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Syriza o il nazionalismo declinato a “sinistra”

(21 Maggio 2015)

Dopo una serie di successi elettorali, iniziati già una decina di anni prima, il 25 gennaio 2015 la Coalizione della Sinistra Radicale (Syriza), guidata dal giovane Alexis Tsipras, è risultata il primo partito alle elezioni parlamentari in Grecia aggiudicandosi il 36,3% dei consensi. Poiché dal 2012 la Coalizione si era formalmente costituita in partito unico, ha potuto ottenere il premio di 50 deputati riservato dalla legge elettorale greca al primo partito ed ha così potuto ottenere 149 dei 300 seggi del Parlamento. Per poter formare una maggioranza di governo Syriza si è alleata col piccolo Partito dei Greci Indipendenti; questo è una formazione politica di estrema destra, uscita da pochi mesi dal maggior partito di centro-destra, Nuova Democrazia, perché insofferente verso la politica di Samaras ritenuta troppo prona verso la cosiddetta Troica. Al capo di questo partitino, Kammenos, è stato affidato l’importante dicastero della Difesa.

Il successo della Coalizione della Sinistra in Grecia ha suscitato un gran dibattito e molta invidia nella “sinistra radicale” in Italia, che da molti anni cerca di unirsi in un fronte per poter partecipare alle elezioni parlamentari con una qualche speranza di superare le “antidemocratiche” soglie di sbarramento previste dalle vecchie e nuove leggi elettorali.

In effetti la Coalizione attualmente guidata da Tsipras è nata nel 2004 dalla aggregazione attorno ad una piattaforma comune di una serie di gruppi, dai trotzkisti ai socialisti agli ecologisti, a “cittadini attivi”, e da allora ha continuato a fagocitare altri gruppi, partiti e movimenti, anche grazie alla crisi che negli ultimi anni ha colpito sia il PASOK, il Partito Socialista Panellenico, il partito tradizionale di centro sinistra, sia il partito di centro destra Nuova Democrazia.

Poiché demagogia e populismo nel regime democratico portano voti, Syriza, con la sua ideologia che mischia socialismo, nazionalismo, antifascismo, antimperialismo, con un linguaggio sciovinista e patriottico, che, come scrive Le Monde Diplomatique, «cerca di riabilitare termini ormai desueti nella vita democratica, “sovranità”, “dignità”, “fierezza”, “speranza”», è riuscita ad accaparrarsi il consenso, anche di una parte dei lavoratori, ma soprattutto della piccola e media borghesia e di quei settori del padronato oggi insofferenti ai governi giudicati “venduti” alla Germania e “traditori” dei “veri interessi” della Grecia.

I guai per Syriza cominciano adesso, dopo tre mesi in cui le numerose promesse elettorali sono state mantenute solo in minima parte e soprattutto nelle forme esteriori di comportamento di questa nuova (almeno in parte) generazione politica, senza che sia stato possibile affrontare nessuno dei problemi fondamentali del proletariato: la disoccupazione, i bassi salari, l’assistenza sanitaria, le pensioni da fame.

Le “frenetiche” trattative tra il nuovo governo e le istituzioni europee e internazionali vanno avanti da tre mesi con riunioni che vengono sempre annunciate come di fondamentale importanza e poi ogni volta si risolvono in nulla, tra accuse reciproche di incompetenza, inesperienza, arroganza ecc.

La richiesta iniziale di Syriza di una ristrutturazione del debito del Paese che ne prevedesse un sostanziale taglio, nella consapevolezza di tutti che il debito non potrà mai essere pagato nella sua interezza, si è nel frattempo stemperata verso il solito compromesso già altre volte raggiunto dai precedenti governi, di allungare ancora i tempi della sua restituzione.
La nuova politica estera aperta alla Russia di Putin, ribadita dal viaggio di Tsipras a Mosca, non differisce da quanto ha fatto il nostro capo del governo Matteo Renzi e continua la politica su due tavoli della Grecia ortodossa che non ha mai nascosto, fin dal conflitto nella ex Jugoslavia, i suoi stretti legami con la Grande Madre Russia. D’altronde nessuno mette in dubbio l’appartenenza alla Nato e all’Europa, appartenenza che è stata ribadita dalla decisione del Ministro della Difesa di spendere ben 500 milioni di dollari per revisionare alcuni vecchi aerei militari della Lockeed da utilizzare per il pattugliamento dell’Egeo, naturalmente in funzione anti Turchia.

Per adesso questo governo è riuscito solo a spezzare quel ciclo di mobilitazioni e scioperi che, pur condotto da sindacati di regime, aveva portato a decine di scioperi generali, manifestazioni di piazza, mobilitazioni e rischiava, in una situazione economica che continua a peggiorare, di diventare incontrollabile da parte dei partiti borghesi e di falsa sinistra.

La funzione controrivoluzionaria di Syriza però non è solo questa ma anche e soprattutto quella che si manifesta nella continua propaganda per deviare la lotta del proletariato contro la borghesia e il capitale nella lotta dell’intero “popolo greco” (esclusi i “traditori”, i “grandi” evasori, i “venduti” alla Troica) contro la Germania e i paesi del Nord e dell’Est dell’Europa, accusati di voler imporre la loro politica allo Stato greco, soffiando sul fuoco del nazionalismo, così come sta facendo, in maniera più aperta, il movimento neo-nazista di Alba Dorata, che trova la sua base elettorale non solo nel sottoproletariato delle sterminate periferie di Atene ma anche in una parte di lavoratori convinti che siano gli immigrati a “rubare” il lavoro.

I comunisti rivoluzionari stanno da tutt’altra parte. Noi sappiamo che il sistema capitalistico è irriformabile, che le misure che sta prendendo l’Europa e che vengono salutate come salvifiche sono già state adottate da tempo negli Stati Uniti e in Giappone come in Cina, con risultati modesti, ma con la prospettiva di approfondire ulteriormente quelle stesse condizioni che hanno scatenato la crisi e dunque aprendo la strada ad una prossima crisi che sarà ancora più distruttiva e catastrofica.

Noi sappiamo che per i lavoratori non si tratta di scegliere tra restare o uscire dall’Europa o dall’Euro, come non si tratta di aderire a questo o quello schieramento di Stati per migliorare la loro situazione economica. Essi non troveranno salvezza, come la storia recente dell’Europa ampiamente dimostra, nello schierarsi a difesa dell’economia nazionale e degli interessi della borghesia del proprio paese.

Il proletariato internazionale, dopo le lezioni della seconda guerra mondiale, della controrivoluzione staliniana, dei fronti reazionari antifascisti, delle democrazie post belliche, deve poter seguire un’altra strada, quella della sua opposizione al sistema capitalistico nel suo insieme, della rivoluzione internazionale comunista per la conquista del potere politico e la distruzione del sistema del lavoro salariato. Fuori da questa prospettiva non c’è che la perpetuazione dell’attuale barbarie.

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

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