democratica com’era indicato, invece, dalla Costituzione Repubblicana.
    Inoltre, sempre per fermarci all’Italia ma considerando il nostro Paese sede di un esperimento di limitazione della democrazia a livello europeo (anche la Grecia è oggetto di sperimentazione, ma in un altro senso), da questo quadro emerge anche un nuovo, aggressivo, militarismo e l’indicazione di un’aggressività di fatto verso i nuovi fenomeni delle dinamiche umane globali, “in primis” rispetto all’immigrazione.
    L’esperimento italiano, ben incarnato dal governo in carica, appare essere quello della “ferocia” nella gestione del ciclo capitalistico a tutti i livelli: dell’azione politica, dell’intervento economico, della promozione di un vero e proprio arretramento sociale nel rapporto di genere, di quello con il territorio, la diversità delle espressioni culturali, il divario tra le diverse aree del Paese e dell’Europa, le disuguaglianze di opportunità e di reddito.
    L’intensificazione dello sfruttamento complessivo, dato innegabile che segna la fase, non richiede una ricerca di “modernità”, ma molto più semplice un’analisi delle condizioni date che ci indicano, sic et simpliciter, come, pur attraverso un’espressione di molteplicità di “fratture”, la sostanza rimanga quella dell’allargamento e dell’inasprimento della contraddizione di classe.
    L’opposizione, prima di tutto culturale e sociale e – in secondo luogo – politica appare in grave ritardo di comprensione nell’insieme di questi fenomeni e frantumata rispetto all’esigenza pressante di muoversi per affrontarla cercando di comprendere come sia necessario mettere in campo una massa critica organizzata all’interno di una compiuta soggettività politica.
    Soggettività politica che non può darsi una prospettiva di semplice contrasto con l’esistente, ma che deve mantenere nel proprio bagaglio teorico – organizzativo elementi fondativi tratti direttamente dalla continuità con la grande storia del movimento operaio.
    Servirebbe una sede adeguata allo scopo di far ripartire una riflessione di fondo su questi temi e, insieme, un meccanismo di riaggregazione sociale e politica.
    Su questi temi molto ci sarebbe da riflettere e da scrivere: sentendo il peso di un primo maggio che si sta svolgendo proprio all’insegna della pesantezza della repressione sarebbe proprio il caso di avviare un percorso molto più incisivo e collegato alla realtà di quanto, nell’incertezza tra movimentismo e politicismo, non si stia facendo.

    Franco Astengo

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