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USI: una proposta politica, sociale e culturale nell’XI Municipio

(25 Luglio 2015)

piazza gaetano mosca

Piazza Gaetano Mosca

A Roma, l’Unione Sindacale Italiana (USI) è una presenza che si fa sentire. A dispetto delle sue ridotte dimensioni, questa organizzazione è interna a molte delle più significative vertenze in atto nella capitale, talvolta con un ruolo da protagonista. Ma se non pochi hanno sentito parlare di lotte come, poniamo, quella dei licenziati da Multiservizi o quella dei dipendenti Farmacap contro lo spacchettamento/privatizzazione di questa azienda, meno noti sono altri aspetti, più strettamente legati alla dimensione territoriale, dell’attività dell’USI. Ritenendoli obiettivamente interessanti e tali da delineare una progettualità originale, ci è sembrato utile restituirli ai nostri lettori, sulla base di uno scambio avuto con due esponenti storici dell’organizzazione: Giuseppe Martelli e Claudia Santi, che si sono concentrati soprattutto sulle iniziative messe in campo nell’XI Municipio. Non senza spiegare prima il significato della scelta di non avere un’unica – magari grande e costosa – sede. In effetti, a quella principale, in Largo Veratti (Zona Marconi), se ne aggiungono altre due, la prima in Piazza Gaetano Mosca, al Trullo (nel territorio qui maggiormente preso in considerazione), e la seconda al Quarticciolo, presso l’occupazione di Via Ostuni. L’idea è quella di dare vita a forme d’intervento in quartieri dalla connotazione fortemente proletaria. Nella sede centrale e in quelle dislocate nelle due borgate storiche sono attivi degli sportelli di consulenza sui problemi del lavoro, ma non solo. Infatti, rispondendo alle esigenze del territorio, in piazza Gaetano Mosca si affrontano anche le tematiche della casa, con specifico riferimento alle questioni affrontate dagli inquilini dell’Ater (erede dell’Istituto Autonomo Case Popolari). In più vi è pure un servizio di assistenza fiscale per 730, Unico PF, ISEE ecc., che risulta curato dall’USICONS, Associazione Nazionale di Difesa e Tutela dei Consumatori federata all’USI e sorta nel 1996. Dietro la sua fondazione, vi è stata l’intuizione – rivelatasi fondata – che col tempo l’associazionismo legato a modalità d’azione come la class action avrebbe avuto un grande impulso anche in Italia. Registrando e cavalcando questa spinta, i compagni gli hanno impresso un carattere inequivocabile sul piano dei contenuti. Le prime battaglie che vedono coinvolta l’Usicons rinviano all’opposizione alla vendita della Centrale del Latte e al contrasto alle politiche di ghettizzazione della minoranza rom, svolto in collaborazione con l’Opera Nomadi di Massimo Converso. Sono segni di una progettualità che, nel dotarsi di nuovi strumenti, non rinuncia alla tradizionale iniziativa sindacale e che non intende la fiera rinvedicazione della tradizione anarchica in chiave identitaria, sollecitando di continuo percorsi comuni con persone e realtà dalla formazione politico-culturale profondamente diversa.

In quest’ottica può essere letta anche la confluenza in una preesistente ed importante associazione del Trullo, Sentieri di Liberazione, cui gli attivisti dell’USI hanno dato nuova linfa vitale. Questa scelta ha permesso di calibrare meglio l’azione in un territorio che la “sinistra storica” (o quel che ne rimane) ha sostanzialmente dimenticato. Un abbandono che, assommato alla delusione collettiva verso Giunte come quella di Marino, altezzosamente indifferenti ai problemi dei settori più svantaggiati della popolazione, ha favorito anche qui l’attecchire della destra e dei suoi slogan, volti a canalizzare la rabbia crescente non contro il potere ma verso i più deboli tra i deboli: immigrati, rom e sinti. Prevenire la guerra tra poveri – o impedire che essa dilaghi – è possibile solo se alla necessaria battaglia antirazzista risulti affiancato un intervento articolato, tale da far capire che è possibile difendere veramente i diritti di tutti, a prescindere dalla provenienza geografica e dall’etnia. Al Trullo, come si accennava, questo intervento ha tra i suoi cardini il sostegno agli abitanti dei palazzi dell’ATER. Nell’XI Municipio – comprendente anche Corviale – sono previsti addirittura 2000 sfratti tra chi vive nelle case popolari. Le situazioni critiche sono molte e differenti tra loro: c’è ad esempio chi, mosso dalla mancanza di alternative, ha occupato, adattando alla funzione di appartamento, ballatoi e cantine, come in Via di Montecucco, o locali in origine destinati a funzioni commerciali e mai usati in tal senso, come quelli del terzo piano di Corviale. Molte di queste persone non hanno presentato nei tempi dovuti la richiesta di sanatoria. Non mancano, poi, coloro che vangono “accusati” di mancato pagamento di canone adeguato. Spesso, si tratta di persone che pagano lo stesso fitto da tanto tempo non per propria colpa, ma perché gli aggiornamenti non sono stati richiesti per tempo dall’Ente, che però si è spinto a metterli comunque in mora. Parliamo di ammanchi di 10-15.000 euro, obiettivamente proibitivi per la popolazione tipica della zona: famiglie monoreddito, pensionati sociali, precari. L’esemplificazione potrebbe continuare a lungo, ma quel che colpisce è che una recente delibera del Municipio sulla casa, pur rifiutando - su input di Sentieri di Liberazione - quell’articolo 5 del Decreto Lupi che nega l’allaccio di acqua, luce e gas a chi occupa abusivamente un immobile, pubblico o privato che sia, ha invece sostanzialmente eluso molte delle problematiche relative all’ATER. Forse sfugge che le situazioni qui accennate, e le mille altre che si potrebbero riferire, originano a un tempo dalle inefficienze dell’Ente, dalla macchinosità dei processi di regolarizzazione da esso previsti e da quella mancata realizzazione, negli ultimi decenni, di alloggi popolari, che è la causa ultima del discusso fenomeno delle occupazioni. I compagni, oltre ad impedire, quand’è possibile, l’esecuzione degli sfratti (ultimamente ne sono stati bloccati 7), danno indicazione a tutti di pagare per tentare di accedere alla sanatoria, laddove l’ATER deliberatamente manda i bollettini solo a chi è totalmente in regola. Per quanto attiene alla questione del canone adeguato, essi si battono perché si approdi a transazioni basate su criteri umani, che non stritolino chi è moroso solo parzialmente e spesso non per responsabilità propria. Di fondo, però, vi è la richiesta di una ripresa dell’edilizia popolare, che potrebbe non coincidere con l’ulteriore cementificazione di una città già ampiamente sfigurata dall’attivismo dei palazzinari. Di qui, quella battaglia per il riutilizzo – anche in questo senso - dei numerosi forti militari del territorio che ha sinora incontrato la sordità delle istituzioni. Al limite, infatti, si è previsto un uso di alcune di queste strutture, dalle cubature piuttosto ampie, per quei progetti di housing sociale che possono andare incontro alle esigenze dei costruttori – beneficiari di detrazioni fiscali – e di una fascia di acquirenti di medio livello, ma non certo dei settori proletari.

A ben vedere, al Trullo non si vivono problemi legati solo all’annosa questione della casa. Anche qui, come in altri quartieri, i trasporti pubblici lasciano a desiderare: i collegamenti con la stazione Villa Bonelli (linea ferroviaria Fara Sabina-Fiumicino) e con la stazione Metro Eur Magliana, gli unici che permettono di sentirsi parte di Roma, negli ultimi tempi, nonostante le richieste in senso opposto da parte di USICONS e Sentieri di Liberazione, sono diventati sempre più rari.

In più, nel territorio c’è una cronica assenza di teatri, cinema e biblioteche, così come di qualsiasi altro luogo di produzione culturale e di aggregazione sociale. A tale situazione s’è voluto reagire elaborando un modello di intervento diverso da quello messo a punto dai centri sociali. Se in zona il CSO Ricomincio dal Faro – presenza storica e di grande peso – legittimamente si rivolge, ad esempio con le sue attività musicali, ai giovani, i nostri interlocutori hanno voluto prendere atto del notevole invecchiamento della popolazione. In estate, ad esempio, in particolare nella sede di Piazza Gaetano Mosca, si svolgono dei cineforum a tema, con annessa una cena sociale. Tra i più partecipati, vi è stato quello del luglio del 2013, il cui singolare titolo (Eros, Thanatos e Lotta di Classe) rimandava alla proiezione di due film dal forte impatto, incentrati su figure femminili a un tempo controverse e affascinanti: Gioco di donna (2004) di John Duigan e Lussuria – Seduzione e Tradimento (2007) di Ang Lee. Il successo dell’iniziativa, organizzata dall’USICONS e dal CAT (Comitato Antifascista Trullo) dimostra quanto una proposta originale – differente da quelle dei canali televisivi che, in estate, occasionalmente fanno vedere bei film, ma come semplici “fondi di magazzino" – possa convincere anche una platea popolare. Ma è pure la conseguenza di un preciso modello di socialità e di condivisione. L’entrata ai cineforum e la consumazione delle vivande sono sempre a offerta libera, cosa che, spesso, si traduce in gratuita, perché molte persone del posto, soprattutto anziane, vivono ai limiti dell’indigenza, come testimonia l’aumentata distribuzione di pacchi con generi alimentari da parte della Caritas. In sostanza, il Cineforum, oltre che occasione per riflettere sui temi della contemporaneità, diventa possibilità di uscire di casa anche senza avere un euro in tasca.

Ma l’offerta culturale agli abitanti del quartiere comprende anche altro, a partire dalla possibilità di conoscere in modo più approfondito la storia del territorio. Ad esempio, nel dicembre 2013, in piazza Caterina Cicetti, l’USICONS e il CAT – in collaborazione con il Circolo del Pd – hanno organizzato la presentazione del libro Le borgate del fascismo – Storia urbana, politica e sociale della periferia romana. Si tratta di un innovativo studio dello storico Luciano Villani in cui si spiega che la creazione, durante il ventennio, di aree edificate nell’estrema periferia della città, come quel Trullo che in origine si chiamava Borgata Costanzo Ciano, non rispondeva solo alla necessità di “segregare”: i nuovi caseggiati, infatti, erano teatro della sperimentazione della prassi pedagogica che il regime totalitario aveva pensato per i settori sociali subalterni.
A questa iniziativa, sul finire del maggio 2014, ne è seguita un’altra, dal taglio originale e dall’elevato profilo culturale, di cui Claudia Santi ci ha parlato con giustificato orgoglio: il convegno-dibattito La memoria dei luoghi. Dalla confraternita degli Arvali agli anni ’50. Un viaggio attraverso i secoli, anzi attraverso i millenni, organizzato dall’USICONS e largamente ispirato dalle emergenze archeologiche del territorio. Claudia Santi – Docente di Storia delle Religioni nella Seconda Università di Napoli e tra le maggiori studiose italiane dei culti della Roma arcaica – vi ha tenuto una relazione incentrata sul Bosco Sacro della Dea Dia, collocato con certezza dagli archeologi in zona Magliana Vecchia. Si tratta del luogo di culto dell’antichissima divinità della luce del giorno del dì, all’interno del quale sorgevano gli edifici dei Sacerdoti Arvali, che qui curavano la celebrazione – proprio alla fine del mese di maggio – degli Ambarvalia, una festa volta a propiziare la fertilità dei campi, che includeva il rituale sacrificio di animali. Al consesso è intervenuto anche Nicola De Guglielmo, Presidente del Comitato Catacombe di Generosa, che si è prodotto in una relazione su questo splendido complesso tardo-antico, peraltro contiguo al Bosco Sacro. Tra i relatori che si sono occupati di fasi più vicine a noi, Giuseppe Martelli (Il Trullo: storia e memorie) e il già citato Luciano Villani (La Borgata Ciano).
L’iniziativa si è svolta nella Sala Riunioni del Municipio XI ed è un singolare esempio di attività divulgativa di di alto livello scientifico promossa dal basso e sostenuta, una volta tanto, dalle istituzioni.

Certo, in questo quadro complessivamente positivo, oltre alle soddisfazioni non sono mancate le sconfitte. Dal canto suo, Giuseppe Martelli ce ne segnala una, che ritiene particolarmente cocente. Anni fa, l’USICONS lanciò una proposta alle strutture e alle associazioni della zona, con l’obiettivo immediato di costituire una rete territoriale basata sui principi dell’autorganizzazione sociale e con la prospettiva di dar vita ad una “Consulta per le politiche sociali ed abitative” tale da “coinvolgere tutto il (...) territorio e le strutture che vi intervengono politicamente”. Un modo per discutere pubblicamente sui problemi dell’area, così da trovare ad essi soluzioni adeguate. Purtroppo, da parte dell’associazionismo e dei partiti politici vi fu reticenza: la proposta non venne accolta nei fatti, senza che venissero formulati rifiuti espliciti. Ancor oggi, questo passaggio è letto come un vero e proprio scacco, anche perché attraverso questi strumenti s’intendeva promuovere quella partecipazione collettiva alla gestione della cosa pubblica che da tempo non si vede in questa come in altre periferie della città. Forse i tempi non erano maturi, ma non è escluso che qualcosa di simile si configuri più in là. Magari ancora una volta per impulso dell’USI e di quelle strutture ad essa federate che, nel corso degli anni, in questa parte della città hanno dimostrato un’invidiabile capacità di portare avanti un percorso politico, sociale e culturale dai tratti inconsueti, da cui forse possono esser tratte indicazioni anche per intervenire nelle altre sfortunate periferie di una metropoli sempre più invivibile.

Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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