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ASTENSIONISMO

(26 Maggio 2015)

L’esito delle prossime elezioni regionali del 31 Maggio non sarà determinato, come sostengono i corifei delle diverse fazioni in lotta, dalle spaccature presenti nei diversi schieramenti (in particolare in Liguria, Puglia e Marche: in quest’ultima regione succede addirittura che il Presidente uscente eletto con il centrosinistra si ripresenti con il centrodestra): sarà, invece, l’andamento dell’astensionismo a determinare il risultato.
Ormai la consistenza del dato del “non voto” (nella somma delle tre componenti: assenza dai seggi, voto nullo, scheda bianca) ha raggiunto una tale consistenza da poter essere considerato come “l’ago della bilancia”.
Dove si assesterà la cifra dell’astensione in questa prossima tornata elettorale?
Certamente il “battage” propagandistico è risultato di tono molto elevato, in particolare da parte del PD che ha comunque esasperato il livello della propria polemica interna subendo anche qualche spaccatura di un qualche rilievo e usando la leva del governo proprio a fini elettoralistici (ma inciampando in qualche ostacolo non proprio previsto: pensionati, scuola, pagamento dell’IVA, legge elettorale, tentativo pervicace di conclusione del processo di azzeramento del sindacato, che comunque ci ha messo molto del proprio) e da parte della Lega Nord che ha affondato i colpi sul terreno delicatissimo dei migranti, usando toni apocalittici e del tutto distruttivi.
Più moderata, invece, la campagna del movimento 5 Stelle anche per via del sostanziale anonimato dei candidati Presidenti: elemento non secondario di una situazione fortemente caratterizzata dalla personalizzazione.
Totale inconsistenza a sinistra, dove tra l’altro (e fattore non secondario) i tentativi di autonomizzazione in corso scontano il limite di derivare da decenni di collaborazione passiva con il sistema di potere PD.
Le ragioni dell’astensionismo si sono modificate nel tempo, via via con la crescita del fenomeno.
In Italia il fenomeno del “non voto” è risultato a lungo assolutamente marginale: con una partecipazione al voto oscillante tra il 90% e l’80% degli aventi diritto. Percentuali raggiunte anche recentemente in occasione delle elezioni politiche (l’81,38% nel 2001).
Successivamente, però, si è avuta una crescita esponenziale della non presenza al voto, restando inalterato il numero delle “bianche “ e delle “nulle”.
Una “non presenza” oscillante tra le varie tornate elettorali, a seconda del tipo d’istituzione sottoposta a giudizio, con una generalità di vero e proprio “crollo” nell’occasione dei ballottaggi per le elezioni comunali (nonostante questo dato l’istituto del ballottaggio è stato esteso, addirittura per le liste e caso unico a livello di democrazie avanzate, per le elezioni politiche).
Esiste quindi una forma di giudizio preventivo da parte dell’elettorato nei confronti del tipo di tornata in programma e, in questo senso, si potrebbe affermare che le votazioni per le elezioni regionali non rappresentano certo un momento di incentivazione alla presenza.
Il primo elemento che farebbe propendere per una crescita dell’astensionismo rispetto alle elezioni politiche del 2013 è costituito, infatti, dall’assoluta impopolarità , in generale, dell’Ente Regione rispetto al complesso dell’opinione pubblica: un Ente, al riguardo del quale appare evidente il fallimento dell’idea del federalismo che aveva attraversato per almeno un decennio il mondo politico italiano sulla scorta dei successi della Lega Nord, fino ad arrivare alla modifica del titolo V della Costituzione attuata dalla maggioranza di centrosinistra in conclusione della legislatura 1996-2001.
Le Regioni si sono trasformate, infatti, da soggetto legislativo e di coordinamento amministrativo a soggetti di spesa (impropria, come hanno dimostrato le vicende legate alla storia delle “spese pazze”) e di nomina (rigidamente orientata dall’appartenenza a “clan” e ai vari “cerchi magici”), accumulando deficit spaventosi nei campi della sanità e dei trasporti, in una situazione di assenza di iniziativa sul terreno delicatissimo dell’assetto idrogeologico e, invece, di insensato sprone nei processi di speculazione edilizia e di cementificazione del territorio.
In queste condizioni appare difficile che le elezioni regionali possano stimolare un impulso di partecipazione da parte dell’elettorato.
Del resto le motivazioni dell’astensione si sono modificate nel corso del tempo: dall’idea dell’indifferenza rispetto alla politica (la teoria americana dell’astensione per “lasciare le cose come stanno visto che vanno bene”) a quella della protesta indifferenziata a quel distacco “radicale” dall’insieme del sistema politico che appare componente importante nell’attualità della vicenda italiana.
Da considerare la ristrettezza dell’offerta politica, in particolare a sinistra e anche nel campo della possibile interpretazione della stessa protesta sul terreno istituzionale.
Il movimento 5 Stelle appare rifluito nel gioco parlamentare e ha anche rinunciato all’idea di un insediamento sociale più radicale.
Matteo Renzi ha rinunciato all’idea della “rottamazione” riducendola a una lotta di correnti nel PD e appoggiando, per questo motivo, come ha fatto notare anche Guido Crainz pezzi del vecchio sistema di potere, da De Luca in Campania (con corredo di “impresentabili”) ai residui del burlandismo in Liguria.
La previsione più attendibile, in questo momento farebbe dunque pensare a una crescita dell’astensione almeno rispetto a quanto avvenuto nelle elezioni politiche del 2013.
In ogni caso, al fine di offrire i dati reali sui quali misurare l’esito delle prossima tornata elettorale, al di fuori dal disgustoso meccanismo di computo di stampo calcistico (6-1 o 4 -3: dati fuorvianti, che proprio non significano nulla rispetto all’analisi delle condizioni concrete in cui versa il sistema politico e i rapporti di forza al suo interno) ecco la misura in cifre assolute e in percentuali del non voto nelle tornate del 2010 (regionali), 2013 (politiche), 2014 (europee).
Totale delle 7 regioni nelle quali si vota (Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Umbria, Campania, Puglia).
Regionali 2010: iscritti nelle liste: 17.570.383, voti validi 10.945.403 (62,2%).
Politiche 2013: iscritti nelle liste 17.649.746, voti validi 12.742.096 (72,19%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 18.418.874, voti validi 10.273.489 (55,7%).
LIGURIA
Regionali 2010: iscritti nelle liste 1.385.791, voti validi 813.176 (58,72%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 1.274.561, voti validi 934.412 (73,31%)
Europee 2014; iscritti nelle liste 1.336.147, voti validi 776.812 (58,13%)
VENETO
Regionali 2010: iscritti nelle liste 3.962.272, voti validi 2.540.735 (64,12%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 3.717.087, voti validi 2.944.037 (79,20%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 3.920.691, voti validi 2.506.797 (63,93%)
TOSCANA
Regionali 2010: iscritti nelle liste 3.009.673, voti validi 1.767.409 (58,72%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 2.885.048, voti validi 2.218.861 (76,90%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 2.956.360, voti validi 1.897.292 (64,17%)
MARCHE
Regionali 2010: iscritti nelle liste 1.288.984, voti validi 770.749 (59,79%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 1.197.752, voti validi 927.767 (77,45%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 1.276.853, voti validi 795.238 (62,28%)
UMBRIA
Regionali 2010: iscritti nelle liste 713.679, voti validi 449.782 (63,02%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 683.834, voti validi 525.947 (76,91%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 694.129, voti validi 464.550 (66,92%)
CAMPANIA
Regionali 2010: iscritti nelle liste 4.945.381, voti validi 2.924.360 (59,13%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 4.350.671, voti validi 2.985.138 (68,61%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 4.818.561, voti validi 2.303.894 (47,81%)
PUGLIA
Regionali 2010: iscritti nelle liste 3.553.587, voti validi 2.128.974 (59,91%)
Politiche 2013: iscritti nelle liste 3.297.793, voti validi 2.205.934 (66,89%)
Europee 2014: iscritti nelle liste 3.416.133, voti validi 1.637.959 (47,94%)

Franco Astengo

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